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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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27/08/2020
( 2037 letture )
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My little birdie is too scared to fly It stands on the ground, stones starin' up the sky But one day, my birdie, he's gonna fly away Where he's a-goin', lord knows, I just can't say Bye Bye Birdie
Qualcosa è cambiato per i Blues Pills e ha lasciato il proprio segno. Formati nel 2011, i quattro musicisti hanno rilasciato una costante serie di pubblicazioni, a partire dall’EP Bliss del 2012 e fino a Lady in Gold – Live in Paris del 2017. Due album in studio, due Live album, tre EP di cui uno sempre Live. Praticamente una o più pubblicazioni l’anno. Dal 2017, invece, il silenzio. I quattro si sono ritirati in Svezia, a Närke, e qui hanno costruito il proprio studio di registrazione (rigorosamente analogico), nel quale hanno poi iniziato a comporre il materiale per il terzo, attesissimo album. Soprattutto, hanno dovuto fronteggiare un grosso cambiamento interno: il chitarrista francese Dorian Sorriaux, che ha pubblicato un proprio album solista nel frattempo, ha lasciato la band e la cosa non deve essere stata indolore. Lo si nota anche dal fatto che nel comunicato che accompagna l’album il suo nome non sia mai indicato: un silenzio che vale più delle parole. La soluzione è forse quella più organica: Zack Anderson, songwriter assieme ad Elin Larsson della band, lascia il basso e passa alla chitarra, con l’ingresso di Kristoffer Schander al suo posto. Soluzione curiosa, ma certo non inedita e, come vedremo, che ha prodotto degli effetti. E’ un momento cruciale questo nella carriera dei Blues Pills, sia per la defezione di un membro storico certo non irrilevante, sia perché il terzo album porta con sé delle aspettative molto alte, giustificate dal fatto che il gruppo è forse il più noto a livello di retro rock e ha tutti i fari puntati addosso.
Eccoci quindi a Holy Moly! e alla sua copertina inevitabilmente retrò, con un pastiche art nouveau/psichedelia sessantiana che già aveva caratterizzato i dischi precedenti, ma con una connotazione decisamente meno colorata che in passato e quasi severa. Il tempo dei giochi e della spensieratezza è dunque finito? Non proprio. In realtà, non ci troviamo di fronte alcuna rivoluzione copernicana: Holy Moly! si inserisce in maniera del tutto coerente rispetto alla discografia passata della band e quindi la combinazione di blues rock, psichedelia, soul e attitudine sessantiana resta del tutto protagonista, così come la centralità della voce di Elin Larsson, che non ha per niente abbandonato il terreno congeniale del cantato blues, aggiungendo appunto semmai qualche ulteriore connotazione soul. Il nuovo arrivato al basso fa decisamente il suo lavoro, con un gran groove e si nota con piacere una potente prestazione della sezione ritmica, protagonista in senso adrenalico, con una bella spinta propulsiva e concreta, che spinge verso garage e hard rock, dando una sterzata di energia all’intero album. Stessa cosa può dirsi del lavoro chitarristico di Zack Anderson, decisamente più votato alla ritmica e al riffing che al solismo. Non che si perdano le connotazioni psichedeliche e quando serve il nostra sa anche intessere delicati arazzi attorno alla voce di Elin, ma diremmo che anche in questo caso è la concretezza ad avere la meglio, dando maggiori soddisfazioni a chi apprezza un sound più corposo, rotondo e potente. L’effetto sulla Larsson è grandioso: meno leziosità e più sangue, meno autocompiacimento e più corpo, al tempo stesso, più anima e meno estetica, a livello vocale. Finalmente, la voce graffia davvero anche su disco e non solo dal vivo, si sporca, scende nell’abisso e vola in cielo. Un piacere che si scopre col tempo, perché da principio, in realtà, poco sembra cambiare. Invece, questo approccio più diretto, più sanguigno, più asciutto