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Kill The Lights - The Sinner
26/10/2020
( 811 letture )
A sorpresa, sullo scadere del tormentato 2020, un gran debutto sorprende lo stereo: si tratta del buonissimo The Sinner dei Kill the Lights, super-gruppo creato dai talentuosi Travis Montgomery (poliedrica ascia dei Threat Signal) e Michael ‘Moose’ Thomas, ex-batterista dei Bullet for My Valentine. Coadiuvati dal bravo riff-maker Jordan Whelan (sei corde dei mai troppo lodati Still Remains) e dal bravo James Clark, voce potente e varia che dimostra essere la marcia in più di questo frizzante e metallico primo album. Il Peccato si snoda attraverso 11 brani di metallo moderno ma non troppo, che cita sapientemente le band del passato e -solo sporadicamente- le band madri, senza infettare troppo il suono del gruppo, invero non originalissimo ma molto ben strutturato, fresco e di impatto.

Sarebbe facile parlare di metal-core, ma quello che ci troviamo al cospetto è in realtà un bel mix di diversi sotto-generi, tra cui melo-death e power metal. L’aspetto prettamente -core, lasciato a margine di vocalizzi aggressivi e un paio di stacchi, dona spinta e decisione al sound di The Sinner, una gradita sorpresa sulla tre-quarti che, almeno personalmente, entra nella top annuale senza troppi problemi. Ci destreggiamo tra diverse novità interessanti in questo freddo e uggioso (e non privo di colpi di scena) autunno zero-venti , e i Kill the Lights rappresentano una piccola quanto gradita porzione. I nostri padiglioni auricolari vengono investiti dalla furia speed di Shed My Skin, opener che potrebbe essere stata scritta nel 2005 ma che mostra un lato melodico davvero notevole, così come un comparto solista da capogiro, che non lesina una tecnica progressiva al servizio del brano. Sul piatto quasi tutte le principali caratteristiche della band, tra cui vocals aggressive, chitarre taglienti e batteria infuocata. Ma non tutte le novità vengono spalmate nei primi 4 minuti, anzi. Fin dal secondo brano, il bel singolo The Faceless, capiamo che idee e qualità non mancano. Un up-tempo prettamente metal, con assoli melodici a profusione e un doppio ritornello da cantare con pugni alzati. Il brano, in levare e dotato di un rifferama che colpisce dritto in pancia, spinge la band verso territori più classici (esattamente come faranno Plagues e Un-moved), chiudendo il discorso con un codino rallentato e carico di groove.
E se i brani più canonici (Watch You Fall e The Enemy) mostrano il fianco ad eventuali critiche sulla fantasia compositiva, alcune chicche melodiche ci convincono appieno, creando nuove sfaccettature sonore grazie a tre composizioni assolutamente brillanti quali Through the Night, Tear Me Apart e Rest. La prima, che si muove su territori agro-dolci, si presenta con una struttura scevra da vincoli, bilanciando melanconia e muscoli, chitarre pulite e assoli, mentre Tear Me Apart vince il premio per il ritornello più catchy e gradevole del lotto, molto vicino a quanto fatto dagli Avantasia di Tobias Sammet, così come la melodica e cantabile Rest, dall’impostazione quasi rock, semplice ed efficace.

Quello che colpisce maggiormente è proprio questo flusso sonoro che abbraccia il metal senza nascondere nulla, creando piacevoli sovra-strutture e digressioni prive di paraocchi. Travis Montgomery, chitarrista e istruttore favoloso, si sbizzarrisce in un bel meltin-pot di assoli ora fulminei ora ragionati, lasciando i riff più rocciosi (e le tastiere) al collega Jordan Whelan, che trasmette tutta la sua esperienza (e il tocco degli Still Remains) nei brani più violenti e tirati, come l’opener, Plagues e The Enemy, tra brevi breakdown ritmici e sferzate melo-death. Insomma, chi più ne ha più ne metta, ma sempre seguendo un copione che funziona a meraviglia, grazie a un gran lavoro di squadra e alla prestazione viscerale e cristallina (per nulla banale) di J. Clark, a suo agio anche nella fresca live cover di Into the Pit dei Testament.
Per una volta, quindi, mi trovo di fronte un album che se ne frega delle categorie: ci divertiamo senza pensare a cosa potrebbe succedere: un brano veloce alla As I Lay Dying o una power-ballad dai toni foschi e retrò? Non importa, perché il livello è sempre piuttosto alto, grazie anche alla durata media delle composizioni, che non supera quasi mai i quattro minuti e che relega così un album compatto, da ascoltare tutto d’un fiato.
Inevitabile muoversi a tempo, specialmente sul finale adrenalinico e prettamente metal, con intro acustico, cori “live” e un up-tempo dominato voce e riff grintosi, soli melodici e buon gusto.

Cosa ci rimane dopo i 43 minuti di The Sinner? Un plauso a James Clark, Jordan Whelan, Travis Montgomery e soprattutto al bravo Michael ‘Moose’ Thomas che ha saputo mantenere le debite distanze dalle pesanti influenze dei Bullet for My Valentine, citati solamente qua e la nelle loro sfaccettature più heavy. Dopo questa preziosa quanto inaspettata prima prova in studio, non ci resta che augurare il meglio ai Kill the Lights, aspettando che la pandemia si spenga e che i nostri amati palchi riaprano. Promossi a pieni voti.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
88 su 2 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2020
Fearless Records
Heavy
Tracklist
1. Shed My Skin
2. The Faceless
3. Watch You Fall
4. Through the Night
5. Open Your Eyes
6. Plagues
7. Tear Me Apart
8. The Enemy
9. Sober
10. Rest
11. Un-moved
Line Up
James Clark (Voce)
Travis Montgomery (Chitarra, Basso)
Jordan Whelan (Chitarra, Tastiera, Basso)
Michael ‘Moose’ Thomas (Batteria)
 
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