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Long Distance Calling - How Do We Want to Live?
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15/09/2020
( 1432 letture )
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A distanza di qualche anno da Is This the Life We Really Want? tornano le domande esistenzialiste con How Do We Want to Live?. Stessi interrogativi, ma generi diversi e questa volta non tocca a Roger Waters, ma ai Long Distance Calling. La band tedesca nel tempo si è confermata fra le più interessanti, proponendo una matrice post rock, fortemente influenzata da strutture progressive, una quasi totale assenza di un comparto vocale (ad esclusione di una sola canzone) e diversi inserti di elettronica in pieno stile teutonico. Tra titolo e copertina è lapalissiano che ci si trova di fronte ad un disco dalla forte indole intimista: il senso della vita, la direzione del futuro e la percezione delle dicotomie sono tutti temi collegati dal fil rouge fantascientifico. Chitarre rarefatte, synth elettronici, sezioni geometriche ed esplosioni controllate sono alcuni fra gli elementi in grado di far percepire nitidamente all'ascoltatore una sensazione di progressione temporale molto netta, soprattutto se ad accompagnare la musica ci sono i video in pieno stile Black Mirror che la band ha rilasciato su YouTube.
In un incipit dai forti richiami pinkfloydiani una voce campionata parla di curiosità, intesa come forza motrice dell'essere umano. Essa porta al progresso, che inevitabilmente conduce a dei bivi e -di conseguenza- alla domanda su come si vuole affrontare la vita. Questione più che lecita nel contesto pandemico moderno in cui questo disco ha visto la luce. La cassa batte al tempo di un cuore molto lento, mentre il tappeto elettronico rende l'ambiente etereo e distante. La sensazione di spazio profondo e ghiaccio siderale di Curiosity (Part 1) viene rotta dalla successiva Curiosity (Part 2). Il brano, dopo un'apertura veicolata dalla batteria gonfia e prepotente di Janosch Rathmer, cambia registro decelerando il tempo e lasciando spazio alle chitarre del duo Jordan/Funtmann, tra fraseggi clean in palm muting e brevi sezioni soliste scevre di tecnicismo, ma ricche di pathos. Sul finale la sezione ritmica si concede uno sfogo più rabbioso e le rullate dietro le pelli emancipano i passaggi distorti delle sei corde. Il cambio di sound di Hazard strizza l'occhio ai fan dei God is an Astronaut grazie ad arpeggi in clean e un andamento melodico molto catchy. I fraseggi in palm mute (arricchiti dalla giusta quantità di riverbero) continuano ad essere un tratto distintivo della band, mentre i tappeti di synth e i cambi del pattern ritmico traghettano l'ascoltatore con estrema facilità. Hazard si spezza a metà brano con una voce campionata e un mood sospeso che esplode senza troppi mezzi termini in uno dei soli più emozionanti e -nella sua semplicità- più riusciti del disco, regalandoci un momento di introspezione e forte carico emotivo. La batteria scandita ed i synth quadrati e regolari aprono Voices -pezzo che insieme al precedente è stato scelto come singolo- traghettandoci immediatamente in una dimensione a cavallo tra il virtuale e l'onirico. I Long Distance Calling richiamano la tradizione elettronica tedesca, con un innesto molto valido e che li contraddistingue da un post rock più classico. Le chitarre continuano a veicolare gli stati emotivi della composizione, che dopo i primi tre minuti inizia ad aprirsi e farsi strada nella sfera emotiva dell'ascoltatore, fino a giungere progressivamente al finale dove vengono dipinti paesaggi lontani e sempre più aridi e spigolosi. Quello che più colpisce di tutta Voices è senz'altro la grande sensazione di equilibrio e omogeneità con la quale la band guida saggiamente l'ascoltatore, mantenendo un filo tematico molto forte, ma tutt'altro che ripetitivo o noioso. La malinconica Fail/Opportunity abbassa il tiro del platter per un momento, lasciando una mesta boccata d'aria fra violini e beat elettronici ben prodotti. Dopo aver fatto il giro di boa a metà tracklist procediamo sul filone digitale tramite synth e delicate