e, ancora, concreto, si fa strada ascolto dopo ascolto e dona identità ad Holy Moly! rispetto ai suoi predecessori. D’altra parte, la band pesta decisamente sull’acceleratore nei primi tre brani: Proud Woman è chiaramente un inno, tutto cucito addosso ad Elin, con un riff scarno e una linea ritmica pulsante e dinamica, su cui la cantante fa il bello e il cattivo tempo. Low Road è invece uno schiaffo ad alta velocità, un pezzo tiratissimo e aggressivo, molto vicino all’hard rock, senza respiro dall’inizio alla fine, senza fronzoli, sparato in faccia senza rimorsi e ripensamenti. Dreaming My Life Away abbassa la velocità, ma non l’aggressività, con una Larsson scatenata. Pezzo semplice e fatto di niente, ma che tiene proprio in virtù dell’ottima interpretazione e della presa epidermica. California sembra invece spingere sul blues e sul soul, ma non lo fa affatto mollando la presa: la canzone è sicuramente più melodica e centrata anche sull’organo, ma attenzione alla prestazione di Elin Larsson, che indossa i panni della vocalità nera e stavolta rende un vero e sentito omaggio a Janis Joplin, con quei passaggi tra grinta roca e altezze pulitissime, ma sempre sofferenti, che fanno sognare. Rhythm in the Blood tiene fede al proprio titolo, con una tellurica base ritmica e una grandissima prestazione del duo Schander/Kvarnström; buona la melodia, senza dimenticare l’ottimo Anderson, che apre e tratteggia alla grande anche la successiva ballata, suadente e notturna, dal titolo Dust, altro proscenio per il Fender Rhodes e per la Larsson, mai così allusiva e sensuale:
Dust to dust, It’s only lust, Got noboby I can trust
Dust to dust It's only lust But it never was enough
Altra sventagliata di energia con Kiss My Past Goodbye, simile alle precedenti Dream My Life Away e Rhythm in the Blood, con una base ritmica saltellante e importante, sulla quale la chitarra detta un ritmo funky e insistito e la Larsson spara con la voce un ritornello dalla presa immediata. A dirla tutta, lo spettro dei Rival Sons comincia a farsi decisamente forte a questo punto, tanto che verrebbe quasi spontaneo chiedersi perché ancora non si sia potuto godere di un duetto Buchanan/Larsson, che farebbe la gioia di tutti gli amanti di queste sonorità. Da notare, ancora un riferimento al passato: quasi un mantra in questo album, come conferma anche la successiva e bellissima Wish I’d Known. Bellissima ballata, languida e soul, con l’ennesima grande prova della cantante, davvero ispirata e ispirante. Notare il bellissimo cambio di ritmo, che lancia il sottostante assolo di Andersson e il successivo coro: questo è un numero che riusciva alla grandissima ai Black Crowes e infatti i brividi, stavolta, sono davvero dietro l’angolo. Da notare come in questa seconda parte cresca decisamente il peso specifico delle ballate, il che dopo la partenza a razzo, porta ad un leggero calo di tensione e a farne le spese è proprio Bye Bye Birdie, che di per sé non è proprio una ballata, come ben esemplifica l’esplosione elettrica del ritornello e l’insistito martello della ritmica sotto l’assolo, ma manca di uno sbocco dinamico, centrandosi tutta su questo e sulle urla della Larsson, che da letteralmente fondo all’ugola. Lecito chiedersi chi sia l’uccellino che viene salutato nel brano: i più maliziosi diranno Sorriaux, probabilmente. La chiusura è affidata quindi a due brani d’atmosfera: si inizia con Song from a Mourning Dove, dolcissima nella prima parte con un sussurrato della Larrson che continua a tessere un filo diretto alla Joplin, salvo poi liberare la propria incontenibile ugola nella seconda parte, elettrica e carica di tensione, sulla quale ancora si apprezza l’ottimo arrangiamento e il misurato quanto efficace lungo assolo di chitarra. Chiude Longest Lasting Friend, dolcissima nell’ascolto, con un giro di chitarra pulito su cui Elin Larsson regala l’ultima magica interpretazione, tra soul e jazz, da pelle d’oca, con un testo che al contrario definire durissimo è poco:
Ooh, hey, hey, hey, old depression, here to stay Seems like you've been my longest lasting friend Ooh, hey, hey, hey, old depression, here to stay It's a-you and a-me till this bitter end
Oh, it's a-you and me till this bitter end Oh, it's you and me till this bitter end
Si chiude quindi dopo poco più di quaranta minuti il terzo album dei Blues Pills. Holy Moly! è un disco che nasce dal cambiamento, ma che non vuole stravolgere le carte e il gioco condotto finora. Il rinnovato quartetto, del quale d’altra parte sono rimasti invariati i compositori, riesce invece a portare la musica verso una maggiore asciuttezza, verso una resa più diretta e sanguigna, confezionando undici tracce che si reggono sulle proprie gambe anche da sole, tra anthem e ballate, tra iniezioni di adrenalina e atmosfere notturne e soffuse, senza per questo perdere l’identità tipica della band. Come detto, ad una prima parte decisamente più aggressiva, fa seguito una seconda parte più posata e d’atmosfera, una scelta che forse può togliere spinta all’ascoltatore, il quale in compenso, man mano che procede si ritrova sempre più invischiato nelle paludi della musica e dell’interpretazione di una grande Elin Larsson, probabilmente qua al suo picco di interprete. La maggior spinta rock, come detto, spinge verso i lidi dei RIval Sons, ma la componente sessantiana e psichedelica mantiene il tutto ancora su un versante non “hard”, se si esclude la benvenuta sfuriata di Low Road. Allora, cosa manca a Holy Moly!? Virtualmente, nulla. E’ quasi un disco perfetto, sotto tutti i punti di vista, fatto salvo appunto lo svolgimento dei brani, che può conquistare come no. E’ un disco che richiede tanti ascolti per rivelarsi appieno e infatti conquista sulla lunga durata, più che nell’immediato, quando si lascia che l’interpretazione dei quattro abbia la meglio sulla semplice e competente scrittura dei brani. Eppure, si ha ancora l’impressione che la band non sia riuscita a scavare davvero fino in profondità e resti bella, capace e coinvolgente, ma in superficie, senza andare in fondo e tirare fuori quell’anima sofferente e dolorosa che invece le farebbe fare il definitivo grande salto. La strada intrapresa è quella corretta e finalmente si comincia a sentire della carne e del sangue in questo involucro perfetto, come d’altronde dal vivo era già percepibile. Si può fare ancora di meglio, è sempre stato evidente e oggi, alzando l’asticella, lo è più che mai.
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Basta! Ho deciso! In ambito hard rock, sul versante più sanguigno e "valvolare" i Blues Pills hanno sbaragliato la concorrenza. I brani hard sono travolgenti; quelli melodici, complice anche la voce suprema di Elin Larsson, sono gioielli puri. Quando un gruppo compone e una cantante canta pezzi come Low Road; California; Song From a Mourning Dove; Longest Lasting Friend (chiudete gli occhi e immaginatela cantata da Jeff Buckley) siamo a livelli eccelsi. Oggi come 50 anni fa. Al terzo album hanno creato il loro apice compositivo. 85 |
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Ma infatti parlavo da giovane quando per me la musica era ancora un terreno inesplorato. I Deep purple nel 1986 mi sembravano vecchi, sbagliavo ovviamente ma in linea di massima un gruppo giovane come i Blue pills dovrebbero parlare ai giovani anche se questi ignorano un passato simile già vissuto e interpretato |
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@Tino: scusa, magari non mi sono ben spiegato; ho fatto il tuo nome solo per la frase "Se da 15enne quando da ragazzo impazzivo per kiss e irom maiden mi avessero detto di lasciare perdere e ascoltare le loro influenze, ad esempio wishbone ash, ufo, beatles, rolling stones o jethro tull, mi sarebbe entrato da un orecchio e uscito dall’altro". Ecco, io non ho mai lasciato perdere, accostando presente e passato. So' benissimo che la tua cultura musicale è ampia, e ci mancherebbe che discuto di questo.
