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Intronaut - Fluid Existential Inversions
28/02/2020
( 2763 letture )
La pesantezza è un valore spesso imprescindibile se non costitutivo della musica metal, quell'elemento che primo fra tutti ci fa avvicinare al genere da noi tanto amato. Grazie ad essa le nostre interiorità più oscure e cupe trovano sequenze di note attraverso cui manifestarsi in capolavori senza tempo. Nel nuovo disco di casa Intronaut, ecco che sono proprio la pesantezza, la violenza e la più spassionata rabbia a colpire l'ascoltatore in un album che a ben cinque anni di distanza dal precedente The Direction of Last Things -e nonostante la dipartita dello storico batterista Danny Walker- riesce a trasformare Fluid Existential Inversions in una perla di cattiveria plastica e compattezza progressive metal. Fu lo stesso Sacha Dunable d'altronde a definire i quattro anni di lavoro necessari per partorire il loro disco più intenso, nonché per aprire le danze alla collaborazione tra Intronaut e Metal Blade Records. Guardando allora sin da subito la tracklist si capisce senza troppi sforzi l'intenzione della band di proporci qualcosa di impegnativo e senza palliativi, un platter in cui -esclusa l'intro- non si scende quasi mai sotto i sei minuti e mezzo, per un totale di ben nove tracce e 53 minuti complessivi.

Procurement of the Victuals apre il tutto sbattendoci in faccia il contenuto del disco in meno di un minuto. A farla da padrone troviamo infatti dei tecnicismi strumentali inseriti sapientemente in un clima ansiogeno grazie al quale si genererà non poca attesa per l'avvenire. Conclusi gli ultimi istanti allora ci portiamo con appetito al vero e proprio inizio, affidato alla successiva Cubensis e al suo livello qualitativo stellare. Ciò che salta all'orecchio sin dai primi ascolti è la sezione ritmica terremotante a carico del neo-entrato Alex Rudinger e un guitarwork pesantissimo in cui la tecnica non si risparmia se non per farci riprendere fiato. Nella variazione lungo il primo terzo del brano verranno rievocate sonorità dei migliori Mastodon, condite con intrecci ritmici di sapori differenti ma non per questo meno interessanti. Un arpeggio ci accompagna in un'apparente tranquillità ed ecco un'altra cascata di solismi strumentali in cui la danza ai tom del già citato Rudinger ci porta a linee di basso indipendenti e al finale più melodico. Sbalorditivo è il termine più adatto per un brano del genere che sa sfiorare l'eccellenza in più di un'occasione miscelando la tecnica folle della band con le tangibili idee portate in studio, annichilendo il mero gusto del virtuosismo barocco spoglio di vita. Arriva poi The Cull con il suo inizio doom nullificante e una sezione vocale acida intrisa di furia hardcore. Il guitarwork si chiude in giri claustrofobici di grande atmosfera e le pelli sono qui protagoniste di poliritmie mai spocchiose o fuori luogo. La conclusione poi è affidata alla ripetizione opprimente di melodie alienanti, lasciando all'ascoltatore la voglia di continuare in questo viaggio malato. Per farlo bisogna affrontare la quarta traccia: Contrappasso. L'opening sembra ricalcare le sonorità di casa Meshuggah e soprattutto nel guitarwork si alzano la complessità dei riff e le sfumature che Dunable e Timnick donano alle loro partiture; da sottolineare che sul finale vi è forse il riff migliore di tutto il platter. Definire questo brano richiede quindi un'immagine totale del suo minutaggio, nonostante momenti più rilassanti, sincopi ben studiate e parentesi tribali della sezione ritmica: Contrappasso è un masso unico in cui scomporre le parti risulterebbe non solo eretico ma ben poco efficace ai fini del godimento uditivo. Speaking of Orbs è invece il brano più breve se consideriamo i suoi cinque minuti, nonostante questo gli Intronaut sono stati capaci di creare un'atmosfera patogena e malata grazie al lavoro di batteria e alcuni giri compositivi di impronta tooliana -ma decisamente meno gentili- che portano a un ritornello ispirato per un pezzo anch'esso ottimo e che, per molti versi, racchiude tutti gli elementi che si ascoltano nel disco. Passiamo ora invece all'ultima tranche, formata da quattro brani a cui l'ascoltatore arriva stremato a causa della pesantezza partorita con classe dai californiani. Prima fra tutti giunge Tripolar che, non per essere riduttivi, unisce un po' tutto ciò che è stato sentito precedentemente ma senza quel quid artistico presente nel brano precedente. Nel complesso infatti anche qui difficilmente ci si considererà scontenti, semmai poco stupiti dalla solita struttura: guitarwork sludge per la strofa, ritornello, variazione arpeggiata ed esplosione con strofa. Plauso però a Dunable le cui sezioni vocali in growl e scream sono decisamente ben scritte e performate. Una delle canzoni migliori si palesa solo ora ed è Check Your Misfortune, questa presenta sin da subito passaggi chitarristici intricatissimi e una sezione ritmica capace di sfornare sassate di una precisione impressionante. Tutta la parte strumentale è qui eccellente, dalle poliritmie di Rudinger al bridge nel solito stile fusion sino ai passaggi intricati di tutti i musicisti in un contrappunto difficile da assimilare in un sound così pesante: di sicuro uno dei brani che ascolterete di più e con più attenzione. Passo falso per l'appena discreta Pangloss che cade in un leggero piattume sludge e in un songwriting troppo meccanico nelle varie partiture. L'ispirazione qui viene accantonata e non dona giustizia a quanto sentito sino ad ora, se non fosse per la conclusiva Sour Everything. Quest'ultima oltre a donare giustizia al lavoro di Joe Lester al basso cinque corde, si contraddistingue per i fill martellanti alle pelli, la produzione mai troppo invasiva e una vena atmosferica che in un climax saprà condurci per mano alla conclusione di questo immenso lavoro.

