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Devin Townsend - Physicist
25/04/2020
( 1432 letture )
Per un attimo fermiamoci e controlliamo i buchi temporali: manca un tassello importante. Un pezzo del prog-puzzle di Devin Townsend. Quale? Il professore, nel periodo caotico che sancisce la fine del secolo e l’inizio del nuovo millennio, si cimenta in una nuova avventura sonora, mutabile e violenta, semplice e diretta. Posizionato bene nelle chart giapponesi e osannato (all’epoca) dalla critica heavy specializzata, Physicist (originariamente “Fizzicist”), clamorosamente posto in bilico tra gli immensi Infinity (1998) e Terria (2001) è un lavoro controverso e ricchissimo di argomentazioni. In primis: non è mai stato ben visto dallo stesso Townsend: il Mad Canuck lo ha sempre trattato con una certa freddezza di fondo, ma non certo per la qualità compositiva, quanto più per il mix finale di Plotnikoff, ritenuto non all’altezza della visione inziale. Come spesso accade, alcune idee grandiose non sempre vengono sviluppate ad-hoc, causa volontà, tempo, assenza di stimoli appropriati e, a volte, di collaborazione. In mancanza di nuove collaborazioni, Devin Townsend arruola la stessa, mostruosa line-up dei suoi Strapping Young Lad per questa opera che oggi compie vent’anni. Un pedigree davvero prezioso per un album che ha delle peculiarità affascinati e qualche colpo a vuoto. Andiamo, come sempre, ad analizzare insieme i contenuti…

Physicist parte come un razzo: copertina stupenda in bilico tra natura e fantascienza. Pozioni magiche e progressive fuori-controllo mentre l’opener Namaste accelera oltre i confini dello speed metal, unendo la sferragliante forza abrasiva degli Strapping Young Lad a sintetizzatori ariosi e atmosferici. Una furia cieca ma melodica, che rimane impressa nel cervello immediatamente, diventando così -a parere di scrive- un’introduzione difficilmente replicabile. All’epoca del primo ascolto, pochi mesi dopo l’uscita dell’album, ne rimasi assolutamente affascinato e sbalordito. L’album si muove, in parte, su coordinate brevilinee e pezzi stranamente corti (Material, Death e Irish Maiden non arrivano ai 3 minuti, mentre la semi-strumentale Devoid dura poco meno di 2 minuti). Insomma, si tratta di un concentrato di polpa-SYL ipervitaminico, sebbene privo di quella furia nichilista, industriale e centralizzata della band canadese.
Byron Stroud, Gene Hoglan e il sempreverde Jed Simon lavorano e suonano a dovere, facendo un compito non esaltante (tecnicamente), ma egregio dal punto di vista esecutivo (Hoglan in primis), mentre il basso risulta un po’ troppo soffocato e nascosto dal missaggio finale e dai portentosi ed epici synth. I tre quarti d’ora di Physicist scorrono come l’acqua fresca in un giardino Zen, tra richiami ai Queen, accelerazioni degne dei Dark Angel e melodie pop accattivanti, come nel mancato singolo Material (uno dei brani migliori di Devin) e nella divertente e scanzonata Irish Maiden, dedicata alla famiglia e alle origini irlandesi. L’album è un fascinoso andi-rivieni che colpisce nel segno (Namaste; Devoid), ma vaneggia anche nel vuoto cosmico (Victim), portando con se il sommo genio progressivo che da sempre contraddistingue il mastermind di Vancouver. La lunga e strutturata, ondeggiante e fascinosa suite finale Planet Rain, tematicamente ripresa in futuro, non solo ci piace da morire, ma è anche il punto più alto di tutto il lavoro. Pioggia, atmosfera intima, riff dilatati, melodie pazzesche e un epicentro di melodia che tende a ritornare ciclicamente, componendo un piccolo gioiello che merita il vostro ascolto.
Non solo prog, ma anche noise industriale nella breve scheggia impazzita Death, che non avrebbe sfigurato sul debutto degli Strapping in quanto a caotica violenza spruzzata di colore, così come nella arci-nota Kingdom, forse la composizione più conosciuta ed apprezzata di Townsend, grazie anche alla sua riedizione presente nel più recente e maestoso Epicloud (2012) e alla sua incredibile qualità compositiva.

