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21/03/24
KRASUE + ANTARES + WAH ‘77
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA
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21/10/2020
( 762 letture )
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I Lazy Legs sono un duo formato da Laura Wagner e Michael Tenzer, giovani appassionati di musica conosciutisi a Chicago e in seguito spostatisi a Portland dove tuttora risiedono e pubblicano i loro lavori. Inizialmente dediti ad uno shoegaze dolce e suadente (rappresentato dai primi EP e dal debutto del 2016 Visiondeath), grazie anche alla ventata di novità dovuta al cambio di città i due, pur mantenendo gli stilemi base della cosiddetta “scena che celebra se stessa e tiene lo sguardo sulle scarpe”, hanno implementato il loro sound aggiungendo elementi slow-core, noise pop, echi doom e persino scampoli di grunge, quest’ultimi ravvisabili nella dualità piano-forte non tanto sul piano vocale quanto su quello strumentale. Il cambiamento stilistico, già intravisto nell’EP del 2018 Tremor, è definitivamente sancito da Moth Mother, registrato nello studio casalingo e autoprodotto su cassetta nel novembre 2019 con una distribuzione in vinile uscita quest’anno grazie ad un accordo con la Tartarus Records. Le nuove sonorità, se paragonate a quanto finora proposto, risultano decisamente più dure, grezze e “sporche” e se la lezione dei padri fondatori dello shoegaze non viene certo dimenticata (i My Bloody Valentine su tutti), ora affiorano variegate e molteplici influenze. Si sente infatti lo slow-core dei Low nei ritmi lenti e dilatati, nelle corpose linee di basso sovente in primo piano e nell’alternanza della voce maschile/femminile, la fragilità e l’estetica lo-fi dei Duster e l’ombra del noise dei Sonic Youth nel trattamento delle chitarre. Quest’ultime, sepolte come da tradizione shoegaze sotto cumuli di effettistica (feedback, distorsioni, fuzz), unite a delle vocals evanescenti e languide, trovano inoltre dei precisi riscontri in gruppi formatisi tutto sommato di recente (seconda metà anni ’00) quali Cloakroom e soprattutto True Widow.
Il Wall of Sound appena descritto si riscontra già a partire dall’opener Peanut Butter e in misura ancora maggiore in Backslide, dove udiamo distintamente la “bipolarità” del timbro di Laura, alle prese con delicate armonie alternate a vocalismi spettrali, e del guitar style di Michael, dondolante come una nenia nelle parti in clean e ruvido nelle sezioni effettate in cui predomina la saturazione sonora dovuta all’uso del fuzzbox. Clotheater, dal sapore doomgaze, funge da antipasto a It’s True, prima canzone in cui si ravvisa la “dialettica grunge” menzionata in precedenza dovuta all’avvicendamento di sezioni calme ed altre più spesse e distorte, il tutto come detto sempre a livello chitarristico e non vocale. Un deciso cambio di atmosfera si verifica in Metamorphosis, sognante interludio che annuncia una breve pausa dal chiasso delle distorsioni. Il loro stridore torna però immediatamente protagonista nelle successive Silkworm e Nosebleed, “fuzzose” e “grungesche” come la quarta della tracklist da cui si distinguono per gli intrecci delle due voci (la prima) e per i melodismi femminili quasi incorporei (la seconda). In Glow, altro interludio, pulsano cupe linee di basso coadiuvate dagli inserti di violino dell’ospite Gina Eygenhuysen, le cui note risultano pienamente in linea con il mood decadente e malinconico del brano. La conclusiva Pit costituisce la summa di quanto sentito finora ed è probabilmente la migliore del disco in virtù della perfetta compenetrazione dei vari elementi: il basso ottundente, i samples secchi e diretti di batteria (creati con il software Logic Pro), le chitarre distortamente shoegaze, le ghostly vocals femminili e la gravitas del violino sublimante la forte disperazione emotiva che pervade l’intera traccia. I testi non sono certo più accomodanti della musica e si dividono in due categorie con l’interludio Metamorphosis che funge da spartiacque anche a livello tematico: i primi brani infatti hanno come argomento principale la rassegnazione, espressa attraverso la serena accettazione dei difetti delle persone più care, il consapevole rischio di tornare a commettere gli errori del passato e il permettere agli altri di farci notare le nostre colpe. La seconda parte tratta invece di una faccenda ben più delicata come la depressione, manifestantesi nel disgusto che si prova vedendo il proprio volto allo specchio e nella forzatura psicologica di perdonare il carnefice che ti ha inflitto abusi, senza dimenticare quella velenosa percezione di essere ormai senza speranza. Le liriche, pur così negative, assolvono la funzione di una potente catarsi dell’animo e difatti l’ultimo brano contiene un bagliore di luce nella constatazione che, a discapito di tutto, bisogna rialzarsi e sforzarsi di lottare per scacciare i demoni interiori e migliorarsi quotidianamente.
