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Mark Knopfler - Golden Heart
01/05/2020
( 2098 letture )
Verso la metà degli anni ‘90 i Dire Straits erano un colosso mondiale capace di smuovere le masse e condizionare le sorti di buona parte della musica rock e non solo; la band inglese non aveva più bisogno di dimostrare niente a nessuno, difatti l’ultimo album di inediti On Every Street pubblicato nel ’91 venne recepito in maniera meno entusiasta rispetto ai capitoli precedenti della discografia del gruppo, ma questo non impedì ai Dire Straits di intraprendere l’ennesimo tour planetario che contò ben 216 concerti. Il leader della band, Mark Knopfler, descrisse quell’ultimo periodo di vita di gruppo come alienante, dal momento che il carrozzone che portava in giro gli spettacoli dei Dire Straits era composto da talmente tante persone che capitava di non conoscerne nemmeno la metà. A questo si aggiungeva la sempre maggiore volontà da parte di Mark Knopfler di scrivere e pubblicare un album solista, del quale sostanzialmente On Every Street era un’anticipazione.
Così una volta terminato il tour mondiale, nel 1992 i Dire Straits cessano di esistere, sebbene le pubblicazioni di materiale inedito continuarono fino al ‘95.
A questo punto Mark Knopfler ebbe il campo libero per confezionare a dovere il suo primo album solista, del quale aveva già composto gran parte delle canzoni e che aspettava solo di essere ultimato.
Riunita quindi una schiera impressionante di musicisti il chitarrista e cantante inglese registra i quattordici brani che andranno a comporre Golden Heart, immesso sul mercato il 26 marzo 1996.

Il risultato corrisponde a settanta minuti di musica, molto più di qualunque album dei Dire Straits (non a caso solo On Every Street arrivava a toccare l’ora di durata, a differenza degli album precedenti che duravano in media quaranta minuti), marchiata a fuoco dall’estro e dal tocco di Knopfler.
Di certo l’avvio di Darling Pretty lascia ancora oggi spiazzati se si conosce solo l’operato dei Dire Straits, poiché l’introduzione affidata agli strumenti della tradizione irlandese cozza con l’immagine di rocker da arene che si può avere generalmente di Mark Knopfler, ma il brano si evolve poi in una ballata romantica dai tratti soffusi, con la voce rassicurante del cantante che culla l’ascoltatore portandolo verso comode lande pop rock venate di folk. C’è da dire comunque che il lato irish del brano non risulta mai soverchiante, essendo presente in modo massiccio solo nell’introduzione guidata dall’arpa del compianto maestro Derek Bell. La fascinazione per la musica irlandese non si ferma però solo al primo brano in scaletta, giacché ritroviamo la stessa sezione strumentale anche in A Night In Summer Long Ago e Done With Bonaparte, con la prima in particolare che si configura come un vero e proprio spaccato di folk irlandese grazie al contributo di vere e proprie leggende del genere come Paul Brady, Liam O’Flynn, Seán Keane e Dónal Lunny, tutti gravitanti nell’orbita di artisti come Chieftains e Planxty. In questo caso il paragone con il Van Morrison di Irish Heartbeat (1988) è fortissimo, sebbene la personalità di Mark Knopfler rimanga ben presente lungo il corso dell’intero brano e lo rende di fatto uno degli episodi migliori del disco.
Assodata dunque la forte presenza del folk irlandese nell’album, anche se relegata a pochi specifici brani, il resto della scaletta si pone però su un piano decisamente diverso, facendo risaltare i pregi del chitarrista inglese: la titletrack è un buonissimo esempio delle capacità di songwriter del nostro, che costruisce un brano scarno basato su voce e chitarra, ma che fa un uso magistrale della dinamica, sviluppando un crescendo continuo di cinque minuti dove si rimane col fiato sospeso. Ma c’è spazio (poco a dire il vero) anche per del sano rock come ad esempio nella sinuosa No Can Do, dove la chitarra nervosa di Knopfler trova terreno fertile per dipingere quei fill dal sapore blues che han reso grande il fondatore dei Dire Straits; oppure nella galoppante Don’t You Get It, che si muove invece in territori country dove Chad Cromwell alla batteria detta il ritmo e la chitarra si lascia andare ad assoli bluesy di gran gusto. In generale comunque Golden Heart mantiene dei toni rilassati durante la quasi totalità del proprio svolgimento, prediligendo la presenza della chitarra acustica come base per la maggior parte dei brani.

