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Ultravox - Ultravox!
19/04/2020
( 1301 letture )
La lunga lista di capolavori pubblicati dagli Ultravox nel corso della loro carriera inizia proprio da qui, il clamoroso debutto eponimo che proietta la band londinese ai vertici della nascente new wave. Già, perché prima di eccellere nel synthpop, gli Ultravox contribuiscono a gettare le basi di questo polimorfo movimento musicale. Siamo nel 1977, e la band, che si chiamava ancora Ultravox! con il punto esclamativo, è capitanata dal cantante Dennis Leigh, in arte John Foxx. Questa prima incarnazione durerà fino al 1979, quando Foxx sarà sostituito da Midge Ure, che trascinerà gli Ultravox nella loro seconda fase, quella synthpop e new romantic – oltre che in cima alle classifiche. Ma questa è un’altra storia. Lasciamo da parte l’algida eleganza di quello che verrà, e concentriamoci sul debutto. Registrato nel 1976 e coprodotto da Brian Eno, Ultravox! riflette le influenze di due nascenti generi musicali, il punk e l’elettronica. Queste saranno poi amplificate sul successivo Ha! Ha! Ha!, mentre il debutto è maggiormente influenzato da artisti come David Bowie, Roxy Music e New York Dolls. Si tratta in parte di un retaggio del passato, visto che la band nasce come gruppo glam rock nel 1973, con il nome di Tiger Lily.

E l’album inizia proprio facendo l’occhiolino al passato, con la sostenuta Saturday Night In The City Of The Dead. Composto all’epoca dei Tiger Lily, il brano è uno spensierato up-tempo all’apparenza un po’ facilone, ma che già lascia intuire alcune caratteristiche portanti del suono dei Nostri, su tutte un flavour meccanico e vagamente industriale dovuto alla pulsante sezione ritmica e alle fredde e affilate chitarre. Questo non impedisce ai brani di essere dinamici e ariosi, come testimonia la seguente Life at Rainbow’s End, dove fanno capolino le tastiere di Billy Currie, o la seducente Slip Away, un brano dall’andamento sinuoso e decadente, a tratti quasi arabeggiante. Su entrambe svetta la prestazione dell’ispiratissimo John Foxx, dalla vocalità varia, espressiva e spesso teatrale. Questa fa da filo conduttore anche per la successiva I Want to be a Machine, lunga e straniante litania scandita dal soliloquio di Foxx, che sviluppa il tema, già in qualche modo suggerito dalla strumentale, della fusione tra uomo e macchina. Ed è paradossale che il brano inizi proprio con una chitarra acustica, doppiata dal violino in un accumularsi di tensione che sfocia nel robotico e rumoroso finale. Le suggestioni biomeccaniche tornano nella conclusiva My Sex, un brano melenso e straniante allo stesso tempo che accompagna il recitato del cantante: My sex is a spark of electro-flesh, leased from the tick of time and geared for synchromesh. Totalmente all’opposto la brillante Wide Boys, un punk-rock ammiccante e dal ritornello indovinato, mentre le pulsioni meccaniche fanno ritorno nelle trascinanti Dangerous Rythm e The Lonely Hunter. Sinuosa e delicata la prima, più spigolosa e rumorosa la seconda, ma entrambe melodiche e dalla presa immediata. Chiude il cerchio The Wild, The Beautiful & The Damned che in mostra il lato più romantico degli Ultravox!, incarnato da Billy Currie, il cui violino è molto presente.

Come avrete capito, uno dei molti pregi sfoggiati dal debutto Ultravox! è sicuramente la sua grande varietà, così come l’estrema freschezza dei brani. Se le canzoni sono indiscutibilmente legate al loro periodo di origine, queste risultano allo stesso tempo quasi atemporali, tanto da suonare meno “vecchie” di molte produzioni più recenti. Merito senz’altro dell’eccellente produzione sonora, ma soprattutto di quel miscuglio incandescente, particolare e personalissimo creato dai cinque musicisti. Difficile quindi immaginare un debutto di carriera migliore per gli Ultravox!, che dovranno però scontrarsi con lo snobbismo di critica e pubblico. Ma lo sappiamo, non sempre il valore di un album coincide con il suo successo materiale. Il tardivo riconoscimento del gruppo ha forse reso questa sua prima fase meno conosciuta, ma non ne ha certo intaccato la qualità. A più di quarant’anni dall’uscita, Ultravox! non ha perso un grammo della sua carica sovversiva e aspetta solo di essere riscoperto. Ne vale la pena.



VOTO RECENSORE
88
VOTO LETTORI
93.25 su 4 voti [ VOTA]
Le Marquis de Fremont
Martedì 21 Aprile 2020, 16.54.40
4
Disco che ho sempre ascoltato poco. Va dato comunque merito alla formazione di John Foxx di aver svoltato nel sound rispetto al grezzo punk (qui siamo nel 1977) e aver introdotto uno strumento come il violino. Tutto degli Ultravox, fino a Lament (1984) è da avere! Au revoir.
Steelminded
Domenica 19 Aprile 2020, 18.52.54
3
Andiamoci piano co sta roba male!
Rob Fleming
Domenica 19 Aprile 2020, 18.51.45
2
Un gruppo che ha cambiato pelle nel corso degli anni, ma lasciando pressoché invariata la qualità della proposta pur modificando l'approccio musicale. In questo magnifico debutto si fa fatica a credere che gli stessi (o quasi) di Vienna. Ma Slip away e The Wild, The Beautiful and the Damned sono autentici capolavori che valgono quelli successivi. 80
Galilee
Domenica 19 Aprile 2020, 13.46.30
1
Lo conosco poco, ma fa parte dei dischi che prima o poi dovrò prendere. Tutti gli album che ho ascoltato degli Ultravox sono fantastici.
INFORMAZIONI
1977
Island Records
Post Punk
Tracklist
1. Saturday Night in the City of the Dead
2. Life at Rainbow's End
3. Slip Away
4. I Want to Be a Machine
5. Wide Boys
6. Dangerous Rhythm
7. The Lonely Hunter
8. The Wild, The Beautiful and the Damned
9. My Sex

Line Up
John Foxx (Voce)
Stevie Shears (Chitarra)
Billy Currie (Tastiere, Violino)
Chris Cross (Basso)
Warren Cann (Batteria)

 
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