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Almyrkvi / The Ruins of Beverast - Split 2020
24/09/2020
( 677 letture )
Non male. Decisamente non male. Che si sia fan o che ci si approcci per la prima volta a due delle entità di maggior spicco nella scena black metal europea contemporanea, lo split album di Almyrkvi e The Ruins of Beverast offre quarantadue minuti di musica intensa, oscura, ben fatta. L'approccio delle due band alla materia è assai diverso, pur essendo molto simile: entrambe fanno di una decadente e maligna eleganza il proprio credo, percorrendo però sentieri ben distinti.

Il primo ad aver diritto ad esprimersi è il duo islandese composto da Bjarni Einarsson alla batteria e da Garðar S. Jónsson, che invece si occupa di tutti gli altri strumenti. Il black metal da loro proposto riparte da quanto fatto nel loro unico lp, Umbra, datato 2017, spingendolo verso lidi meno violenti e rozzi, più prossimi sia ad un progressive che non di rado ricorda quello degli Opeth à la Blackwater Park, tanto deprimente ed asfissiante quanto delicato e leggiadro, che a sonorità dari ambient prossime a storici progetti dark ambient come quello dello svedese Peter Andersson, Raison d'Être. Già Asomatous Grove, la prima arringa degli Almyrkvi, dichiara qual è il percorso che i due musicisti scandinavi hanno deciso di intraprendere: un mid tempo di dieci minuti nel quale si alternano differenti sensazioni, tutte parimenti squisite e perverse, forse il punto più alto dell'intero split album. La successiva Managarmr accelera un poco, pur non potendo dirsi comunque puro black metal. Non c'è spazio per chitarre a zanzara né per i blast beat. Ed ancor meno è lo spazio per il lo fi: la produzione ed il missaggio sono chiarissimi e puliti, tutto è perfettamente comprensibile. I nove minuti e cinquantadue secondi di black metal progressivo ed epico insieme, magniloquente come un poema omerico e tenebroso come la poesia di Baudelaire, scorrono senza intoppi né sbavature e lasciano infine il posto, dopo un outro di puro dark ambient "anderssoniano" (come già proposto nel brano precedente), alla one man band tedesca compagna di viaggio.

The Grand Nebula Pulse, la prima canzone marchiata The Ruins of Beverast, evolve il sound della band verso un tribalismo ipnotico ed atavico del quale Alexander Von Meilenwald aveva già dato prova in passato, seppur ancora in forma impura ed embrionale, in brani come Surtur Barbaar Maritime, seconda traccia del più recente -e coetaneo del debut album dei compagni di viaggio- Exuvia. Le percussioni si pronunciano in un ritmo blando e ripetitivo, sul quale sinuose volute d'incenso si sviluppano e si protendono verso l'alto: verso un dio? Verso l'universo? Per oltre dieci minuti l'ascoltatore viene cullato da sensazioni lisergiche ed oltremondane, evocate egregiamente dai cori baritonali che tessono nenie accompagnati dal basso e dalla chitarra, anch'essi tautologici e ridondanti come in un antico rituale sciamanico. La successiva Hunters riporta il black metal al centro dell'attenzione. Un black metal, di nuovo, elegante, pur nella sua rozza schiettezza (se vogliamo, una proposta antitetica rispetto a quella del duo islandese), che tuttavia stona leggermente in uno split così. Quanto udito sinora, infatti, è musica black metal solo nell'intimo, in profondità ma le sonorità, sebbene oscure e maligne, solo sporadicamente hanno fatto del black metal la propria esteriorità. Qui, invece, tornano quegli stilemi mefistofelici e perversi che, sebbene egregiamente resi grazie all'esperienza e alla grazia di Von Meilenwald, smorzano la carica poetica dello split.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
35 su 2 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2020
Ván Records
Black
Tracklist
1. Almyrkvi - Asomatous Grove
2. Almyrkvi - Managarmr
3. The Ruins of Beverast - The Grand Nebula Pulse
4. The Ruins of Beverast - Hunters
Line Up
Almyrkvi:
Garðar S. Jónsson (Voce, Chitarra, Basso, Tastiere)
Bjarni Einarsson (Batteria)

The Ruins of Beverast:
Alexander Von Meilenwald (Tutti gli strumenti)
 
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