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24/04/24
KARMA
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Trivium - What the Dead Men Say
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31/05/2020
( 4305 letture )
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Laddove il monocromatico Silence in the Snow ci lasciava perplessi, il potente ed enigmatico The Sin and the Sentence plasmava la materia metallica in modo eccellente, garantendo ai Trivium un ritorno alla forma smagliante e smerigliata mostrata in album di spessore come Ascendancy, Shogun e In Waves, tutti diversi ma ugualmente carismatici e fondamentali.
Il nuovo parto discografico, sempre sotto l’egida della storica Roadrunner e con la facile guida di Josh Wilbur in cabina di regia, crea un favoloso ponte di Einstein-Rosen con il precedente TSATS, andando ad arricchire e -laddove possibile- completare il sound con favolose scariche adrenaliniche, riff spacca-ossa e melodie memorabili. Gli aspetti che più ci gasano e colpiscono sono la prova maiuscola del frontman Matt K. Heafy, che mostra una forma vocale splendida e un gusto melodico alquanto variopinto, e il drumming martellante e iper-tecnico di Alex Bent, il miglior batterista mai avuto in seno alla band e uno degli attuali campioni nel mestiere. Negli ultimi anni (sia live che in studio) abbiamo potuto notare la sua tecnica micidiale e la strabordante potenza. Piatti, crash, doppio pedale e una serie di fill impressionanti, spesso mescolati a influenze progressive ed estreme, per una combine di sicura presa distruttiva. La forza sprigionata dal motore ritmico (grazie anche a un sempreverde Paolo Gregoletto) gioca a favore di brani lunghi e complessi (Sickness unto You; Catastrophist), così come delle composizioni più semplici e dirette (Bleed into Me; Scattering the Ashes). L’intro preparatorio e tipicamente metal di IX sfocia nell’inevitabile fade-in di What the Dead Men Say, title-track non immediata, che riprende il concetto e l’idea compositiva di The Sin and The Sentence, mettendo subito in chiaro la voglia che la band ha di slegarsi da un certo tipo di sound e giocare a campo aperto, con fantasia. La mancanza di briglie porta i Trivium a comporre con qualità e gusto, come mostrato dalla scintillante, violenta ed epica Amongst the Shadows & the Stones, che si posiziona immediatamente come punta di diamante dell’intero lavoro: groove a iosa, accelerazioni thrashy, voci abrasive e ottime melodie si alternano in una struttura circolare che divaga, si incupisce, aumenta di intensità per poi ritornare sui propri passi. Assoli incrociati e prestazioni dei singoli sopra le righe ci regalano un brano più bello dell’altro, e dove il singolo/anteprima Catastrophist non brillava per originalità melodica, di certo ci appagava con la sua sequela di riff atomici, soli da brivido e un grandioso bridge profumato di prog. Insomma, la creatura-T si cimenta in tre quarti d’ora di sano heavy metal contemporaneo, senza disdegnare nulla, senza rimaneggiare troppo il suono, ma andando a omaggiare il passato con gusto e forza dirompente. La veloce The Defiant è un piacevole omaggio a Ember to Inferno, contestualizzata nel 2020 e con una tecnica sopraffina, mentre la breve ed esemplificata Bleed into Me mette in mostra il basso di Paolo Gregoletto e ci regala un ritornello da sing-a-long davvero azzeccato.
Il bilanciamento è la chiave di WTDMS, che smantella muri di cemento con la splendida e cromatica Sickness Unto You, che si muove sinuosa nel suo breve incipit melodico. Un mini-intro sobillante, che precede un ruvido e complesso sali-scendi di riff e accelerazioni fulminee, che non disdegnano blast-beat e ripartenze basso/batteria da headbanging forsennato. La melodia, qui ben costruita, sfocia in un ritornello greve e drammatico e in una porzione ritmico-solista da centodieci e lode. Così come la lunga composizione snocciola molte delle sfaccettature del Trivium -sound, la successiva Scattering the Ashes palesa con convinzione il lato più facile e melodioso della band floridiana, senza sminuire doti qualitative e -anzi- giocando su un bellissimo alternarsi di riff diretti, basso pulsante e un pre-chorus molto sentito, che consegna al brano una carica da singolo radiofonico alla pari di The Heart From Your Hate dal precedente The Sin and The Sentence. Il finale è giocato sulla dicotomia tecnico/melodica, con una sana doppietta über heavy che ci convince devastando tutto quello che trova sulla propria strada. Si inizia con la veloce e nervosa Bending the Arc to Fear e si finisce con la bellissima The Ones We Leave Behind, complementari ma come sempre differenti. Growl, stacchi groove, tecnica moderna e melodie sbilenche caratterizzano la prima composizione, mentre la chiusura effettiva è affidata a una canzone forse più semplice ma di pregevole fattura. The Ones We Leave Behind chiude il discorso 2020 con eleganza e veemenza, senza nulla aggiungere, ma con una qualità esuberante. Rullante, voce melodica e una vena battagliera che percepiamo grazie ancora una volta alla prestazione di Matt K. Heafy, davvero notevole. Il bravo Corey Beaulieu, aggiunge qualche backing vocals di gusto, donando al brano una dinamicità non comune, una serie di riff e una folta schiera di corna al cielo. Il codino melodico, che subentra dopo uno scambio di assoli melodici e cantabili, sancisce la fine di questo favoloso viaggio all’insegna della qualità.