È immenso infatti il termine adatto a questa gemma prodotta dagli Intronaut che con Fluid Existential Inversions hanno consolidato tutto ciò che di buono è stato fatto in passato, concentrandolo in meno di un'ora di pesantezza ben studiata e mai tronfia. Il lavoro ritmico è eccellente e il plauso a Alex Rudinger è doveroso, un debutto degno di nota, senza nulla togliere ovviamente al sempre costante Lester e alle sue linee di basso. Il guitarwork non è il protagonista ma si amalgama nel sound complessivo attraverso lo sludge, il groove, il prog più intricato, il jazz/fusion delle variazioni e anche un pizzico di doom. Qui si respira di tutto, dai Tool, ai Mastodon, ai Baroness fino ai Meshuggah ma sempre con personalità e mai per reale citazionismo o, peggio, per plagio. Le linee vocali passano poi dal clean allo scream più hardcore senza sforzo alcuno, anche grazie alle performance mai sottotono dei due vocalist che di certo non sfigurano, sovrapponendosi con le labirintiche e incredibilmente violente linee strumentali. Il nuovo lavoro degli Intronaut è quindi un ritorno degno di nota, una delle perle che di sicuro condirà questo 2020 di musica pesante e a cui ogni progster che si rispetti -ma non solo- dovrebbe concedere una chance: un ascolto tanto difficile quanto diretto come se ne vedono pochi, compattati in un album da godersi in un fiato senza interruzione alcuna... si arriverà alla fine senza più ossigeno.



VOTO RECENSORE
84
VOTO LETTORI
80.9 su 10 voti [ VOTA]
Mauroe20
Domenica 27 Marzo 2022, 22.16.35
4
Finalmente ho avuto modo di ascoltare più volte questo disco.Ottima band!Voto 80
Andry Stark
Mercoledì 4 Marzo 2020, 20.22.43
3
Condivido quanto detto da Davide, gli Intronaut sono una delle migliori realtà de panora Prog Metal degli ultimi anni ma è un vero peccato che siano poco conosciuti. Per quanto rigurda il disco, l'ennesmo centro dopo l'eccellennte The Direction of Last Thing. Voto 85.
Replica Van Pelt
Mercoledì 4 Marzo 2020, 19.10.25
2
Tecnicamente e compositivamente è un grande album,però,e il parere è ovviamente personale,l'alternarsi delle linee vocali dal clean allo scream a me non piace per nulla,è un pò come un accontentare tutti,cercare un riscontro radiofonico,mi ricordano gli In Mourning (compositivamente più poveri ma più diretti),poi a molti piacerà anche così,per me è un peccato perchè appunto c'è qualità.voto,sempre per quel che può valere,65.
davide
Martedì 3 Marzo 2020, 12.18.11
1
finalmente un grande gruppo..lo noteranno in pochi...come sempre
INFORMAZIONI
2020
Metal Blade Records
Prog Metal
Tracklist
1. Procurement of the Victuals
2. Cubensis
3. Thecull
4. Contrapasso
5. Speaking of orbs
6. Tripolar
7. Check Your Misfortune
8. Pangloss
9. Sour Everythings
Line Up
Sacha Dunable (Voce, Chitarra)
Dave Timnick (Voce, Chitarra, Percussioni)
Joe Lester (Basso)
Alex Rudinger (Batteria)
 
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