IN EVIDENZA
Album

Atrophy
Asylum
Autoprodotti

King Gizzard and The Lizard Wizard
PetroDragonic Apocalypse
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

29/03/24
COFFINS
Sinister Oath

29/03/24
WRISTMEETRAZOR
Degeneration

29/03/24
THE QUILL
Wheel of Illusion

29/03/24
IVORY TOWER
Heavy Rain

29/03/24
CANTIQUE LÉPREUX
Le Bannissement

29/03/24
RIITASOINTU
Pedon Leikki

29/03/24
WAIDELOTTE
Celestial Shrine

29/03/24
GIVRE
La Cloître

29/03/24
DARKESTRAH
Nomad

29/03/24
MNHG
Necare

CONCERTI

29/03/24
ENUFF Z’NUFF
BORDERLINE CLUB, VIA GIUSEPPE VERNACCINI 7 - PISA

29/03/24
VANEXA
CENTRALE 66, VIA NICOLÒ DELL\'ABATE 66 - MODENA

29/03/24
A JOURNEY IN DARKNESS (day one)
CENTRALE ROCK PUB - ERBA (CO)

29/03/24
TYGERS OF PAN TANG + SONS OF THUNDER
SANTOMATO CLUB - PISTOIA

29/03/24
VANEXA + SILENZIO PROFONDO + AETHER VOID
CENTRALE 66, VIA NICOLÒ DELL\'ABATE 66 - MODENA

29/03/24
CHRISTINE X
SFIZI LONGOBARDI, VIA S. PANTALEONE 12 - BENEVENTO

29/03/24
500 HORSE POWER + GAIN OVER
BORN TO BE WILD MC PADOVA, VIA GUIDO NATTA 14 - RUBANO (PD)

29/03/24
HARKANE
GREENWICH FONTANIVA, VIA GUGLIELMO MARCONI 104 - FONTANIVA (PD)

29/03/24
NO MORE HEAD TRIPS
RICKYS - CATTIVI MA BUONE, VIA COMMERCIALE 12 - ABBAZIA PISANI (PD)

29/03/24
SLUDDER + BUSCEMI’S EYES
CIRCOLO ARCI AGORÀ, VIA MONTE GRAPPA 27 - CUSANO MILANINO (MI)

Memory Garden - Mirage
10/10/2020
( 778 letture )
Non scopriamo certo oggi che la Svezia è una delle culle della più fiorente scena metal mondiale e questo perlomeno lo si può affermare con certezza fin dalla metà degli anni ’80, quando un certo Quorthon immetteva sul mercato il primo album omonimo della sua creatura più celebre, i Bathory. Che si parli di black metal (Dissection, Marduk, Naglfar), di death (Nihilist, Entombed, Dismember), di power (Hammerfall, Sabaton), di prog (Meshuggah, Opeth, Pain Of Salvation) o di una qualunque tra le correnti più disparate del genere la Svezia ha almeno un rappresentante di tutto rispetto, il più delle volte definibile “storico”. E ci fermiamo al metal, perché se sforassimo in campo pop, punk o elettronico vi sarebbe da parlare ancora e ancora.
Oggi però ci concentriamo su una branca precisa del metal, ovvero il doom; anche in questo caso rimanendo in confini svedesi i nomi fioccano con facilità: dai padri putativi Candlemass fino ai più moderni Katatonia, passando per realtà un po’ meno celebri come Count Raven, Avatarium, Sorcerer e Witchcraft anche qui la Svezia ha le sue ottime carte da giocare.
Ma se torniamo per un attimo all’inizio degli anni ’90, quando le principali diramazioni dell’heavy metal stavano acquistando vita propria e un’autonomia definitiva, ecco che vediamo sorgere una piccola cerchia di musicisti dediti alle sonorità più catacombali di derivazione Black Sabbath e Saint Vitus, raccolti intorno alla figura di Messiah Marcolin, all’epoca noto per essere l’ex cantante dei Candlemass e voce iconica di album già glorificati come Nightfall e Ancient Dreams. Nel ’92 Marcolin aveva fondato i Memento Mori, band destinata a diventare cult fra gli appassionati del genere, anche se mai vicina alla fama dei Candlemass; proprio intorno al sound del nuovo gruppo di Marcolin molte realtà musicali nascenti provarono a costruire il proprio stile e tra questi ecco spiccare i Memory Garden, meritevoli di aver guadagnato un contratto con Metal Blade Records nel 1996. La band nasce a Kumla, nella contea di Örebro, nel 1992 e prende il proprio nome dal brano quasi omonimo degli americani Trouble – altro gruppo storicamente padrino del doom – contenuto nell’album Manic Frustration, sempre del ’92. Dopo pochi cambi di formazione e tre Ep gli svedesi pubblicano nel ‘96 il primo album, Tides, caratterizzato da sonorità puramente heavy/doom accompagnate da abbondanti ricami melodici da parte delle chitarre che richiamano espressamente la corrente più gothic del genere, la quale da qualche anno stava raccogliendo ampi consensi in Inghilterra. È così che la band si guadagna le attenzioni di Metal Blade Records, che li scrittura per il secondo disco: in Verdict Of Posterity, uscito nel 1998, le cose iniziano a cambiare e il suono roccioso dei Memory Garden si nutre progressivamente di influenze power metal, fatte di doppia cassa, cori e voci acute, nonché di parti acustiche dal sapore folk. L’album è indubbiamente ben riuscito ed apre agli svedesi le porte di un relativo successo.