La sensazione che ci rimane dopo l’ascolto di The Complex, composizione veloce, cattiva e melodica al tempo stesso è che Physicist sia obliquamente unico: impalpabilità e fragranza, colori e cieli grigi. Dicotomie e ossimori, bellezza e incompiutezza. Probabilmente sono alcune delle sensazioni che hanno portato Devin ad escluderlo dai suoi lavori migliori: un’impassibilità di fondo che diventa incredibilmente concreta e che poi si auto-defila, rifugiandosi in luoghi sicuri, lontani dalle luci della ribalta e dal genio, ma dannatamente concreti. Sono passati vent’anni dalla sua uscita, e Physicist non smette di far discutere il suo compositore principale, lasciando felici (quasi) tutti gli altri, tra cui fan, neofiti e addetti ai lavori. E’ una porzione importante, imperfetta ma per nulla sacrificabile della sua lunghissima carriera e, proprio grazie al connubio di scienza e natura, velocità e fantasia, pop e heavy metal, Physicist supera brillantemente il test più importante: quello del tempo.



VOTO RECENSORE
81
VOTO LETTORI
87.16 su 6 voti [ VOTA]
denis
Venerdì 1 Maggio 2020, 15.45.30
5
E' un album difficile. Il suono è potente e compatto dall'inizio alla fine ma la costante densità sonora (senza alcun momento di respiro) rende l'album pesante. Non riesco ad ascoltarlo per intero. Nel complesso lo considero un lavoro discreto (soprattutto se paragonato a Infinity o al meraviglioso Terria).
Hard’N’Heavy
Martedì 28 Aprile 2020, 17.41.17
4
questo è un super capolavoro di Prog Metal, alta scuola e classe infinita di un genio come Devin Townsend. E non menziono quello che ha fatto con gli Strapping Young Lad, voto a: Physicist 95/100.
Galilee
Domenica 26 Aprile 2020, 9.39.33
3
Disco che ai tempi mi deluse. Avevo conosciuto Townsend con gli SYL e poi col grandissimo infinity. Questo mi era sembrato un more of the same del precedente, o comunque un disco b sides. Smisi comunque di seguirlo, nonostante abbia sentito in futuro altre sue cose interessanti.
SkullBeneathTheSkin
Domenica 26 Aprile 2020, 1.49.47
2
Qui doveva suonare Jason Newsted e gli fu impedito dai Metallica... non so era già negli IR8 o nei Sexoturica ma mi pare proprio che fu questo il fattaccio che "guastò" il boccato a Devin... fattaccio perchè dell'ultimo istante o roba del genere. Sembra fosse nata una grande intesa fra i due ai tempi dei sideproject che ho citato. ... e se ho detto una cazzata: EVVIVA! Finalmente sono rimbambito del tutto!
SkullBeneathTheSkin
Domenica 26 Aprile 2020, 1.23.11
1
Non vorrei ricordare male, ma Physicist avrebbe dovuto essere altro oppure prevedere la presenza di qualche musicista a cui invece è stato impossibile partecipare... non ricordo bene ma in uno dei suoi dischi c'è un retroscena del genere, coinvolge un big e se Devin non è soddisfatto potrebbe essere questo. Boh. Forse ricordo male. In ogni caso questo album è molto bello, un qualcosa di molto più sostenibile degli SYL per l'ascoltatore medio, un industrial edulcorato potente a tratti ad altri più soave. Namaste e Material le mie preferite... dare un voto è difficile... qui conobbi Devin Townsend la prima volta... vabbè votero poi!
INFORMAZIONI
2000
Inside Out / HevyDevy
Prog Metal
Tracklist
1. Namaste
2. Victim
3. Material
4. Kingdom
5. Death
6. Devoid
7. The Complex
8. Irish Maiden
9. Jupiter
10. Planet Rain
Line Up
Devin Townsend (Voce, Chitarra, Tastiera, Programming)
Jed Simon (Chitarra)
Byron Stroud (Basso)
Gene Hoglan (Batteria)
 
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