Sul look ho una diversa opinione, ma sono cose soggettive 😉 |
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ovviamente la citazione dei toto è un lapsus, il titolo è dei dream theater. Aggiungo comunque che per me invece l'aspetto visivo, almeno per catturare la mia attenzione, è sempre stato (non sempre ma spesso) se non fondamentale molto importante, e ancora oggi considero il look metal, quello degli anni 80, una figata. é come il cibo o le bevande, mangio e bevo anche con gli occhi. |
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Scusa ma parla per te shock. Io ho scoperto i rush dopo aver adorato queensryche prima e dream theater dopo, cioè circa nel 1993, poi sono diventati tra i miei gruppi preferiti. Idem ad esempio per i deep purple o i rainbow che ho ascoltato bene non prima della metà degli anni 90 quando ero fan di Dio. Sono diventato fan sfegatato dei toto dopo aver casualmente visto un dvd che proiettavano alla mediaworld in una tv da dimostrazione, era quello del 2007 (penso) di falling into infinity. Potrei proseguire ad esempio con gli skynyrd che ho apprezzato in età avanzata o i journey, tutti gruppi che ho ripescato dopo aver ascoltato gruppi più recenti. Non sempre guardo indietro ma ogni tanto lo faccio anche io. |
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Per me l'unica cosa che ha sempre contato è la musica, il contorno è sempre stato un qualcosa che mi ha interessato ben poco; possono avere un look da Woodstock, ma neanche ci ho mai fatto caso.
La musica viene prima di tutto, ed al contrario di Tino io sono sempre stato curioso di conoscere ed ascoltare i gruppi del passato che hanno influenzato quelli del presente (che per presente intendo quando ero giovane): cosi ho sempre potuto avere ben presente la cronistoria della musica che adoro, partendo dalle radici fino ai giorni nostri, mentre c'e' chi ancor oggi non conosce gruppi del passato che sono storia.
Ben vengano quindi questi gruppi se permettono ai giovani di scoprire Woodstock e la Joplin, e i gruppi di fine anni sessanta/settanta, che permettono di avere un bagaglio conoscitivo molto ampio. |
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Quello che dici @tino, ci sta alla grande. Il punto è che oggi ragioniamo tutti (più o meno) da ultra quarantenni che masticano ed hanno masticato musica da tempo. Ma se penso a me 18enne non mi facevo troppe domande sulle zampe di elefante dei Black Crowes (anacronistiche già nel 1990) o nelle pose dei Guns (Slash era la miglior versione di Joe Perry che imita Jimmy Page, Les Paul alle ginocchia compresa). La domanda era: ci piace la proposta o no? Adesso, che di questi revival ne abbiamo vissuti parecchi personalmente sulla nostra pelle, magari ci stupiamo di meno o abbiamo il rigetto e ci rendiamo conto che gli stilemi sono i soliti. Ma è un ragionamento che si fa a suo tempo siamo andati a ritroso e scoprimmo che c'erano stati gli Hanoi Rocks, gli Stones, gli Ufo e i Black Sabbath... Quello che dici su Elin per me è centratissimo: già si vende poco, ma almeno una Larsson può accendere le fantasie anche extra musicali, di un giovinotto, molto di più di una Joplin. Ribadendo che poi l'album è bellissimo |
