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The Sonic Dawn - Enter the Mirage
21/06/2020
( 771 letture )
Bisogna dirlo subito, quando si finisce di ascoltare un disco come quello di cui parliamo oggi la domanda è sempre e soltanto una: meglio ascoltare questi o gli “originali”? il motivo di questo quesito è presto svelato, dal momento che i danesi The Sonic Dawn, ormai uno dei gruppi di punta di Heavy Psych Sounds Records, sono un trio che mira al ricreare quelle atmosfere tipiche del rock acido e psichedelico degli anni ’60, ma non prendendo solamente quella scena come riferimento ed ispirazione, bensì eseguendo un calco perfetto di quei suoni e di quelle melodie che tanto facilmente rimandano l’ascoltatore verso leggende dei Sixties come Jefferson Airplane, Cactus e The Byrds, senza naturalmente tralasciare colonne portanti come Beatles e Rolling Stones, riecheggianti ovunque nelle melodie e nel twang delle chitarre elettriche.

I tre di Copenaghen ci hanno abituato fin dal primo disco a questo loro modus operandi, ma con Enter the Mirage, quinto album in una carriera prolifica e che puntualmente regala un nuovo disco ogni anno, si raggiunge il culmine del tributo agli anni ’60, tanto che si potrebbe benissimo pensare che questo album provenga direttamente da un anno tra il 1964 e il 1968, senza parlare a sproposito in questo specifico caso.
Innanzitutto il primo punto di forza del trio è quello di comporre brani brevi e diretti, estremamente pop nel loro complesso e che quando si prendono lo spazio per divagazioni psichedeliche non lo fanno con pedanteria, ma con intelligenza e senza allungare il minutaggio inutilmente. Con questa mentalità il disco risulta veloce e scorrevole nei suoi trentasette minuti e forse anche la durata totale dello stesso vuole essere un tributo alle durate medie degli album di quella magica decade. Allo stesso modo le melodie sono semplici e cantabili, prendendo tanto dal blues quanto dal pop d’annata, con un mix che più di una volta richiama alla mente anche i mai dimenticati Kula ShakerJoin The Dead potrebbe essere stata benissimo scritta da Crispian Mills – che a loro volta hanno i Beatles come riferimento imponente del proprio songwriting.

Dove sta quindi la genialità dei The Sonic Dawn a questo punto e perché bisognerebbe ascoltare Enter the Mirage? Il plauso più grande che va fatto al gruppo è quello di riuscire a ricreare con estrema fedeltà i suoni che essi hanno fissi in mente e di conseguenza quelli che l’ascoltatore vuole ritrovare sapendo di avvicinarsi a un album che si pone senza nasconderlo come un proseguimento o, come già detto, un “calco” del rock psichedelico d’antan. Ci si potrebbe davvero perdere nell’ascoltare i suoni così curati e ricercati che la band mette in campo, partendo dalle chitarre sgarbate e dal loro twang così invadente, unito a riverberi e fuzz che più vintage non si potrebbe nemmeno immaginarli, per proseguire con la batteria e soprattutto il basso maggiormente in secondo piano, ma mixati così bene dalla band e masterizzati ancora meglio da Hans Olsson Brookes da non rimpiangere la loro presenza così modesta nel risultato finale.
Entrare nel merito delle singole canzoni ha poco senso alla luce di questa disamina, l’ascoltatore sa davvero cosa aspettarsi e difficilmente rimarrà deluso. Ma alcuni episodi si fanno notare sicuramente più di altri, come la bluesy Hits of Acid, che parte con delle chitarre in reverse tanto care ai Beatles di Tomorrow Never Knows e si apre in un ritornello magniloquente grazie ad un organo imponente che non può non richiamare i Doors. Il bello è che il brano dura poco più di due minuti e si fa riascoltare con piacere più e più volte. Loose Ends va a pescare dal cilindro il suono garage e lisergico dei 13th Floor Elevators del leggendario debutto per poi immergere il tutto in un limbo stonato di organo e sitar, per un finale da trip assicurato. Shape Shifter farà godere tutti i chitarristi appassionati di sonorità vintage grazie a un inciso centrale dove il suono del fuzz utilizzato è tanto ruvido e slabbrato quanto aderente al sound dei primi pedali di quel genere creati, come il Maestro FZ-1 di Gibson, il Pepbox di WEM o il Buzz Tone di Selmer, fuzzbox usati rispettivamente da Keith Richards, da George Harrison e da Syd Barrett. E il cerchio di chiude.
La titletrack ritorna su lidi raga rock con parti solistiche di chitarra ancora una volta goduriose grazie ai suoni utilizzati, mentre la finale UFO fin dal titolo chiama in causa i primi schizofrenici Pink Floyd, prendendo spunto anche da quella Brain Damage che chiude il capolavoro The Dark Side of the Moon.

