|
25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
|
|
Khemmis - Doomed Heavy Metal
|
10/05/2020
( 1201 letture )
|
Con Epicus Doomicus Metallicus gli svedesi Candlemass non hanno rilasciato solo un debutto che è un capolavoro assoluto del metal mondiale. Il loro è anche un manifesto, una dichiarazione di intenti e di identità: epic doom metal. Un vero e proprio trademark che ha poi influenzato chiunque sia venuto dopo di loro. Gli statunitensi Khemmis sono a tutti gli effetti una delle nuove realtà emergenti nel metal mondiale. Formati nel 2012 a Denver i nostri debuttano già l’anno successivo con l’EP Khemmis a cui fanno seguito tre acclamati -soprattutto negli States- album da studio. Fin da subito è apparso evidente che la band possedesse alcune caratteristiche peculiari: il contrasto tra le voci dei due chitarristi/cantanti, con Phil Pendergast ad interpretare con la sua voce pulita e il compare Ben Hutcherson a fare da contraltare con un growl acido e malefico, è un esempio; c’è anche la particolare commistione sonora, che si centra moltissimo sempre sulle due chitarre, che giocano a rincorrersi, scontrarsi, integrarsi e armonizzarsi, prendendo come base un calderone nel quale ribollono epic, doom, sludge e metal classico. Un insieme che per molti ha già i crismi del capolavoro e per altri invece mostra alcuni limiti evidenti, in particolare nell’eccesso autoconsolatorio delle chitarre, che indulgerebbero in continui fraseggi non sempre necessari e anzi alla lunga ammorbanti. Dall’ultimo Desolation sono passati due anni, ma probabilmente ancora i quattro non hanno nel carniere materiale sufficiente per un nuovo album completo ed ecco quindi che per colmare le attese pubblicano il qui presente Doomed Heavy Metal. Non sfuggirà il richiamo al celebre titolo dei Candlemass, con un evidente spostamento d’accento: da epic doom metal a doomed heavy metal. Insomma, se da una parte si parla di doom metal con venature epic, qua si parla di heavy metal con venature doom, con buona pace di chi in questi anni si è scervellato per dare una definizione a quanto proposto dai quattro.
Come tutti gli EP, per quanto di lunghezza ragguardevole, dato che si superano i trentotto minuti, Doomed Heavy Metal viene utilizzato per materiale non necessariamente di primo piano, ma comunque significativo e che meritava (?) di essere pubblicato, magari appunto in una cornice diversa dall’album di studio, nel quale o per incoerenza con esso o per altri buoni motivi, non aveva trovato spazio. Qua l’intento sembrerebbe mettere in evidenza la cover di Rainbow in the Dark, megaclassico di Ronnie James Dio e dei suoi DIO. Posta in apertura, giustifica già da sola il titolo dell’EP. Se infatti il famosissimo giro di tastiera dell’originale viene reso da un’armonizzazione delle chitarre, a colpire è la pesantezza quasi sludge della distorsione utilizzata dai Khemmis e dal leggero quanto significativo rallentamento della dinamica. L’interpretazione di Pendergast non può e non potrà mai avvicinarsi all’originale dell’insuperabile Ronnie ma, presa a se stante, rende benissimo nel contesto della cover e sono ben riuscite le armonizzazioni vocali del ritornello. Nel complesso, si tratta di una rilettura piuttosto fedele, che di fatto cambia la forma e non la sostanza, con un bel doppio assolo al centro. A seguire troviamo un brano già edito per la colonna sonora del videogioco The Dark Pictures Anthology: Man of Medan. Si tratta della cover di un brano folk di Lloyd Chandler, O Death, rinominato A Conversation with Death. In questo caso, la rilettura lascia decisamente campo allo stile proprio della band statunitense, con la suggestiva ed emozionante armonia vocale a cappella che introduce un trionfale riff epic e Pendergast che sale in cattedra e conduce il brano, così come nella successiva Empty Throne, pubblicata originariamente come singolo nel 2017. Introdotta dal basso di Beiers, la traccia si caratterizza per un andamento lento e solenne, appena più aperto della precedente, sulla quale è soprattutto la voce a prendere spazio conducendo le danze assieme alle armonizzazioni delle chitarre che fanno capolino qua e là e spezzano le strofe, sempre con un incedere funereo. Traccia piacevole, seppur non indispensabile e che sembra un po’ mancare di una risoluzione. Le tre restanti canzoni sono versioni dal vivo di tre brani presi ciascuno da uno dei tre album pubblicati finora, partendo curiosamente dall’ultimo Desolation con Bloodletting, passando da Hunted con Three Gates e arrivando ad Absolution con The Bereaved. E’ in questa sequenza che si torna a sentire il growl di Hutcherson letteralmente sparito nelle precedenti tracce e comunque anche in questa sequenza confinato alle ultime battute di Bloodletting, a favore del salmodiare simil-Manilla Road di Pendergast. A dirla tutta, non si sentiva granché la mancanza del contrasto portato dal chitarrista, che trova maggior spazio e senso nella successiva e più aggressiva Three Gates, con le sue aperture maideniane (o thinlizziane, più correttamente), così come la chiusura e Hutcherson/Pendergast a scambiarsi le vocals nel finale, con ancora le sensazione che forse un paio di minuti in meno non avrebbero fatto torto a nessuno. Si chiude con la lunga ed emozionante The Beveared, brano tra i preferiti di Phil Pendergast e che, a differenza di altri, regge benissimo la durata dei suoi nove minuti, forse perché il più palesemente metal in senso stretto, con pennellate di epic, più che di doom, a fare da coloritura.