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Il gruppo non mi dispiace perché la cantante è veramente notevole e quindi fa da volano alla proposta globale, la musica un po’ meno perché non amo particolarmente certe sonorità vintage. Penso comunque che la polemica non scaturisca dalla musica in se ma dal mix che coinvolge anche l’aspetto visivo, come se il gruppo volesse “vivere” negli anni che furono, insomma sembrano usciti da woodstock. Questo accento marcato sull’aspetto visivo può portare a giudizi severi verso un gruppo che non fa altro che interpretare ciò che ama. Se questa loro interpretazione attuale di una musica e di un look vintage e superato può avvicinare giovani e giovanissimi a certa musica ben venga, tra l’altro è più facile catturare un ascoltatore giovane per una band di giovani piuttosto che di una band di potenziali loro nonni, anche se sostanzialmente suonano le stesse cose. Se da 15enne quando da ragazzo impazzivo per kiss e irom maiden mi avessero detto di lasciare perdere e ascoltare le loro influenze, ad esempio wishbone ash, ufo, beatles, rolling stones o jethro tull, mi sarebbe entrato da un orecchio e uscito dall’altro. Le riproposizioni, i revival, fatti da gruppi giovani dovrebbero servire per il cambio di testimone, per avvicinare i giovani, più facile che un ventenne sia attirato da una giovane e attuale elin larsson piuttosto che da una defunta janis joplin. Non so se questo è giusto ma solitamente funziona così. |
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Minchia certo che fate discussioni per ogni cazzata. Chi vuole li ascolta e chi vuole si ascolta i gruppi anni 60-70. Poi c'è chi fa come me che ascolta musica anni 20-30-40-50-60-70-80-90-2000 gruppi retrò, gruppi alla moda, gruppi inascoltabili per il 99.99% degli umani e gruppi che piacciono al 99,99% degli umani. La musica è bella tutta se ascoltata nel modo giusto e i Blues PIlls sono una band straordinaria che merita attenzione e son felice che ne ottengano parecchia. |
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il gruppo mi piace, i loro dischi mi piacciono, mi basta questo.
una volta tanto non ho voglia di fare le pulci ad una band che mi ha preso visceralmente e che mi fa divertire ascoltando la loro musica.
il resto rischia di diventare solo chiacchericcio da bar. |
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Occhio che alle prossime scuse con chiarimento finite a scopare. Comunque Lizard è (davvero!) un sapiente. |
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Shock....guarda che io non mi sono offeso...come tu scrivi le tue opinioni...le scrivo pure io...e non credo che ci sia nulla di male ...ne per me ne per te...ne per nessun altro....io ho scritto solo le mie impressioni personali rispetto al genere proposto...che come ti ripeto a mio parere e' un genere inutile perche' sono band stereotipate che fanno solo un perfetto copia incolla...almeno ci mettessero un briciolo di originalita' o personalita'...non sarebbe male...ho ascoltato un po di roba loro sul tubo ma sinceramente non mi dicono nulla...belle canzoni ma senza anima e personalita'!....non ti preoccupare che non mi offendo....anzi verrei anche a farmi qualche birra con te! |
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@Diego75: preciso: la mia e' solo un'opinione, poi ripeto che ognuno fa cosa vuole, senza nessuna offesa o supponenza. |
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@Diego75: ma perché io ti ho offeso? Allora la faccio più chiara. Prima di tutto, il disco lo hai ascoltato? Perché nei tuoi commenti non c'è niente, nessun appunto critico a questo disco. Seconda cosa: ho scritto quella frase semplicemente perché non capisco questi tipi di interventi (meglio gli originali, eccetera eccetera) tutte le volte che viene recensito un disco di un gruppo nuovo che si rifà ad un sound del passato, dall'hard rock al thrash. Se invece di 2020 ci fosse scritto 1970 i giudizi di tanti, compreso il tuo, sarebbero diversi, come se l'unica cosa che importi è che un disco esca nel periodo giusto. Quindi la musica classica, ad esempio, non dovrebbe più da secoli avere nuovi compositori, meglio i Mozart o Beethoven, che uno uno moderno.
