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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Auðn - Vökudraumsins fangi
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21/11/2020
( 975 letture )
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Prima di venire consacrata come terra di black metal oscuro e dissonante (Svartidauði, Sinmara, Misþyrming, Wormlust, Zhrine), l’Islanda aveva una scena di black metal atmosferica che era già scesa alla ribalta con i Sólstafir un decennio prima, a cui seguirono i Dynfari, i Árstíðir lífsins e gli Auðn in quella successiva. Parlando di questi ultimi, si scopre che è essenzialmente un side project di tre membri dei Dynfari con l’ausilio di altri tre musicisti, tra cui un bassista di rimpiazzo quest’anno. I loro precedenti album, un omonimo del 2014 e Farvegir Fyrndar, erano estremamente influenzati dagli Agalloch e di altri gruppi black metal dal suono vasto e a volte psichedelico, tipo Skogen e i Wolves in the Throne Room, più gli appositi riferimenti alla band madre.
L’arpeggio di doppia chitarra acustica/elettrica all’inizio di Einn um alla tíð mostra quanto il sound dell’album debba ai nomi già citati: appena inizia la scarica di blast-beat in piena distorsione, un’intera decade di post-black ci passa davanti, a partire dagli arpeggi di chitarra che mal si inseriscono nella sezione ritmica, mentre il break dalle dinamiche più calme è una soluzione stra-abusata da vari altri gruppi simili. Eldborg segue a ruota con ritmi più muscolosi terzinati, e anche Birtan Hugann Brennir si fa sentire con fraseggi vintage più interessanti risalenti all’era dei Dissection. E sebbene la title track, con le sue tracce di chitarra acustica che fanno tanto Alcest e Verður von að bráð, che potrebbe essere stata tranquillamente registrata dagli Immortal di At the Heart of Winter, siano fra i pezzi forti del disco, risulta strana la scelta di inserire tre canzoni consecutive con riff così poco ispirati da suonare fin troppo simili ai Darkthrone ed ai Satanic Warmaster di vecchia annata (Horfin mér, Á himin stara, Ljóstýra). La produzione è abbastanza curata, con un uso di riverbero inferiore alla norma, anche se i fraseggi di chitarra più quieti rimangono comunque lievemente distorti, mostrando la scarsa propensione dei chitarristi all’uso di pedali analogici, anche se lo scream continua a risultare impersonale, questa volta più forzato del solito.
Vökudraumsins fangi è un disco che abbraccia molteplici influenze che non sono più esclusivamente legate al sound confortevole della scena cascadian come in passato: tuttavia, le tracce Horfin mér, Á himin stara e Ljóstýra cadono vittima di un songwriting troppo prevedibile, come se fossero errori che non dovrebbero essere ammissibili dopo una carriera pluridecennale, la cui posizione a cluster crea un punto morto che allunga ulteriormente l’album e ne affossa la qualità. Il resto delle canzoni sono in ogni caso ben arrangiate e presentano alcuni spunti interessanti, ma la proposta degli Auðn manca comunque di quel guizzo di originalità che monopolizzi l’attenzione dell’ascoltatore medio.
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10
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Il recensore ha votato Donald Trump. |
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9
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bisco black o di guitar hero? |
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8
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Cosa sono i ritmi muscolosi terzinati? Chiedo per un amico |
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7
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In effetti pare di leggere Guitar Club |
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6
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"....con un uso di riverbero inferiore alla norma, anche se i fraseggi di chitarra più quieti rimangono comunque lievemente distorti, mostrando la scarsa propensione dei chitarristi all’uso di pedali analogici,...".
Guardi, Monsieur Teanscendence, di questi aspetti tecnici non me ne può importare di meno e io vado diritto alla emozionalità della musica, se mi fa stare bene. Tra l'altro lei cita gruppi indiscutibilmente eccelsi come Agalloch, Skogen, Wolves in the Throne Room, Dissection, Alcest, Immortal e Darkthrone, come se fossero un qualcosa di negativo a cui fare riferimento e trovo che nella frettolosità della recensione (un po' corta, non le sembra?) ci sia molto del tipo "devo farla, ho ascoltato qualcosa, tiro qualche conclusione e passo a dell'altro". Personalmente (e sottolineo "personalmente") lo trovo un ottimo album, forse non innovativo ma con il sound che volevo sentire e che mi piace molto. Quasi tutti i pezzi sono notevoli, non sto a citare brani in particolare. "...ma la proposta degli Auðn manca comunque di quel guizzo di originalità che monopolizzi l’attenzione dell’ascoltatore medio...". Ecco, forse non sono un ascoltatore "medio". Au revoir. |
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5
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Ascoltato Un paio di volte e anche per Me è un buon Album.. L'alternanza fra parti veloci (che preferisco) e parti più cadenzate, l'ho trovata equilibrata.. Sul Voto basso del Recensore mi son fatto un'opinione.. Giorni fa ad un mio Commento sull'ultimo dei Uada, è stato affermato che il Black è un Genere in continua evoluzione.. Secondo Me Transcendence dà molta importanza all'Originalità di una Proposta quindi se Lui in un Album non la trova (come in questo caso), il suo Voto non va oltre la sufficienza o poco più... |
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4
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Solo una battuta, ma la tastiera ha attivi solo il 6 e il 3? Lo ascolterò e dirò la mia. |
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2
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Mi ha colpito molto meno del primo disco, però anche questo è un buonissimo album; forse Simone sei stato un po' severo, ma è anche vero che l'ho ascoltato giusto un paio di volte il disco e poi non mi ha più preso... Forse questo è indicativo della potenza della musica contenuta. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Einn um alla tíð 2. Eldborg 3. Birtan hugann brennir 4. Verður von að bráð 5. Drepsótt 6. Næðir um 7. Horfin mér 8. Á himin stara 9. Ljóstýra 10. Vökudraumsins fangi
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Line Up
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Hjalti Sveinsson (Voce) Hjálmar Gylfason (Chitarra) Andri Björn Birgisson (Chitarra) Matthías Hlífar Mogensen (Basso) Sigurður Kjartan Pálsson (Batteria)
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RECENSIONI |
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