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Bismarck - Oneiromancer
19/06/2020
( 1171 letture )
I Bismarck sono una band composta dal frontman e cantante Torstein Nørstegård Tveiten, i due chitarristi Trygve Svarstad e Eirik Goksøyr, Tore Lyngstad alla batteria ed il bassista Anders Vaage, nei crediti in veste anche di co-produttore. Vengono da Bergen, ma il genere di cui si occupano non è come si potrebbe pensare il black metal norvegese, bensì uno stoner-doom articolato, che incorpora anche elementi sludge, death, progressive e in alcuni casi sconfina anche nel drone, come vedremo più avanti. Tant’è che il suo assetto dinamico nella composizione, sia strumentalmente che dal punto di vista vocale, era già caratteristica predominante del disco di debutto Urkraft e lo si può riscontrare anche nel suo successore, Oneiromancer. Se il nome della band rimanda direttamente all’alto cancelliere teutonico di tardo ottocento, per risalire all’origine etimologica del titolo dell’album bisogna scavare arrivando fino alla cultura ellenica, e questo non deve sorprenderci dal momento che la loro etichetta è l’Apollon. L’oniromanzia era considerata in età antica la capacità di interpretare i sogni, sebbene l’arte in sè sia associata alla chiave religiosa e non come enunciato della psicanalisi. Quindi l’oniromante a cui fa riferimento il titolo è storicamente molto più vicino a personaggi biblici come Gedeone che a Sigmund Freud. Per la verità, a giudicare dalla cover, sembra che i Bismarck prendano la figura dell’oniromante come elemento di partenza per spaziare in più ambiti dell’esoterismo.La tracklist comprende cinque tracce per una durata complessiva di trentacinque minuti, non resta quindi che immergersi nell’ascolto e scendere in questi viaggio nell’abisso.

Ad accoglierci è un canto aramaico, che sembra pescare a piene mani dalla tradizione del tarab, mentre un po’ alla volta emergono dalle sabbie il substrato ritmico portato dagli elementi tribali, fino a diventare essenza stessa della cornice ambientale. Una volta terminata l’intro mediorientale la discesa prosegue all’insegna dell’estremismo e si viene travolti da una raffica impetuosa, presentandoci la vera natura del gruppo. Dopo l’accellerazione iniziale il brano rallenta e prosegue su un mid tempo granitico e roccioso. Le chitarre ronzano con riff ostinati, creando un’architettura imponente e un’atmosfera solenne, dandoci l’idea di trovarci all’interno di un labirinto formato da stanze gigantesche. Nel finale si cerca di uscire dal clima opprimente disegnato dalla title track con una coda chitarristica dove misticismo e sogno si incontrano per portarci in un clima di serenità, prima di venire nuovamente sepolti dalle rullate spietate e dai riff ossessivi che rendono l’aria soffocante.
Se Oneiromancer ci scaglia addosso il suo macigno sludge con l’obiettivo di annichilirci per farci desistere dal proseguire, in The Seer sono gli aspetti doom e stoner della band a venire a galla per prendere il sopravvento, palesandosi con rallentamenti inquietanti, che sprofondano l’ascoltatore nella dimensione scura in cui si è perso. Il percorso è portato avanti da mid tempo sostenuti e persistenti, il growl che sembra maledire la nostra condizione è scandito dai passaggi di batteria, il tutto mentre continuano a trascinarci ancor di più in questa dimesione di vuoto. Hara inizia con toni molto più distesi, pennellate doom sopra un cantato viscerale e nevrotico, come se la prigionia sonora a cui si è sottoposti iniziasse a causare i primi deliri all’interno della mente del protagonista. La sofferenza viene accentuata salendo drasticamente d’intensità con l’accelerazione che arriva nella seconda parte, dove si instaura un vortice a cavallo tra sludge e death sull’abisso che incombe. Dopo un minuto di ipnotico arpeggio chitarristico che porta con sè una sinistra sensazione alienante, si abbatte sui malcapitati la spianata finale. Kthon è l’ultimo macigno e tassello mancante di questo viaggio, un tour de force faticoso ma stimolante allo stesso tempo, e per la verità il brano in chiusura si rivelerà essere meno impegnativo dei precedenti. Anche qui si assiste all’alternarsi tra momenti onirici e passaggi ruvidi, quasi ferali, ma la ritmica dettata dalla batteria sembra più quadrata, e la scissione tra i due momenti sembra marcata molto più nitidamente, oltre al fatto che la traccia stessa sembra trasportarsi in una dimensione più astratta e sognante, quasi metafisica, meno attanagliante rispetto agli standard dell’album.

Tralasciando l’iniziale Tahaghghogh Resalat che funge, seppur magnificamente, da introduzione e va slegata dal resto della tracklist, sono sostanzialmente quattro i brani sostanziosi e su cui ci si deve basare per la valutazione di questo prodotto. I nove minuti della mastodontica Oneiromancer sono la colonna portante sulla quale si poggia l’intero lavoro, dove viene introdotta l’ambientazione deprimente che alberga nelle profondità del labirinto sonoro in cui ci si trova nell’ascolto. L’album è complessivamente molto valido e la qualità è distribuita uniformemente per tutta la durata della release, rendendolo un lavoro solido e ben strutturato. Con i vari ascolti si ruscirà a metabolizzare meglio le varie sezioni, decifrando con attenzione i molteplici passaggi. Non resta che seguire con attenzione il proseguimento della carriera della formazione norvegese, che fino ad ora non ha deluso le aspettative di chi si attende possenti lavori di stoner e doom.



VOTO RECENSORE
81
VOTO LETTORI
77.2 su 5 voti [ VOTA]
Le Marquis de Fremont
Giovedì 2 Luglio 2020, 13.12.07
2
Proprio niente male. Pezzi tutti su notevoli livelli e grande atmosfera. Band assolutamente da approfondire. Un plauso all'ottima recensione. Au revoir.
No Fun
Sabato 20 Giugno 2020, 23.47.36
1
Che è sta roba, da dove diavolo saltano fuori questi? Un nome che è quello del più grande statista tedesco per un gruppo norvegese che comincia con una nenia orientale e poi erutta lava per mezz'ora. Fantastico.
INFORMAZIONI
2020
Apollon Records
Doom/Sludge
Tracklist
1. Tahaghghogh Resalat
2. Oneiromancer
3. The Seer
4. Hara
5. Khthon
Line Up
Torstein Nørstegård Tveiten (Voce)
Trygve Svarstad (Chitarra)
Eirik Goksøyr (Chitarra)
Anders Vaage (Basso)
Tore Lyngstad (Batteria)
 
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