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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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20/02/2020
( 1169 letture )
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Da anni ormai si sta assistendo ad un sovraffollamento generale in ambito stoner/doom: molte band esordienti decidono di approcciarsi a questo genere seguendo un canovaccio già ben delineato da parecchio, finendo quindi per invadere il mercato già ampiamente saturo con album fotocopia che non riescono a emergere nel marasma di proposte che il genere e i suoi vicini derivati producono; basta dare un’occhiata ai due massimi canali YouTube che si occupano di far circolare quanti più dischi possibile inerenti al verbo sabbathiano per accorgersi di quale abbondanza giornaliera stiamo parlando. E con molte lacune, chiaramente.
Questa introduzione serve solo a spiegare che, nel momento in cui si prende in mano il debutto degli austriaci Ryte e si guarda la copertina raffigurante un mammut – una delle icone più plagiate negli artwork dei gruppi stoner – dopo di ché si leggono titoli come una scontatissima Monolith, guardando la durata consistente degli stessi, l’entusiasmo scema velocemente. Poi però si prende in considerazione l’etichetta che distribuisce il suddetto album e si scopre che è la nostrana Heavy Psych Sounds Records, ormai label di culto del genere e massima aspirazione per chiunque si cimenti con esso; i dischi che ogni anno l’etichetta italiana immette sul mercato sono ben calibrati e spesso e volentieri si tratta di ottimi prodotti. Questo quindi ristabilisce l’attenzione e ridona fiducia all’ascoltatore e in questo caso pure al recensore. Sarebbe sbagliatissimo infatti fermarsi all’apparenza ed anche se come già detto in precedenza è difficile barcamenarsi nell’oceano di dischi stoner che escono ogni giorno, questo album omonimo dei Ryte un ascolto lo merita veramente. Il gruppo si compone di quattro elementi e nasce sostanzialmente come una jam band di stanza a Vienna; i due chitarristi arrivano dall’esperienza coi Pastor, altra realtà del circuito viennese dedita ad un heavy rock psichedelico divenuta presto un piccolo culto nella scena underground. I Ryte sono quindi da considerarsi un secondo progetto per Arik Stangl e Shardrik, ma con una propria personalità che fin dalle prime battute appare molto ben pronunciata.
I quattro brani che compongono l’album hanno una durata compresa tra gli otto e i dodici minuti e sono quasi totalmente strumentali: proprio questo è il punto di forza del gruppo, riuscire a creare brani lunghi e privi di interventi vocali senza stancare l’ascoltatore, prendendo spunto in primis dalla pesantezza dello stoner, ben rappresentata dal mammut in copertina, ma contaminando i propri riff con invenzioni debitrici al rock anni ’70 di band come Blue Öyster Cult, Led Zeppelin e Deep Purple, senza mai dimenticare la lezione dei Black Sabbath e delle realtà stoner moderne, come Karma To Burn e Yawning Man. Un sound quindi che ibrida in maniera sapiente modernità e tradizione, attraverso un velo di psichedelia che ammanta tutti i brani, collegandoli in un unico flusso di musica da godere senza interruzioni. I Ryte sanno dosare i propri ingredienti per creare brani che non stanchino, sebbene talvolta siano ripetitivi ed ipnotici e ci riescono grazie al fatto che la lentezza tipica del loro genere di riferimento non viene mantenuta mai costante, ma subisce continui cambi di ritmo, come nell’iniziale Raging Mammoth, che parte come un classico brano psycho-stoner ma si evolve ben presto in un concentrato di riff hard rock armonizzati dove le chitarre s’imbizzarriscono su assoli a base di wah e fuzz, riuscendo a mantenere una buona dose di freschezza pur nello schema free form del brano. Shaking Pyramid è il brano che risente di più delle influenze Seventies, regalando una parte centrale rallentata al profumo di incenso mediorientale che ben si sposa col titolo e con l’immagine evocata dallo stesso. Monolith invece si discosta da entrambi i suoi predecessori e sceglie di muoversi su coordinate esotiche, grazie all’uso della scala egiziana e ad un groove jazzato che non dispiacerebbe nemmeno a Mario Lalli in persona. Un pezzo che non ha quasi nulla da spartire con lo stoner, ma che offre un’atmosfera indubbiamente psichedelica e inebriante. Chiude quindi il disco Invaders, che si presenta con il riff più doom in scaletta, capace di occhieggiare a certo metal anni ’80, anche grazie alla comparsa della voce acida e gracchiante di Arik Stangl.
Il disco omonimo dei Ryte dura meno di quaranta minuti e come ho già detto prima si configura come un flusso sonoro unico e continuo, da ascoltare tutto d’un fiato senza mai stancarsi. La band arriva all’esordio con un disco incredibilmente fresco e maturo, penalizzato solo da una produzione non sempre all’altezza nel suo voler mantenere un mood da jam session grezza e istintiva, che talvolta mina un po’ i suoni dei singoli strumenti, basso su tutti. Un album simile con una produzione leggermente più curata sicuramente avrebbe avuto un impatto ancora maggiore. Ma per ora rimane il fatto che abbiamo tra le mani l’ennesima ottima pubblicazione da parte di Heavy Psych Sounds Records, di un gruppo che speriamo non si riveli solo un side-project, ma progredisca nella propria ricerca d’identità proponendoci presto nuova musica di alto livello.
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5
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@Michele "Axoras" Purtroppo il tizio da una parte sarà un coglione a prescindere, dall'altra non faccio fatica a credere che il suo personale "successo" lo abbia portato in più casi ad eccedere. Chiaro che poi certe cose ti ritornano indietro con gli interessi e lui in questo caso si è giocato molto probabilmente ogni tipo di possibile collaborazione futura. Le parole contano. E molto. |
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4
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Ma soprattutto che peccato alla fine ... C'era un sacco di roba praticamente introvabile altrove. |
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@Michele "Axoras" infatti non volevo fare riferimenti troppo espliciti, ma mentre scrivevo pensavo proprio a quel fatto di SMOD... Che caos! |
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@BlackMeOut: Hai appena fatto in tempo a parlare di canali che popolano YouTube di dischi stoner ... hai visto che casotto è successo con Stoned Meadow of Doom ? |
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Discone, giusta durata e mai noioso. Ottimo inizio 2020 |
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INFORMAZIONI |
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Heavy Psych Sounds Records
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Tracklist
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1. Raging Mammoth 2. Shaking Pyramid 3. Monolith 4. Invaders
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Line Up
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Arik Stangl (Voce, Chitarra) Shardrik (Chitarra ed effetti) Lukas Gotzenberger (Basso) Hannes Ganeider (Batteria)
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RECENSIONI |
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