Ma allora per quelli come te la musica è morta da anni, benissimo, ma allora il tuo commento qui è superfluo, visto che neanche prendi in considerazione questi gruppi, giusto?
Poi puoi fare cosa vuoi, ma sarebbe meglio un intervento critico sul disco che non il solito "sono meglio gli originali", trito e ritrito.
@Galilee: arroganza? Invece tu quando tiri merda su un gruppo, reo di essere incapace a scrivere musica decente (esempio, Warbringer), o tirare fuori frasi del tipo "io con la mia esperienza e conoscenza so' distinguere la musica di qualità", che cos'è?? Chi non ha peccato scagli la prima pietra.
Sul disco: probabilmente il miglior disco del gruppo, con la migliore interpretazione di Elin (sentire California, canzone SUPERBA) ed un approccio che finalmente non riuscivano pienamente ad avere su disco.
Manca ancora un gradino per elevarli all'olimpo del genere ma siamo sulla buona strada. E pazienza se non riporta la data del 1970, questo è un ottimo disco.
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Grazie Galilee...come tutti abbiamo il nostro carattere e i nostri gusti in fatto di musica...boh forse saro' ancorato troppo al passato...semplicemente esprimo le mie opinioni che rimangono tali..ma non ho l'intenzione di offendere nessuno...dopo ognuno di voi puo' giudicare liberamente i miei commenti...ci mancherebbe altro....grazie! |
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Sono rimasto al primo disco che mi era abbastanza piaciuto, poi son passato ad altro. Ovviamente e come quasi sempre, d'accordo con il pensiero di Lizard. E continuo a non capire questa arroganza nel voler non rendere lecita l' opinione altrui se non è in favore dell'artista. Non sono quasi mai in sintonia con Diego75, e spesso ribatto, ma sono felice che sia libero di esprimersi. |
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Rob fleming....da un lato hai ragione anche tu...ma dall' altro io non vedo niente di nuovo...o meglio non vedo nemmeno un tocco di personalita' propria nelle band che ripropongono questo tipo di musica...sono troppo stereotipate...come dire vabbe' propongo questo genere ma al contempo ci metto qualche cosa di mio "originale o personale che da quel tocco in più...e' quello che intendo. |
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Shock...a parte che non debbo rendere conto a te dei miei commenti...non credo di avere offeso nessuno in particolare. |
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Anche io sono contrario a questa forma di ripescaggio di determinate sonorità e ovviamente la penso così anche nel metal, ma devo dire che loro sono realmente bravi e che pochi saprebbero scrivere una canzone come california. L'album è molto piacevole anche se tra deep purple,ulver ,motorpsycho e soprattutto il live dei metallica so già che non avrà vita lunga nelle mie casse. Unico appunto , la voce della cantante non riesce a coinvolgermi troppo. ps credo sia in uscita anche l'ultimo di Walter TRout. |
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A mio avviso sonoegittime tutte le posizioni, ciascuna con una parte della verità. Ben venga quindi la rappresentazione delle varie istanze finché rispettose. Dal mio punto di vista, la differenza, più che la forma la dà la sostanza: l'ispirazione, la capacità di creare emozioni nell'ascoltatore, la qualità del somgwriting e degli interpreti. Tutte cose che ritrovo in questo disco e che non ritrovo in altri interpreti del retro rock e, se è per questo, neanche in tanti "originali", intendendo con questo artisti dell'epoca "giusta" che non avrebbero saputo scrivere un album così neanche per la propria vita. |
