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Somnus Throne - Somnus Throne
12/11/2020
( 647 letture )
Come tutte le correnti artistiche, prima o poi anche i vari sottogeneri musicali finiscono per saturarsi e cominciano a girare a vuoto attorno agli assunti di base, senza riuscire a superarli e ridefinirli, stancando gli ascoltatori e finendo per implodere, perché sterili e ripetitivi. Lo stoner è senza dubbio uno dei sottogeneri odierni che più rischia questo destino: vero che si tratta di una scena molto lontana dal mainstream e anzi quasi sempre relegata a un underground autoreferenziale, ma la ricchezza e moltitudine di band che si affacciano al mercato discografico (a quel che ne resta) è impressionante. Parliamo di un sottobosco infinito e particolarmente ribollente e chi frequenta ad esempio i canali dedicati sulle piattaforme di streaming ne avrà senz’altro un’idea molto precisa. Peccato che poi, gira e rigira, risulti davvero difficile trovare band davvero personali o almeno che non si limitino a rimestare sempre gli stessi ingredienti, all’incirca con risultati similari. Ecco, possiamo dire che gli statunitensi Somnus Throne assumono su di sé esattamente questo rischio, ma lo fanno in una maniera tale da risultare comunque una voce particolare e capace di emergere tra le altre. Formati da tre musicisti che hanno frequentato a lungo l’underground statunitense, i Somnus Throne sembrano nascere da un contesto fatto di band che si scambiano musicisti tra loro e cambiano città in cerca di una possibilità e di uno sbocco; stabilitisi prima in Texas col nome Maenad, i tre si sono poi persi di vista per un po’, col chitarrista/cantante Evan che ha girato il Paese da New Orleans all’Oregon facendo autostop e suonando in band locali, finché ha ritrovato la strada per ricongiungersi agli altri due a Los Angeles, per la realizzazione di questo album di debutto. Cosa che, più o meno, hanno fatto anche gli altri due, nel frattempo, a conferma di un nucleo che sembra per il momento aver trovato una dimensione stabile.

Fin dal primo ascolto di Somnus Throne si ha la sensazione che la musica proposta sia sostanzialmente sempre facilmente inseribile nel contesto di uno stoner/doom di maniera, con riferimenti psichedelici, in particolare per quanto riguarda le lunghe parti strumentali, fortemente centrate sui riff monolitici e ossessionanti di Evan, che non rinunciano però ad una certa dinamicità. Inevitabile scomodare nomi classici come Electric Wizard, Monolord, OM, Sleep e famiglia allargata, ma i Somnus Throne riescono comunque a comunicare in maniera quasi perfetta una atmosfera che passa dal deserto dei Kyuss allo spazio lisergico, per poi tornare su una dimensione doom, con qualche deriva noise, dando la sensazione di poter letteralmente friggere il cervello dell’ascoltatore a causa dell’enorme spettro sonoro devastato dal fuzz. Niente di nuovo, come dicevamo, eppure qualcosa nonostante tutto spinge a proseguire nell’ascolto, anche se la voce di Evan è l’ennesima variazione sul tema del cantato nasale e vagamente sciamanico e anche se le linee melodiche, in particolare in Sadomancer, tutto appaiono tranne che irresistibilmente sviluppate. Ma appunto, le quattro canzoni più intro, che compongono i quarantasei minuti di Somnus Throne, con una media quindi di dieci minuti a pezzo e i quasi quindici di Aetheronaut/Permadose, hanno comunque un certo fascino e riescono agevolmente a farsi ascoltare. Sarà che a differenza di altre band del genere i nostri prediligono un’atmosfera cupa e minacciosa, affatto rassicurante, nella quale appunto le derive noise e le scelte dei campionamenti sparsi qua e là contribuiscono a donare una certa inquietudine alla musica, che non sembra solamente un accompagnamento per l’ennesimo viaggio lisergico, ma piuttosto la narrazione di un sogno che si sta improvvisamente tingendo di oscuro e sembra sul punto di finire decisamente male. Sarà che per una volta questo rituale sciamanico viene infiltrato dalle nebbie e dalle paure del doom al punto di dare la sensazione di ritrovarsi davvero in un freddo e pericoloso angolo di un immenso e oscuro universo (Receptor Antagonist). Sarà che gli assolo di Evan pur rari e non particolarmente articolati o tecnici, comunque arrivano al momento giusto, come giusta appare sempre la spinta dinamica di Haley e Luke. Sarà che ciascun brano ha qualche peculiarità, con in particolare Shadow Heathen a emergere tra gli altri per una linea melodica e addirittura delle armonizzazioni di qualità, che fanno fare alla traccia un bel salto in avanti. Sarà che alla fine questo è un genere che, come il blues, se lo fai bene, puoi suonare anche la stessa canzone cinquanta volte e avrai un buon risultato cinquanta volte. Sarà quel che sarà, ma alla fine Somnus Throne riesce a prenderci per mano e condurci per un lungo e stordente viaggio buio, come tanti altri gruppi che suonano la stessa identica cosa non riescono a fare. Anche quando decidono di utilizzare un registro non particolarmente felice, come nel quasi growl della citata Aetheronaut/Permadose, non esattamente splendido, ma comunque capace di creare un contrasto con il resto del brano che mette in luce il bridge e il refrain. Una soluzione semplice, grezza, se vogliamo, ma che porta a casa il risultato, assieme al perfetto arpeggio che apre e chiude la maratona.

Siamo insomma a commentare la classica eccezione che conferma la regola: il disco che senza schiodarsi di un centimetro da tutti i cliché del genere riesce comunque a risultare abbastanza ispirato e carico da superare di gran lunga quanto fatto da tanti e tanti altri emuli. Non sarà il debutto che sconvolge l’ascoltatore con qualcosa di nuovo e nemmeno che regala chissà quali intuizioni sorprendenti, ma non annoia e anzi fa venir voglia di ripetere l’ascolto per cogliere meglio quelle sfumature immerse nel fuzz che si erano perse con gli ascolti precedenti. A conferma che quando si ha talento, non occorre necessariamente fare i fenomeni o ricorrere a cortine di fumo per intrattenere e ammaliare l’appassionato. Certo, a chi fosse già stufo e saturo di queste sonorità, probabilmente risulta difficile consigliare l’ascolto dei Somnus Throne, ma se amate ancora il genere e cercate una band capace di realizzare un buon album, allora fanno decisamente per voi. Se non decideranno di separarsi nuovamente e disperdersi per l’affollata scena statunitense, è possibile che ci facciano una sorpresa con i prossimi album.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
73.5 su 2 voti [ VOTA]
Korgull
Sabato 14 Novembre 2020, 9.29.13
1
Primo paragrafo da incorniciare. Per il resto mi hai invogliato a dargli una possibilità
INFORMAZIONI
2020
Burning World Records
Stoner/Doom
Tracklist
1. Caliphate Obeisance
2. Sadomancer
3. Shadow Heathen
4. Receptor Antagonist
5. Aetheronaut/Permadose
Line Up
Evan (Voce, Chitarra)
Haley (Basso)
Luke (Batteria)
 
RECENSIONI
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