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Lapsus Dei - Sea of Deep Reflections
02/09/2020
( 716 letture )
Per ascoltare una delle ultime release in ambito doom bisogna spostarsi in un territorio dalla cornice esotica, più precisamente lungo le coste del Sud America. I Lapsus Dei provengono dal Cile e sono attivi dal 1998, anno in cui iniziano a dedicarsi al progetto. Dopo un paio di demo ed un EP dal titolo When a Dead Cry for His Soul..., il loro primo full lenght Beyond the Truth vede la luce nel 2005. In seguito, verranno pubblicati altri due full length, tra cui In Our Sacred Places, già esistente sotto forma di EP nel 2010 e completato cinque anni dopo. Alejandro Giusti è il frontman, dedicandosi sia alla voce sia alla sei corde, Rodrigo Poblete si occupa della lead guitar e non lesina di dare anch’esso il suo contributo dietro al microfono, permettendo così alla band di avere un’alternanza sia dal punto di vista vocale sia chitarristico, mentre a completare la formazione ci pensano Jose Agustin Bastias al basso e Luis Pinto alla batteria. Nell’anno corrente esce il loro nuovo album Sea of Deep Reflections targato Sliptrick Records, ed i Lapsus Dei sono pronti a regalarci un’altra testimonianza di doom metal moderno; come vedremo, una definizione che sta loro molto stretta. Non ci rimane quindi che lasciarci naufragare in questo mare di riflessioni profonde.

Ci accoglie Falling Apart, primo singolo estratto di cui è stato anche girato un video, la quale mostra fin da subito come qualunque tentativo di classificare la proposta dei Lapsus Dei porterebbe ad una definizione manichea. Sebbene l’intro sia progressive che più progressive non si può, con un lungo giro di basso che si avvita su se stesso, proseguendo nell’ascolto possiamo incrociare aspetti sostanzialmente diversi da quanto ci si può aspettare, tra cui un ritornello molto alternative rock, e addirittura di doom si trovano poche tracce. The Call of Sirens viene annunciata da un lungo suono acuto, facendo quasi propendere che il titolo si riferisca più alle sirene attuali che alle creature mitologiche descritte da Omero. L’elettronica ha un peso davvero preponderante, sebbene l’impronta principale del brano sia progressive, comprese parti quadrate e rallentamenti pesanti, con chiaro riferimento al teatro dei sogni del periodo Black Cloud and Silver Lightning e A Dramatic Turn of Events. Interessante l’inserimento di tastiera a metà della durata, che sembra quasi una versione light del melodic black norvegese. Non è finita qui, perchè durante il bridge si ha prima una brevissima sezione acustica per poi lasciare velocemente spazio al lungo ma bellissimo assolo. Il viaggio prosegue con la traccia più lunga dell’album, Naufragos, e come ci fa intuire il titolo la canzone è cantata interamente in spagnolo. Dopo un inizio più atmosferico e malinconico, dove i nostri sembrano riflettere sulla loro triste condizione di naufraghi bloccati e dispersi nel mare, con lo scoccare del secondo minuto si accelera di netto. La cavalcata è interrotta da un breve ma imponente stacco sinfonico, per poi proseguire fino al ritorno della voce, che esibendosi lungo tutto il segmento arioso raggiunge il suo apice, sottolineando i toni tragici del brano. Come un’onda impetuosa emerge l’assolo, il migliore sentito finora che non smette di meravigliare per tutta la sua lunghezza, mentre la componente sinfonica aggiunge ulteriore drammaticità al sound dei nostri marinai sudamericani. Negli ultimi minuti ci aspetta ancora una lunga fuga strumentale, attorno alla quale fa da cornice un’ambientazione eterea e per certi versi spettrale. Non dev’essere terminato bene il naufragio, poichè ci viene presentata la traccia più cattiva del platter. In The Last Trip si apre una parentesi a se stante per quanto riguarda l’andamento dell’album, dal momento che se in partenza sembra percorrere le coordinate viste fino adesso, dal punto di vista vocale e strumentale già da subito si assiste ad una svolta non di poco conto verso lidi più estremi. Non è comunque una novità che il growl possa sposarsi bene con le incursioni stilistiche del progressive, e questo caso non fa eccezione, soprattutto se consideriamo che vengono aggiunti in sottofondo dei riff di matrice black, atti a sottolineare l’oscurità delle liriche. Il massimo del pathos lo si raggiunge già a metà brano, ma dopo un breve intermezzo che serve a far riemergere la vena malinconica della chitarra, nel finale viene scatenata nuovamente la pesantezza ritmica. In contrapposizione arriva subito la seguente Colossus, che a dispetto del titolo imponente parte molto in sordina e quasi in punta di piedi, prendendo lo slancio un po’ alla volta fino allo stacco dove poi ricompare il growl. Anche questo brano presenta una durata considerevole, rasentando quasi gli otto minuti, durante i quali è facile perdersi tra rallentamenti ipnotici, passaggi di batteria schematici e riff rocciosi che impattano con la voce in growl, per questo risulta il più ostico da assimilare, necessitando più di qualche ascolto. Di tutt’altra pasta Alone I Break, non perchè sia di per se banale per carità, ma perchè ci troviamo di fronte ad una composizione sicuramente più accessibile e d’impatto, sia quando si tratta della prima parte acustica, sia quando ci si sposta verso la fase più extreme e il doom è presente nel vero senso della parola. Come dice il titolo, con Arrival arriviamo così al termine del lavoro, ed il viaggio dei marinai finisce come era iniziato, in un’ambientazione dove regnano la malinconia e la desolazione, ma dove sembra che il dolore se ne sia andato, forse per aver affrontato le vicissitudini ed esserne usciti vincitori, o forse per aver acquisito una nuova consapevolezza di se stessi, lasciando comunque una sensazione di amarezza di fondo.

I Lapsus Dei sono difficili da classificare come dicevamo in apertura. Il sound è astratto ed etereo, fungendo da colonna sonora ideale per il viaggio introspettivo di cui parla il concept, portando l’elemento chiave più verso le sperimentazioni del progressive che verso la pesantezza del doom, sebbene non manchino molte aperture dedicate al genere suddetto. Per chi è avvezzo alle sonorità doom la proposta dei Lapsus Dei potrebbe risultare eccessivamente edulcorata e poco consistente, tuttavia se si valuta l’album in se troviamo sicuramente un ottimo lavoro, con musicisti che danno la precedenza alla forma canzone e a soluzioni armoniche pur avendo dalla loro un bagaglio tecnico da far invidia. Purtroppo, capita di trovare dei momenti che scivolano addosso come l’acqua, che non si fanno ricordare particolarmente, ma che nel complesso svolgono il ruolo di supporto ai momenti clou una volta metabolizzati con il progredire degli ascolti. Se si cerca qualcosa di non particolarmente diretto e di evasione, Sea of Deep Reflections potrebbe fare al caso vostro, magari mentre siete immersi in un periodo di riflessioni profonde.



VOTO RECENSORE
71
VOTO LETTORI
86.7 su 10 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2020
Sliptrick Records
Doom
Tracklist
1. Falling Apart
2. The Call Of Sirens
3. Naufragos
4. The Last Trip
5. Colossal
6. Alone I Break
7. Arrival
Line Up
Alejandro Giusti (Voce, Chitarra)
Rodrigo Poblete (Chitarra, Voce)
Jose Agustin Bastias (Basso)
Luis Pinto (Batteria)
 
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