Dunque nel 2000 ecco che i cinque musicisti tagliano il traguardo del terzo disco, intitolato Mirage. Qui si ha la fusione completa tra l’heavy metal roccioso e cadenzato dei primi Ep, il doom del primo album e le sempre più ingenti pulsioni power metal che avevano segnato il disco precedente. Mirage presenta più brani dei dischi che lo hanno preceduto e anche il minutaggio si fa più ridotto; le strutture dei brani diventano più concise e la forma canzone acquista importanza. Già in Verdict Of Posterity gli svedesi si erano fregiati della presenza di Mike Wead – già chitarrista nel Nightfall dei Candlemass e braccio destro di Messiah Marcolin anche nei Memento Mori – alla produzione e questo si ripete anche in Mirage, dove si avverte maggiormente la presenza del produttore, che forse ha contribuito all’avvicinamento dei Memory Garden al sound dei Memento Mori, per l’appunto.
Il disco si apre con un lugubre spoken word che funge da introduzione per la durissima A Long Grey Day, heavy metal puro che concede qualche divagazione a incisi chitarristici NWOBHM mentre la voce di Stefan Berglund si muove su registri acuti, non senza qualche sbavatura. Va lodato il lavoro fantasioso di Anders Looström e Simon Johansson alle chitarre, veri e propri forgiatori del sound di Mirage, insieme al furioso e preciso batterista Tom Björn. Il basso di Ken Johansson si fa largo prepotentemente in Hallowed Soil, il cui riff principale strizza inaspettatamente l’occhio alla compattezza di un certo industrial metal di ispirazione tedesca; il brano prosegue poi con pregevoli parti soliste di chitarra per poi presentare a metà minutaggio un bel riff stavolta di gusto speed metal, dove la doppia cassa può sbizzarrirsi. La voce di Berglund qui risulta più amalgamata nel contesto anche se continua a non convincere del tutto. Meglio la sua prova sulla seguente Shade, dove il registro più basso si confà maggiormente alle atmosfere finalmente più epiche e doom, ma il picco lo si ha con Navigate, dove tutte le influenze degli svedesi trovano compimento in un brano compatto e diretto, ma dalla fortissima carica emotiva. Da questo momento la qualità dell’album si alza e i Memory Garden infilano un brano più bello dell’altro fino a fine scaletta: Revelation è quasi totalmente power metal, se non fosse per i suoni delle chitarre, e regala il ritornello più bello del disco, mentre River Of Sludge promette ciò che cita nel titolo, ovvero chitarre fangose e ritmi cadenzati, con un Berglund che rimane su totalità acute ma non risulta fuori fuoco.
Sul finale arriva l’altra perla dell’album, My Pain, dove ancora una volta i nostri riescono ad amalgamare sapientemente le proprie influenze, stavolta con un approccio vicino al progressive metal. In questo brano anche le sonorità si fanno più moderne e le chitarre si prodigano in armonici artificiali e virtuosismi più arditi, ma rimanendo sempre al servizio del pezzo. Proprio le chitarre gemelle nel break che precede il finale richiamano da vicino i padri Candlemass e la conclusiva The Search chiude il cerchio, terminando purtroppo fin troppo in fretta, quando le divagazioni acustiche iniziali facevano presagire un brano più strutturato ed epico. Infine menzione speciale anche per la brevissima strumentale Yearning, dove Björn si cimenta in una delicata ballata pianistica impreziosita poi dai fraseggi melodici di stampo neoclassico delle chitarre.