note di chitarra distorta. Il mood creato da Immunity è triste e nostalgico, arricchito da dei passaggi quasi noise che ne emancipano il lirismo musicale. Il finale risulta heavy e convincente, anche se leggermente fuori dal contesto del brano. Sharing Thoughts mette sul piatto una progressione molto semplice ma ben riuscita, tra stilemi classici dei Long Distance Calling e aperture floydiane che si integrano perfettamente nello stile della band. La longeva composizione ha tutto il tempo di evolvere tra momenti di maggiore tensione e altri più violenti, tuttavia una delle caratteristiche più pregevoli è la scelta delle distorsioni delle chitarre che risultano tanto aggressive quanto raffinate. Giunge infine il momento del brano cantato del lotto: Beyond Your Limits vede la collaborazione di Eric A. Pulverich (Kyles Tolone) che si integra perfettamente nel comparto musicale dei tedeschi, grazie ad una voce ricca di carattere. Questo pezzo si rispecchia maggiormente nella classica forma canzone, tramite la quale i nostri abbandonano momentaneamente le sperimentazioni post rock. True/Negative è un breve interludio a cavallo fra il post e l'industrial, con sonorità decisamente più pesanti grazie a un beat cupo e alle urla rumorose delle chitarre saturate. In netto contrasto con la positività dei messaggi inviati fino ad ora, il discorso che apre Ashes dipinge la tela di un futuro andato per il verso storto, dove ormai il genere umano e diventato un virus e la macchina la sua cura. La musicalità del brano, profondamente intimista e introspettiva rispecchia la tematica del brano. Un plauso finale va alla chiusura del pezzo quando tutto si sposta sulla cassa destra e viene filtrato prontamente. Una scelta di produzione pulita e perfetta.
Proprio parlando di questo aspetto non si può non esaltare un bellissimo lavoro nella fase di missaggio e master: non solo dei suoni ben prodotti, ma anche delle soluzioni tecniche che permettono dei momenti di transizione fra sezioni difficili da conciliare. Inoltre vi è una buona cura del panning e dei differenti strati sui quali posano i singoli strumenti, caratteristiche fondamentali nel momento in cui si decide di incidere un disco per la maggior parte strumentale. How Do We Want to Live? è un disco che parte con il botto e nella seconda metà tende un po' a scendere mantenendo comunque molto vivo il discorso musicale. Nonostante qualche momento in cui suona leggermente ripetitivo, questo lavoro dei tedeschi è dotato di un carattere molto definito. A mettere la ciliegina sulla torta è l'ottimo innesto di elettronica che, per chi ama il genere, è un plus che rende l'ascolto fortemente consigliato.
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4
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Rock per intenditori. Che classe sopraffina. La Band più sottovalutata in assoluto, ancora una volta ci regala un gran disco. Avanti cosi! Il tempo darà loro ragione! |
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3
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Amo il post rock. Quindi mi piacciono, visto che il loro è anche abbastanza spostato verso il metal! Appena riesco farò mio quest album! |
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2
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Bellissimo disco progressive. Ho preso l'edizione limitata in vinile ed è splendida. 88. |
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1
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...band di gran qualita'.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Curiosity (Part 1) 2. Curiosity (Part 2) 3. Hazard 4. Voices 5. Fail / Opportunity 6. Immunity 7. Sharing Thoughts 8. Beyond Your Limits 9. True / Negative 10. Ashes
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Line Up
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David Jordan (Chitarra) Florian Funtmann (Chitarra) Jan Hoffmann (Basso) Janosch Rathmer (Batteria e Percussioni)
Musicisti Ospiti: Eric A. Pulverich (Voce nella traccia 8)
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RECENSIONI |
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