Vi sono diversi motivi per cui l’album anche all’epoca venne accolto in modo tiepido ed oggi considerato come un album non fondamentale per la carriera di Mark Knopfler e per scoprirli bisogna innanzitutto nominare due brani: Imelda e Cannibals. Se nella prima è evidente il riferimento al riff e al suono della celebre Money For Nothing dei Dire Straits, nella seconda invece vengono ricalcati la struttura e il riff portante del classico Walk Of Life, sempre della stessa band. Bastano questi due episodi per inficiare la qualità dell’intero disco, perché è evidente quanto le somiglianze siano presenti a tal punto da sfiorare il plagio e questo è un vero e proprio peccato, soprattutto nel primo caso, dove il brano si evolve in modo convincente regalando un’ottima parte chitarristica solista. A quanto pare l’autore dei brani non ci diede molto peso, dato che in tour suonò queste canzoni (intendo tutte e quattro) con costanza e durante gli stessi set. In più il resto dei brani presenti in scaletta risultano delle semplici ballate pop/folk con pochissimi sussulti, sebbene le capacità esecutive di Knopfler rimangano comunque evidenti. Ma non bastano un pugno di brani su quattordici, pochi minuti su settanta totali, a rendere il disco degno di nota. Ad ogni modo sul finale ci sono brani che rialzano l’asticella dell’attenzione come Je Suis Désolé, che prende spunto ancora una volta dal country per poi stemperarsi in un bel ritornello corale e si fregia di un finale dominato dal dobro di Sonny Landreth che riporta immediatamente a panorami americani selvaggi popolati da cowboy ed indiani. Ed infine le suggestioni jazz di Rüdiger, dove la chitarra si addentra in territori inediti, ma sempre con buon gusto. Di certo la voce monocorde di Knopfler non aiuta ad esaltare il brano, che arriva troppo tardi in scaletta e scorre via come il resto dei pezzi che chiudono il disco. È forse il limite più grande di Golden Heart la voce del proprio autore, che rimane sulle stesse tonalità per tutti i settanta minuti di durata finendo per risultare ben presto noiosa, salvo quando aiutata dai bei cori che arricchiscono qualche ritornello qua e là.

