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Kate Bush - Never for Ever
24/08/2020
( 1323 letture )
Kate Bush è oggi una tranquilla signora prossima ai sessant’anni, che probabilmente si gode la “pensione” (musicalmente parlando) e ricorda con soddisfazione i bei tempi andati; ma nel 1980 era una ragazzina poco più che ventenne, ed era la grande speranza del pop “colto” inglese.
Con già due album all’attivo, in quel fatidico anno la Bush ritorna prepotentemente ai vertici delle classifiche prima con il singolo Breathing, poi con l’album che lo contiene, il qui presente Never For Ever (terzo full-lenght dell’artista), disco fortunatissimo che proporrà altri due singoli in classifica, l’iniziale Babooshka e Army Dreamers.

Per chi non ha vissuto quell’epoca musicalmente splendida, è necessario fare una precisazione: Never For Ever può essere definito senza dubbio un album pop; tuttavia, il concetto di “pop” che è qui tratteggiato è profondamente diverso da ciò che oggi si può definire “pop da classifica”.
Per prima cosa dal punto di vista lirico: il disco si compone di varie storie che hanno come argomenti abbandoni, tradimenti, amori finiti, angosce: ad esempio in Babooshka, una anziana donna assume le sembianze di una giovane avvenente ed induce suo marito al tradimento; Delius (Song of Summer) racconta della vecchiaia di un grande musicista che ha ormai esaurito la sua vena creativa; le infinite domande senza risposta sulla morte si materializzano nella morte stessa di una persona amata in Blow Away (For Bill); la spietata vendetta di una donna che resta vedova il giorno stesso delle sue nozze è la storia narrata in The Wedding List; l'amore tra una donna adulta e un bambino è il tema di The Infant Kiss. Non esattamente i prototipi lirici delle hit “balneari” …
Poi dal punto di vista degli arrangiamenti: Never For Ever è un disco cangiante, che cambia costantemente atmosfera, sonorità, approccio, e offre ad ogni ascolto una chiave di lettura, musicalmente parlando, sempre diversa. C’è sicuramente del pop, ma di quello buono davvero: si pensi a Sting, a Joe Jackson o a quel Peter Gabriel che di Kate Bush diverrà di lì a poco compagno di vita, anche se per breve tempo. Ma ci sono bellissimi retrogusti jazz, graffianti intermezzi rock (pochi, ma molto buoni), e un gusto per la scelta degli arrangiamenti e dei suoni (sia acustici sia elettronici, questi ultimi utilizzati con un garbo e con una delicatezza geniali) che è veramente raro riscontrare.
E sopra tutto, croce e delizia di questo album come di tutta la sua produzione, la voce di Kate: particolarissima, sottile, insinuante e con un timbro assolutamente unico, amato da molti e odiato da altrettanti, ma sicuramente tale da caratterizzare tutti i brani a tal punto che sembra impossibile pensarli cantati da qualcun altro. Chi l’ha ascoltata anche solo una volta, di sfuggita, magari nel duetto con Peter Gabriel in Don’t Give Up (tratto da quel disco inimitabile che è So, del 1986) sa perfettamente cosa intendo.

Ecco, questo piccolo gioiellino (poco più di mezz’ora di durata complessiva) è ciò che, nel 1980 e in Gran Bretagna, era considerato “pop da classifica”; oltretutto, si tratta di composizioni frutto di una ragazza poco più che adolescente. Questo disco, così apparentemente alieno da logiche “commerciali” e “di facile ascolto”, ha raggiunto i vertici delle classifiche in tutto il mondo, Italia compresa, lanciando singoli come Army Dreamers (sulla guerra), Breathing (sui disastri che provoca la guerra e l'uso sconsiderato dell'atomo) e soprattutto Babooshka, che diverrà uno dei più grandi successi di Kate Bush. Ma d’altra parte, questo era un periodo dove gente tipo i Genesis, o i Police, per non parlare dei Queen, non aveva difficoltà conquistare le classifiche ad ogni uscita discografica. Ai lettori ogni confronto con la situazione di oggi.

Kate Bush, pur conservando uno stile particolarissimo ed inconfondibile, alieno rispetto a gran parte delle produzioni mainstream, manterrà un solido successo internazionale per tutti gli anni ’80, per poi ritirarsi dalle scene durante gli anni ’90 ed effettuare un breve ritorno autocelebrativo nel decennio successivo. All’interno di una discografia certamente particolare e interessante, questo Never For Ever è una piccola chicca, che emana intatto il suo fascino anche a quarant’anni dalla sua uscita.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
86.66 su 6 voti [ VOTA]
Rob Fleming
Lunedì 24 Agosto 2020, 21.47.42
1
L'avevo su cassetta e, a differenza dei primi due, non mi è mai venuta voglia di comprarlo in formato "ascoltabile". Quindi mi ricordo di Babooshka e relativo video e poco altro. Ricordo però che dopo non mi è più venuta voglia di continuare a prendere e ascoltare suoi dischi.
INFORMAZIONI
1980
EMI
Rock
Tracklist
1. Babooshka
2. Delius (Song of Summer)
3. Blow Away (For Bill)
4. All We Ever Look For
5. Egypt
6. The Wedding List
7. Violin
8. The Infant Kiss
9. Night Scented Stock
10. Army Dreamers
11. Breathing
Line Up
Kate Bush (Voce, Piano, Tastiere)
John L. Walters and Richard James Burgess (Sintetizzatori)
Max Middleton (Tastiere, Minimoog)
Duncan Mackay (Sintetizzatori)
Michael Moran (Sintetizzatori)
Alan Murphy (Chitarra, Basso)
Brian Bath (Chitarra, Cori)
Paddy Bush (Cori, Balalaika, Sitar, Basso, Armonica, Mandolino)
Kevin Burke (Violino)
Adam Skeaping (Viola)
 
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