Emil Bureau, il principale compositore dei The Sonic Dawn, ha dichiarato che il tema principale di Enter The Mirage è la libertà, esplicata in ogni sua forma, e si può benissimo dire che l’album riesce a trasmettere questa sensazione di liberazione personale e fisica, perché l’ascolto del disco rilassa e appassiona senza mai stancare e quando termina si ha immediatamente la voglia di ricominciare il viaggio. Già questo rende Enter the Mirage un’opera vincente, ma è necessario tornare ora al punto iniziale con cui si è aperta la recensione: perché si dovrebbero ascoltare i nostri tre danesi piuttosto che riprendere in mano i vecchi vinili impolverati delle leggende del rock psichedelico? La risposta non è di certo univoca, ma a differenza di tanti emulatori che hanno costruito negli anni quella scena denominata retro-rock, fatta di suoni vintage e riferimenti più o meno espliciti, i The Sonic Dawn sono chiari e precisi a riguardo: il loro sound è un tributo tanto preciso quanto sincero ai miti musicali degli anni ’60, ma non risulta didascalico e noioso, bensì appassionato ed estremamente minuzioso, soprattutto come già detto, nella ricostruzione dei suoni. Enter the Mirage trova sicuramente la sua dimensione ottimale ascoltato sul piatto del proprio giradischi e i brani sono composti senza dubbio per dare il loro massimo dal vivo; a voi decidere se dare una chance ai tre danesi o se continuare ad ascoltare le vecchie glorie, nessuna delle due opzioni elimina l’altra. Spesso però ci si lamenta inutilmente del fatto che non vi sia nessun gruppo in grado di prendere le redini del rock degli anni d’oro senza magari aver ascoltato una band come i The Sonic Dawn che da quella fonte si abbevera letteralmente e con una minuziosità senza pari. Ecco, forse questo gruppo potrà far contenti coloro che si nascondono dietro lamentele come quella appena esposta, perlopiù proponendo una musica estremamente valida sotto diversi aspetti e non solamente capace di suscitare sentimenti di amarcord.
Non è possibile parlare di capolavoro per un disco così tanto derivativo, ma di un’ottima musica sapientemente composta e coscienziosamente suonata sì. Enter the Mirage è un album che chiunque dovrebbe ascoltare e che si presta alle occasioni più disparate; soprattutto però è un album che traccia una linea di demarcazione netta tra scialbi imitatori e “filologi” del rock e nel farlo riesce nel compito in modo assolutamente riuscito. Peccato solo per la copertina: non è brutta, ma un soggetto più colorato e allucinato avrebbe descritto ancora meglio il contenuto dell’opera. Peace.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2020
Heavy Psych Sounds Records
Psychedelic Rock
Tracklist
1. Young Love, Old Hate
2. Hits of Acid
3. Loose Ends
4. Children of the Night
5. Shape Shifter
6. Enter the Mirage
7. Soul Sacrifice
8. Join the Dead
9. Sun Drifter
10. UFO
Line Up
Emil Bureau (Voce, chitarra)
Niels “Bird” Fuglede (Basso)
Jonas Waaben (Batteria)
 
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