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Scusami @Diego75, dando per pacifico che ognuno ascolta quello che vuole, ti chiedo: quali Sabbath? Quelli con Ozzy? Dio? Gillan? Martin? Hughes? E quali delle 1500 formazioni degli Hawkwind o degli 8 Mark dei Purple preferisci? Se ogni tempo ha la sua musica, potresti indicarmi - la mia è autentica curiosità, senza intenti provocatori - qual è quella del 2020? Ieri ho ascoltato per tre volte di fila l'ultimo dei Biffy Clyro: strepitoso. Sono originali? No. Fanno musica eccellente? Sì. Ti piacciono gli Alice in Chains? Anch'io li adoro. Hanno offerto una proposta nuova? Dubito. Come dice @Shock, magari uno parte dai Blues Pills e va a ritroso. Elin è una cantante clamorosa. Cosa le facciamo cantare? Il blues? il soul? L'R'n'B? Ci sono già state Aretha, Etta, Nina quindi potrebbe anche lasciare perdere. Se poi il gruppo non ti piace, non entro nel merito, ma con la storia che o si propone qualcosa di nuovo o è meglio suonare cover, daremmo ragione a chi sostiene che il rock è morto nel '75 (o l'anno che preferisci). |
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Ed allora ascolta quei dischi e non questi, quindi eviti questi commenti, giusto?? |
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Sinceramente....meglio che mi ascolti Jimi Hendrix, gli hawkwind, i black sabbath e i deep purple...magari quelli con rod evans...queste band che propongono il rock anni 60/70...non hanno senso al giorno d'oggi e appaiono ridicoli...la classica moda come quella del revival thrash....ogni tempo ha la sua musica!...come se dovessero riproporre il grunge anni 90....impensabile....riproporre i motherlove bone...gli Alice chains con stanley ecc. GLI ORIGINALI SONO I MIGLIORI!...il revival non ha nessun valore. |
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...sicuramente shock....hai detto cose giuste....ma onestamente tutte queste bands di rock retro'....non mi hanno entusiasmato......manca qualcosa...c'e' sempre la voglia di ascoltare gli originali....questi come le altre bands le vedo come le cover bands da pub....buone per una serata con una bella birra gelata....ma nulla di piu'..... |
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Il parere del disco lo do la prossima settimana perché ho iniziato ad ascoltarlo ed il computer ha deciso di morire, ma rispondo a @Duke.
I motivi di comprare questi CD sono tre: primo, se uno già possiede gli originali può comprare benissimo questi dischi che contengono buona musica; secondo, chi non conosce i gruppi anni sessanta/settanta se compra questi dischi può essere invogliato a comprare quelli del passato per scoprire le radici di questo sound; terzo, perché quei gruppi NON ESISTONO PIÙ, quindi ascoltare gruppi nuovi che propongono un certo sound, se fatto con buone canzoni, e' una cosa positiva. Non è che quando Mozart o Beethoven sono morti non si è più fatto musica classica, si è andati avanti con altri compositori, anche nel metal hard rock se non ci sono più gruppi del passato si può andare avanti con altri nuovi gruppi.
La musica deve andare avanti, non morire... |
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Ero abbastanza scettico, i singoli non mi sembrano particolarmente accattivanti. Poi ho ascoltato California (e Song From a Mourning Dove) e non ho capito più nulla. In attesa che mi arrivi nel suo formato fisico lo ascolto a ripetizione e ho cambiato radicalmente parere: album stratosferico, forse il loro migliore. Per quanto mi riguarda in giro dopo Beth Hart c'è solo Elin (e Zack Anderson si dimostra gran bel chitarrista). |
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....ma piuttosto che comprare questi cd....non sarebbe meglio riscoprire i dischi realmente usciti negli anni sessanta?......certo i dischi retro' possono pure essere carini.....ma l'originale e' meglio della copia con la carta carbone.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Proud Woman 2. Low Road 3. Dreaming My Life Away 4. California 5. Rhythm in the Blood 6. Dust 7. Kiss My Past Goodbye 8. Wish I’d Known 9. Bye Bye Birdie 10. Song From a Mourning Dove 11. Longest Lasting Friend
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Line Up
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Elin Larsson (Voce) Zack Anderson (Chitarra) Kristoffer Schander (Basso) André Kvarnström (Batteria)
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RECENSIONI |
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