I Khemmis confermano insomma tutto ciò che di buono avevano messo in luce finora e gli altrettanti limiti alla loro proposta, che non vanno sovradimensionati rispetto alla grande qualità della musica proposta e della ricetta creata. E’ indubbio che si stia parlando di una band di grande talento e capacità, che potrebbe tirar fuori un disco destinato a rimanere nella storia in qualunque momento. Speriamo che quel momento arrivi presto, anche perché gli entusiasmi attorno a loro sono altissimi e il rischio è che a tanto clamore segua presto il silenzio, se non arriva qualcosa a scavare definitivamente il loro nome tra i Grandi. Nel frattempo, Doomed Heavy Metal è un ascolto che ben aiuta ad entrare nel loro mondo, se non si conoscevano finora e che può essere un piacevole intermezzo anche per chi invece possiede già i loro album. Niente di indispensabile, ma sono trentotto minuti ben spesi. Se poi, si vuol parlare di heavy/doom o di epic con influenze doom o di doom tout court, alla fine, va bene tutto. Quel che conta è la sostanza, non l’etichetta.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
5
|
...sicuramente gabriele....i khemmis e i pallbearer sono tra le doom bands da tenere d'occhio....da loro ci si aspetta grandi cose.... |
|
|
|
|
|
|
4
|
Ciao Lizard! Figurati, si evince, nel caso specifico sei stato anche di manica larga (tra l'altro non mi riferivo al voto, che per me è ininfluente, sono uno di quelli che ancora legge il testo della recensione invece che saltare subito al numerino), d'altra parte è solo un EP interlocutorio privo di materiale originale.
Però io non mi aspetto alcun salto, per me lo hanno già fatto, migliorandosi costantemente disco dopo disco.
Trovo che la loro formula sia già estremamente efficace e riconoscibile, mi sono innamorato del loro suono, della loro miscela di classic e doom, della capacità di dosare melodia, potenza e malinconia.
Insomma, per chi ama certe sonorità per me sono già imprescindibili. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Ciao Gabriele! Spero che dalla recensione si evinca che a me l’EP è piaciuto e che mi aspetto grandi cose da questa band. Alla fine ho dato un 8 a un album con cinque pezzi già editi e due cover... non credo di essere stato avaro nella votazione o nell’indicare quello che, secondo me, può far fare ai Khemmis il definitivo salto tra i Grandi. Ci risentiamo quando uscirà il prossimo album da studio!! |
|
|
|
|
|
|
2
|
Continuate ad essere troppo severi su queste pagine, io condivido in pieno l'entusiasmo d'oltre oceano.
Per quanto mi riguarda la vera punta di diamante del nuovo movimento doom dell'ultimo decennio insieme ai Pallbearer. |
|
|
|
|
|
|
1
|
...veramente un bel gruppo....appena possibile questo dischetto lo devo ordinare..... |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Rainbow in the Dark 2. A Conversation with Death 3. Empty Throne 4. Bloodletting (live) 5. Three Gates (live) 6. The Bereaved (live)
|
|
Line Up
|
Phil Pendergast (Voce, Chitarra) Ben Hutcherson (Chitarra, Voce) Dan Beiers (Basso) Zach Coleman (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|
|