È vero, dentro i dieci brani di Mirage c’è tanta carne al fuoco, forse troppa e talvolta un po’ fuori fuoco, ma rimane la compattezza della proposta, che è inscindibilmente legata all’heavy metal classico sebbene si prenda molte libertà divagando fra i generi. Come già detto i Memory Garden si staccano in questo album in modo netto dal doom propriamente detto per abbracciare alcuni stilemi del power metal propugnato da band come Iced Earth e Running Wild, ma questa influenza anche se ingombrante non sposta gli equilibri malinconici e grevi della proposta della band svedese, evidenziati soprattutto attraverso i testi e i suoni utilizzati. La produzione di Mike Wead invece spinge sul lato più emozionale della musica del gruppo, avvicinandola ad alcuni episodi dei Memento Mori, con una tendenza quindi epic doom. La commistione tra tutte queste influenze fa sì che Mirage rimanga un disco quasi unico nel suo genere, capace di sorprendere per certi versi ancora oggi, anche se dall’altra parte si sente che è invecchiato non benissimo.
Nella discografia dei Memory Garden Mirage è un disco che si pone come spartiacque e non a caso infatti l’album successivo Carnage Carnival uscì ben otto anni dopo, nel 2008, e non più con Metal Blade Records. Parliamo di un’opera che merita di essere riscoperta per poi tornare ad ascoltare anche i capitoli precedenti della band svedese, sotto molti aspetti migliori di questo.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
86 su 2 voti [ VOTA]
Vittorio
Martedì 13 Ottobre 2020, 10.16.46
2
Scoperto da poco, decisamente valido. 80
Samoan
Sabato 10 Ottobre 2020, 13.12.48
1
Band dimenticata a torto. Forse si complicano un po' la vita e le canzoni in maniera non sempre necessaria ed efficace, ma restano tra i pochi gruppi ad aver tentato questa strada, molto tecnica e in bilico tra doom, power e prog. A me il cantato di Berglund piace, sembra sempre che stia cantando un'altra canzone rispetto a quella che sta andando, poi tira quella linea o quel ritornello che invece sono praticamente perfetti e ti lascia senza parole. Navigate pezzo clamoroso. Concordo con la centrata disamina, ma il mio voto è più alto. Con più alti e bassi di Verdict of Posterity, ma questo è forse il mio preferito loro. Tides era comunque più classicamente doom e resta un piccolo capolavoro.
INFORMAZIONI
2000
Metal Blade
Doom
Tracklist
1. Prologue
2. A Long Grey Day
3. Hallowed Soil
4. Shade
5. Navigate
6. Revelation
7. Yearning
8. River of Sludge
9. My Pain
10. The Search
Line Up
Stefan Berglund (Voce)
Anders Looström (Chitarra, Voce)
Simon Johansson (Chitarra)
Ken Johansson (Basso)
Tom Björn (Batteria, Pianoforte, Voce)
 
RECENSIONI
86
79
84
82
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]