Cosa rimane quindi al termine dell’ascolto di Golden Heart? Sicuramente un buon disco che prima di tutto gode di ottimi suoni grazie ad una produzione precisa e pulita, che sfrutta, come già detto sopra, la dinamica in modo sapiente. Si era già nella seconda metà degli anni ’90, ma dischi registrati come questo iniziavano a non essercene già più e questo è da sottolineare. La musica è viva e sempre fisicamente percepibile e sotto questo punto di vista l’ascolto di Golden Heart è realmente appagante. Però non si può dire lo stesso dei brani in scaletta, che passano da momenti emozionanti e coinvolgenti ad altri invero stanchi e poco ispirati, che contribuiscono ad appesantire l’ascolto, già minato da un minutaggio esagerato. Se il disco avesse contenuto solamente una decina di brani sicuramente ne parleremo con ben altri toni oggi.
Ad ogni modo un mese dopo la pubblicazione dell’album Mark Knopfler si imbarcò in un tour europeo di ottantasei date che lo portò in ben sessantasei città, dove suonò buona parte dei brani di Golden Heart insieme ai classici dei Dire Straits. Ma la preponderanza di estratti dal disco solista rimane comunque testimonianza di quanto esso fu ben accolto dal pubblico, a differenza della critica.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
66.25 su 4 voti [ VOTA]
Roby
Giovedì 17 Agosto 2023, 11.20.24
4
Un buon disco, con momenti altissimi come \"nobody\'s got the gun\" o \"darling pretty\"...Knopfler qui, per fortuna, non aveva rinunciato ancora alla sua anima rock, come invece farà a partire dal duemilanove...
Le Marquis de Fremont
Mercoledì 6 Maggio 2020, 9.20.32
3
Mi ricordo di averlo acquistato subito dopo l'uscita, confidando in un prosieguo della musica dei Dire Straits ma rimasi molto deluso, a parte qualche episodio come sottolineato della ottima recensione. Di sicuro, Knopfler nella sua carriera solista, non è stato o non ha voluto essere i Dire Straits. Peccato. Au revoir.
Black Me Out
Domenica 3 Maggio 2020, 23.14.56
2
@Painkiller Ora però vorrei che tu definissi quel "quasi".
Painkiller
Domenica 3 Maggio 2020, 9.59.34
1
Oh, ma che bella sorpresa. Stavo ascoltando proprio in questi giorni l’album. Bella recensione, sono d’accordo con Alex su quasi tutto.
INFORMAZIONI
1996
Warner Bros.
Rock
Tracklist
1. Darling Pretty
2. Imelda
3. Golden Heart
4. No Can Do
5. Vic And Ray
6. Don't You Get It
7. A Night in Summer Long Ago
8. Cannibals
9. I'm The Fool
10. Je Suis Désolé
11. Rüdiger
12. Nobody's Got The Gun
13. Done With Bonaparte
14. Are We In Trouble Now
Line Up
Mark Knopfler (Voce, Chitarra elettrica)

Musicisti ospiti
Brendan Croker (Cori su tracce 4,8)
Vince Gill (Cori su tracce 12,14)
Sonny Landreth (Cori, Dobro su traccia 10)
Danny Cummings (Cori su tracce 1,3,4,6,8,10,11 Percussioni su tracce 2,4,5,11,12,14)
Guy Fletcher (Cori su tracce 1,2,3,4,6,8, Tastiera su tracce 3,4,8,12)
Richard Bennett (Chitarra acustica su tracce 1,2,3,8,9,11,12, Chitarra elettrica su tracce 5,6, Tiple su traccia 10)
Paul Franklin (Pedal Steel su tracce 1,9,11,12,14)
Don Potter (Chitarra acustica su traccia 14)
Steve Nathan (Organo su tracce 1,2,8,9,12,14, Tastiera su tracce 3,5,9,11,14)
Bill Cuomo (Organo su traccia 6)
Matt Rollings (Pianoforte su tracce 1,5,11)
Barry Beckett (Pianoforte su tracce 9,12)
Hargus “Pig” Robbins (Pianoforte su traccia 14)
Máirtín O'Connor (Fisarmonica su tracce 1,7,13)
Steve Conn (Fisarmonica su traccia 10)
Jo-El Sonnier (Fisarmonica su traccia 8)
Derek Bell (Arpa celtica su traccia 1)
Paul Brady (Tin Whistle su tracce 1,7,13)
Seán Keane (Violino su tracce 1,7,13)
Michael Doucet (Violino su traccia 10)
Dónal Lunny (Bouzouki su tracce 1,7,13)
Liam O'Flynn (Uilleann pipes su tracce 7,13)
Michael Rhodes (Basso su tracce 1,5,9,10,11,12,14)
Glenn Worf (Basso su tracce 2,3,6, Contrabbasso su tracce 4,8)
Paul Moore (Contrabbasso su traccia 7, Basso su traccia 13)
Terry McMillan (Djembe su traccia 5)
Billy Ware (Triangolo su traccia 10)
Eddie Bayers (Batteria su tracce 1,5,9,10,11,12,14)
Chad Cromwell (Batteria su tracce 2,3,4,6,8)
Robbie Casserly (Batteria su traccia 13)
 
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