Un altro centro per la band americana che -ancora una volta- accontenta un po’ tutti giocando con il proprio trademark e pescando a piene mani dalla ormai nutrita discografia, aggiungendo sempre qualcosa di nuovo e allettante. Uno dei dischi che si candidano nella top-list di questo pandemico nuovo giro di boa.
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15
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Disco straordinario: heavy, thrash e un retrogusto metalcore che a me fa impazzire. Potenza, tecnica e un cantato perfetto, davvero difficile fare meglio. Il top per me è la title track con quel ritornello che non se ne va più dalla testa. Non avevo mai approfondito questa band e questo lavoro mi ha fatto venire voglia di conoscerli meglio: per me un bel 90 ci può stare |
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14
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Questo disco è letteralmente la SOMMA di TUTTA la discografia della band. In pratica hanno creato per ogni canzone un concept che crea una connessione DIRETTA con tutti i loro dischi precedenti (The Defiant che fa il verso a The Deceived, Catastrophist che inneggia al tipico sound di TSATS, Amongst the Shadow che riprende lo stile di In Waves, Bleed into Me che ripercorre una semi ballad stile Until the World Goes Cold...). Semplicemente il "best of NON autorizzato" che nessuno si aspettava ma di cui avevamo il bisogno. |
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13
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Tra i loro migliori dischi, anzi da Shogun il loro migliore; Matt è migliorato tanto come voce, oggi si avvicina di più a Corey Taylor nel pulito, e generalmente il sound è non solo al massimo della loro espressione ma si sente subito che sono loro.
L'unica cosa che manca, è che, con due ottimi chitarristi, gli assoli sono proprio pochi; tolto questo per me la seconda parte del disco è la migliore e complessivamente si tratta di un disco da 80/85 di valutazione. |
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12
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Veramente una bella sorpresa, un disco migliore del discreto precedente. Heavy, thrash e metalcore mescolati sapientemente. Disco che sa tenere alta l'attenzione e per il genere proposto è già tantissimo. |
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11
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Sempre il solito retrogusto nu metal e quei ritornelli ruffiani che alla dine dell'ascolto mi fanno concludere come per ognu album precedente: non fa per me. |
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10
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Si avvicina a essereil capolavoro della band. 85 |
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9
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Ma io l'ho sentito e sinceramente non mi piace x nulla,poche idee e confuse |
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8
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...lo devo ascoltare....mi sono sempre piaciuti i loro album.... |
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7
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A prescindere dai paragoni con i precedenti. È un ottimo lavoro, dove c'è tanta ciccia e potenza. In linea di massima hanno portato in fondo il lavoro senza picchi estremi ma nel complesso tutto quadra e si sente che la sostanza c'è.La batteria pennella un po troppo in ogni stacco, ma si incastra bene senza creare confusione. Album ben confezionato, più che promosso. |
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6
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Stessa osservazione di Jansen. The Sin.. era piu' completo, dove quasi ogni canzone aveva il suo carattere individuale e il suo scopo sull'album. Qui invece abbiamo un'album che e' ben prodotto ma costruito con meno "intelligenza", forse troppo in fretta o con minore enfasi per la struttura a se di ogni brano. Se dovessi scegliere, invertirei i voti, 75 a questo e 80 a The Sin.. |
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5
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Forse il miglior disco dei Trivium.
C’é tutto: brani tecnici e complessi (titletrack) ma anche pezzi molto semplici ed altrettanto convincenti (scattering the ashes).
Per me 85 |
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4
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Da non fan dei Trivium, ho ascoltato questo lavoro qualche mese fa e l'ho trovato incredibilmente tosto, dal drumming pazzesco, un mixaggio esemplare capace di farti cogliere bene tutte le sfumature, una prestazione sontuosa di Heafy tanto sul clean quanto sul growl.
Al momento è una delle uscite 2020 più convincenti.
Per me da 90/100 |
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3
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band in evidente stato di grazia |
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2
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Mi era piaciuto tantissimo The Sin and The Sentence, album che bilanciava alla perfezione parti melodiche ed aggressive con riff di chitarra ricercati e mai banali. Questo, giustamente, prosegue sulla stessa riga dal precedente ma personalmente mi è piaciuto meno, ho trovato meno hit e le canzoni più easy listening non mi hanno colpito molto. Amongst the Shadows & The Stones magnifica. |
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1
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Devo essere sinceri: idolatrati dalle maggior parte delle riviste recensori, a me non hanno mai particolamente colpito. Proverò ad ascoltare questo nuovo lavoro, vediamo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. IX 2. What The Dead Men Say 3. Catastrophist 4. Amongst the Shadows & the Stones 5. Bleed into Me 6. The Defiant 7. Sickness Unto You 8. Scattering the Ashes 09. Bending the Arc to Fear 10. The Ones We Leave Behind
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Line Up
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Matthew Kiichi Heafy (Voce, Chitarra) Corey Beaulieu (Chitarra) Paolo Gregoletto (Basso, Voce) Alex Bent (Batteria)
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