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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Decapitated - Organic Hallucinosis
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07/11/2020
( 613 letture )
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Diventati da subito uno dei gruppi di punta dell’intera scena death metal con l’esordio Winds of Creation, i Decapitated hanno una storia alle spalle che difficilmente si dimentica, e chi ascolta death metal lo sa benissimo. Ragazzini nel 2000, con un Vitek che a soli diciassette anni lasciava a bocca aperta batteristi più navigati e assieme ad altri andava ad alzare l’asticella, in soli sei anni i polacchi hanno scritto un pezzo di storia del death metal entrando nelle vite di chi in quel periodo cresceva o di chi, magari già più navigato, si era innamorato dello splendido esordio.
Diciamo “sei anni” non solo perché prendiamo come punto di riferimento i primi quattro album, ma anche perché, come ormai sanno tutti, da Organic Hallucinosis in poi nulla è stato lo stesso. Non solo a livello umano, ma anche a livello musicale. Che qualcosa stesse per cambiare lo si era percepito già con il precedente The Negation (2004), lavoro che si allontanava dallo stile adottato sui primi due album e ne abbracciava uno più moderno, anche l’utilizzo della tecnica strumentale, utilizzata in modo diverso. Organic Hallucinosis segna la definitiva rottura col passato proponendo un death metal fatto di controtempi, dissonanze più presenti e uno stile che in generale appare vicino ai Meshuggah, che da Chaosphere (1998) in poi diventano un punto di riferimento per tantissimi. E tra i tanti c’erano sicuramente i polacchi, che se nel 2004 stavano giusto approcciandosi a quelle soluzioni, in questo caso mettono da subito in chiaro di avere le idee molto precise su cosa fare; pur non rinunciando ai riff più diretti e con cui si sono fatti conoscere, quello che ascoltiamo a partire da Poem About An Old Prison Man, che ricordiamo essere il testo di una poesia scritta da Charles Manson, è certamente emblematico e conferma la rottura a cui si accennava prima. Le dissonanze si fanno infatti molto presenti, massicce si potrebbe dire, i tempi diventano ancora meno quadrati e si ha a che fare anche con un cambio d’atmosfera dato dalla produzione, molto più fredda e improntata sui toni medi. Sembra una sciocchezza, ma è un fattore che risalta le atmosfere più claustrofobiche/cibernetiche del disco e rende il basso uno strumento decisivo per la sezione ritmica (è praticamente impossibile perderlo di vista). La presenza di riff “stoppati” aumenta ancora di più il taglio groove e moderno del lavoro, su cui però Vitek sembra essere completamente a proprio agio, registrando un’altra prestazione incredibile e in cui si lancia in passaggi tecnici ricchi di fantasia. Tra i brani più caratteristici del disco abbiamo, oltre a Day 69 che è ormai un classico del gruppo, Revelation Of Existence (The Trip); un pezzo che privilegia ritmi più controllati e che inevitabilmente riporta ai Meshuggah, così come Post(?)Organic, altra canzone in cui si nota un utilizzo massiccio di soluzioni che fino a qualche anno prima sarebbero state impensabili, anche sul funambolico Nihility (2002); pensate al riff principale e a quello posto in chiusura. Quelli che non mancano sono gli assoli, tanti, sicuramente ispirati e che ben si amalgamano al nuovo contesto sonoro. Ma il cambiamento non ha cancellato del tutto quello che erano i polacchi; quando i quattro partono in sezioni fatte di riff serrati e blast beat riescono ad essere trascinanti come pochi, ma è evidente che se mettessimo sulla bilancia il tutto, queste fasi puramente vecchia scuola sono decisamente meno incisive delle altre. Ma il disco fece discutere anche per un altro cambiamento, quello riguardante la voce: Organic Hallucinosis vede infatti l’esordio al microfono di Covan al posto dello storico cantante e membro fondatore Sauron, e il suo stile è decisamente diverso da quello del suo predecessore. Il growl è adesso più chiaro, verrebbe da dire quasi hardcore e lascia completamente da parte suoni più gutturali; una scelta che non piacque e che continua a non soddisfare alcuni, ma sta di fatto che se preso in questo contesto sonoro così meccanico e freddo (altro elemento che li ricollega non solo ai Meshuggah ma anche ai Fear Factory), la voce si adatta perfettamente al nuovo corso.
A distanza di più di dieci anni dalla sua pubblicazione possiamo confermare come Organic Hallucinosis sia l’album che ha letteralmente cambiato la vita del gruppo e abbia permesso ai polacchi di affermarsi a livello mondiale. Non possiamo affermare che i trentadue minuti di musica siano mosci o noiosi, sarebbe a dir poco esagerato, ma che il cambiamento stilistico abbia fatto perdere qualcosa sì. Che qualche soluzione suoni ridondante è palese, così come la produzione, per quanto sensata, renda il disco esageratamente freddo e tenda ad avere dei volumi molto alti, oltre a delle dinamiche piatte; quest’ultimo fattore potrebbe semplicemente essere il risultato della “loudness war”, mania tutto sommato in linea con altre produzioni di quel periodo. Diventati più moderni, i Decapitated diedero una svolta alla loro carriera a costo di aver deluso molti ascoltatori guadagnandone sicuramente altri; nonostante questo, è da questo momento in poi che i polacchi si affermarono in modo definitivo, diventando un punto di riferimento.
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4
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Buon album, modernista, di svolta sicuramente, ma assolutamente ben fatto. Oltretutto una discreta mazzata direi. Covan non mi convince molto, ma Day 69 o Post(?)Organic sono dei gran pezzi! Voto 80 |
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3
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Concordo cn la seguente affermazione: "A distanza di più di dieci anni dalla sua pubblicazione possiamo confermare come Organic Hallucinosis sia l’album che ha letteralmente cambiato la vita del gruppo e abbia permesso ai polacchi di affermarsi a livello mondiale." Non concordo sulla valutazione complessiva del disco. Se prima ho sempre considerato i Decapitated come una realtà indubbiamente molto valida in un genere di nicchia, con questo disco li ho rivalutati e, a mio modesto avviso, stavano per diventare la next big thing del metal estremo. Purtroppo non è andata così... Ci rimane un gioiello di metal estremo (sempre a mio modesto avviso il migliore della discografia dei polacchi) che ci fa rimpiangere quello che sarebbe potuto essere... |
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2
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Non conosco molto la band, ma questo disco ce l'ho e spacca di brutto. Potente, tecnico, aggressivo e mai scontato. Un 80 per me. |
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1
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Bella recensione, anche se non concordo sul fatto che con questo disco abbiano perso qualcosa, è semplicemente diverso dai tre che lo precedono. 80 pieno per me. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Poem About An Old Prison Man 2. Day 69 3. Revelation Of Existence (The Trip) 4. Post(?)Organic 5. Visual Delusion 6. Flashb(l)ack 7. Invisible Control
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Line Up
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Covan (Voce) Vogg (Chitarra) Martin (Basso) Vitek (Batteria)
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