Moth Mother è dunque un disco intenso e segnante, dove gli stilemi dello shoegaze sono rispettati e ben eseguiti e le influenze alloctone ampliano lo spettro sonoro di base rendendolo più sfaccettato ed appetibile anche agli amanti dello slow-core tout court e a chi apprezza un certo tipo di distorsioni imperanti nell’uso delle chitarre. In sintesi, l’album può essere valutato come un lavoro positivo che potrebbe anche costituire il primo ingresso nel mondo estatico e allo stesso tempo oscuro quale è lo shoegaze. Dopotutto, provare non costa nulla.
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5
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Non male, non male... Mi è piaciuto nella sua semplicità, ci tornerò sicuramente sopra in questi giorni!. Unendomi al discorso del buon Alex, mi sento di suggerire anche gli Iroha con "Shepherds & Angels" |
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4
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L'ultima frase è fin troppo gentile, ti ringrazio tanto.
Comunque se ti può interessare, sullo stesso filone di questo album (il genere è proprio denominato doomgaze) ti consiglio caldamente l'ultimo disco degli Iress, "Flaw". Sicuramente più "semplice" da ascoltare rispetto a questo dei Lazy Legs, ma di una profondità estrema e con dei suoni da paura. |
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3
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Ciao Alex! Che piacere trovarti anche qui Ormai è qualche mese che ci "conosciamo" e infatti hai subito capito che questa era la mia prima volta in territori così lontani dalla mia comfort zone rappresentata dal nu e l'alternative metal. Devo dire che in effetti il primo ascolto è stato davvero una sorpresa, ma mi ha subito incuriosito in positivo il sound delle chitarre e documentandomi ho scoperto anche altri gruppi (su tutti i True Widow) che terrò in considerazione anche in futuro. Sono contento che la recensione sia poi risultata in linea con la tua opinione. Detto poi da uno che di musica se ne intende davvero come te, i tuoi commenti valgono anche doppio |
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2
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Torno per confermare le mie previsioni, infatti l'album l'ho ascoltato ieri e oggi e mi è piaciuto. Nulla di trascendentale, ma per me che adoro queste sonorità fa sempre piacere sentire un mix di My Bloody Valentine e noise rock con una buona dose di personalità come nel caso di questi due ragazzi.
Capisco bene che l'approccio con un disco simile non sia dei più semplici, perché la melodiosità tipica dello shoegaze qui viene seppellita dalle distorsioni molto più vicine al metal e la sensazione di "scordatura" è sempre fortissima. Posso anche azzardare dicendo che alla band piaccia utilizzare in quantità esagerate i pedali della EarthQuaker Devices, alcuni suoni sono davvero inconfondibili. Ad ogni modo in campo puramente "shoegaze" (le virgolette d'obbligo poiché ritengo quella scena nata e morta negli anni '90, ma il genere in qualche modo sopravvive) questa è un'uscita di valida fattura, che si accompagna bene secondo me ad "Inlet" degli Hum, che abbiamo recensito poco tempo fa. Ottima la disamina di Jacopo, soprattutto per i non avvezzi al genere, io arrotondo il voto a 70 (di pancia darei anche qualche punticino in più), ma parliamo comunque di un buon prodotto che agli amanti del genere potrà piacere. |
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1
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Questo me lo recupero, ci sono abbastanza riferimenti ghiotti che mi fanno pregustare il prodotto finale. 😋 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Peanut Butter 2. Backslide 3. Clotheater 4. It’s True 5. Metamorphosis 6. Silkworm 7. Nosebleed 8. Wax 9. Glow 10. Pit
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Line Up
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Laura Wagner (voce, basso) Michael Tenzer (voce, chitarra) Musicisti ospiti Gina Eygenhuysen (violino, tracce 9-10)
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RECENSIONI |
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