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Hades Almighty - Millenium Nocturne
14/11/2020
( 755 letture )
La prima parola che mi è venuta in mente per descrivere Millenium Nocturne è “transizione”, e questo perché rappresenta musicalmente un momento di transizione a diversi livelli. Il primo, il più immediato e banale, il cambio di monicker della band di Tunsberg e compagni in Hades Almighty, anche se solo per motivi di omonimia con i nel frattempo riformati Hades americani. Millenium Nocturne è quindi de facto il successore di The Dawn of the Dying Sun, anche se la cosa deve aver stupito non poco i fan che presero in mano per la prima volta questo disco nel 1999. Sì, perché l'altro elemento di transizione dell'album sta proprio nella musica e nell'atmosfera generale che subiscono un forte cambiamento rispetto alla produzione precedente, cosa che peraltro stava già avvenendo in maniera diffusa nella scena black soprattutto norvegese.

Il cambiamento, del resto, si poteva intuire già dalla copertina raffigurante un desolato paesaggio spaziale, in netto contrasto con l'elemento vichingo che era stato predominante nell'immaginario della band sino a quel momento. Ma venendo per l'appunto alla musica, se da una parte la predilezione per tempi mediamente abbastanza lenti e una certa aura di epicità, seppur ridotta, sono elementi che Millenium Nocturne ha in comune con la produzione sotto il nome di Hades, per il resto salta subito all'orecchio l'abbandono delle atmosfere gelide e della maestosità delle ambientazioni nordiche per un sound più crudo, meno d'atmosfera e tematiche più legate all'astratto e all'esoterico, non sempre riproposte in maniera eccezionale, peraltro. Millenium Nocturne fotografa in modo preciso una band nel tentativo di reinventarsi distanziandosi da quel sound forse troppo debitore dei Bathory, ma che ancora non ha trovato una dimensione che le si confà perfettamente. La terza fatica dell'ormai ben rodato quartetto di Bergen non è un brutto disco, sia chiaro, e presenta ancora una certa qualità nel riffing e negli arrangiamenti, eppure alterna momenti buoni ad altri semplicemente poco ispirati, in cui le composizioni sembrano non riuscire a spiccare il volo definitivamente, mancando di quei guizzi che caratterizzano le grandi canzoni e rimanendo a volte un po' anonime. Questo discorso, a parere di chi scrive, si applica in particolare a brani come Dream Traveller e Carnival Blaspheme: se la prima non entusiasma affatto e si incaglia su groove un po' improbabili, la seconda spreca intuizioni davvero interessanti come il riff iniziale e alcuni passaggi di pianoforte, in un mare di altri riff macchinosi e poco memorabili. Lasciano un po' l'amaro in bocca anche brani dal buon potenziale come Gardens of Chaos o Warcry che pur non mancando anch'esse di buone idee, non riescono in qualche modo a colpire pienamente nel segno, forse per una certa disorganicità delle singole composizioni al loro interno. Indubbiamente le cose migliori di Millenium Nocturne vengono fuori quando torna a farsi sentire un po' quella vena sinceramente epica che aveva caratterizzato i dischi precedenti: e non a caso i brani più riusciti sono probabilmente To Reach Divine Fullfillment e A Ballad of Death and Obsession, che sembrano provenire direttamente dalle sessioni di The Dawn of the Dying Sun e in una certa misura Nighttime Endurance, che pure rischia qualche momento più spento nei suoi quasi dieci minuti di durata.

Il primo disco degli Hades Almighty è quindi, come dicevamo all'inizio, un disco di transizione: in qualche modo preludio di quello che sarà un cambio di rotta ancora più netto persino rispetto allo stesso Millenium Nocturne con The Pulse of Decay, decisamente proteso verso sound e soluzioni più modernizzate, eppure ancora legato a ciò che erano stati gli Hades fino all'anno precedente. Un disco non malvagio, soprattutto dopo più di qualche ascolto necessario ad assimilarlo del tutto, ma probabilmente da classificare come il peggiore nella carriera del combo norvegese, in quanto meno ispirato e meno ben congegnato come idee e setting rispetto agli altri.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
72.33 su 3 voti [ VOTA]
Aceshigh
Martedì 17 Novembre 2020, 11.42.57
1
Spronato dalla recensione, stamattina me lo sono riascoltato. Sì, anche per me alla fine è il meno bello dei quattro album. Non perché si distacchi in parte dallo stile del meraviglioso The Dawn of the Dying Sun, né perché manchino spunti meritevoli, anzi. Piuttosto il motivo sta nel fatto che in molti frangenti risulta fin troppo minimalista e ripetitivo. Intendiamoci, questo tipo di soluzione può anche avere il suo fascino, il suo perché; però alla fine, calcolando anche la lunghezza complessiva (quasi un’ora), il tutto risulta un po’ pesante, un po’ un mappazzone. Ora ricordo perché erano anni che non l’ascoltavo. Non è male comunque, ma preferisco il successivo. Voto 75
INFORMAZIONI
1999
Hammerheart Records
Black
Tracklist
1. Millenium Ouverture
2. Dream Traveller
3. Carnival Blaspheme
4. Nemesis
5. To Reach Divine Fullfillment
6. Gardens of Chaos
7. A Ballad of Death and Obsession
8. Nighttime Endurance
9. Warcry
Line Up
Janto Garmaslund (Voce, Chitarra, Basso)
Jørn Inge Tunsberg (Chitarra, Tastiera)
Stig Hagenes (Chitarra)
Remi Andersen (Batteria, Voce)
 
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