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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Witchwood - Before the Winter
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27/11/2020
( 2527 letture )
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L’incanto non accenna a sciogliersi. Così ancora una volta ci inoltriamo speranzosi e un po’ timorosi verso il bosco stregato, in cerca di avventura, di paura, di tenebre e di luce, di noi stessi e di qualcosa che ci cambi ancora una volta. Qualche anno è passato da Litanies from the Woods, primo album dei Witchwood e anche se l’attesa è stata ingannata riascoltando più volte quello che resta uno dei debutti più intensi e corposi del rock italiano, così come il successivo EP Handful of Stars, la curiosità, l’attesa e forse anche la paura per quello che sarebbe stato l’effettivo secondo disco della band, restavano fortissime. Un po’ perché l’attesa è parsa abbastanza lunga, nonostante tutto, un po’ perché nel frattempo era giunta la notizia dell’ingresso di Ricky Dal Pane negli storici doomsters Epitaph, che aveva sorpreso molti, un po’ perché uscire con un gran debutto è difficile, ma ripetersi lo è senz’altro di più e il rischio di una delusione poteva diventare cruda realtà. Eppure, l’attesa ha sempre un suo significato e se anche il covid-19 ci ha messo lo zampino rimandando l’uscita, in effetti la collocazione autunnale risulta particolarmente azzeccata per un album di questo tipo, quando le giornate si accorciano, le piogge e i primi freddi cominciano a mordere, la nebbia e i caldi colori del bosco giocano con i nostri sensi e ci narrano di un tempo antico, nel quale raccogliere funghi e castagne gironzolando tra gli alberi era la norma e l’odore della terra bagnata e delle muffe contrastava con quello della legna bruciata e dei caminetti, mentre le ombre e le streghe restavano fuori dalla porta di casa, pronte ad assalire l’incauto viandante lungo le vie degli Appennini o delle Alpi, dal Nord al Sud della Penisola.
Ecco quindi che l’ascolto diventa anch’esso rituale da accogliere e onorare con pazienza e la scoperta via via più appagante man mano che si procede, inoltrandosi nel bosco stregato e nella sua musica, cercando di non perdere la strada tra i molti sentieri che si diramano dalla strada principale e sostando in più di un’occasione per godere appieno degli spettacolari panorami offerti dal percorso. Before the Winter è, ancora una volta, un disco che richiede una profonda immersione e un ascolto attento e ripetuto: è un album denso, carico di suggestioni e che rivela canzone dopo canzone diverse sfaccettature e influenze. Chi conosce la band sa già più o meno cosa lo aspetta e sarà una bella soddisfazione ritrovare tutti gli elementi che caratterizzavano le uscite precedenti; per chi invece si avvicinasse per la prima volta ai Witchwood diremo che le primarie influenze nel sound della band vanno ricercate nell’hard rock venato di prog e folk degli anni Settanta, partendo da Uriah Heep e Jethro Tull, senza tralasciare naturalmente Deep Purple, Blue Oyster Cult e Led Zeppelin, con influenze secondarie che sanno di southern rock, glam, psichedelia e doom. Un sound che suona naturalmente arcaico e al tempo stesso familiare per chi frequenta il genere e che però non rende i Witchwood l’ennesima band revivalista. Come ben pochi altri hanno saputo davvero fare, infatti, la band italiana ha preso questo enorme patrimonio e lo ha valorizzato creando dischi e canzoni di alto livello, credibili, emotivamente forti, che insomma non si limitano ad applicare una ricetta in maniera più o meno diligente, ma sanno come coinvolgere e suscitare emozioni che si credevano retaggio unico dei gruppi di quegli anni. Un obbiettivo che con questo Before the Winter viene nuovamente raggiunto, ripercorrendo sostanzialmente lo stesso bacino di influenze, ma non per questo realizzando un album fotocopia rispetto a Litanies from the Woods. Ancora una volta, infatti, è nelle sfumature che si coglie la sostanza e questo album di sostanza ne ha davvero tanta, sgorga copiosa e in maniera quasi stordente. Hard rock di matrice Uriah Heep/Deep Purple, dicevamo, ma con un piede nel prog e uno nel folk e già un brano come l’iniziale Anthem for a Child, si posiziona perfettamente in questo quadro, con il flauto traverso e le tastiere che irrobustiscono le trame hard rock con armonizzazioni vocali tipiche. Uno schema che si ripete anche con il singolo A Taste of Winter, mentre la successiva Feelin’ introduce una robusta vena funky, tanto nella ritmica, quanto nella lunga sezione solista. Questa dei solismi intrecciati sarà una costante per tutto l’album, così come la ricchezza e la stratificazione degli arrangiamenti. Primo vero a colpo grosso arriva con A Crimson Moon, ballata progressive esoterica e acustica che rimanda alla The Golden King del primo album, eguagliata in intensità e melodia, grazie anche agli splendidi interventi di Tesori col flauto e di Banchero de Il Segno del Comando al basso fretless, senza dimenticare ovviamente il fondamentale apporto di Olivi e del mandolino. Un sogno a occhi aperti. Hesperus fu uno dei brani anticipati nei live dello scorso anno ed è anche uno dei più lunghi e articolati del disco, grazie ad una lunga parte strumentale centrale, nella quale la componente prog e i solismi dilatati tornano a prendere il sopravvento rispetto all’hard rock della strofa e del ritornello, che propone una classica melodia alla “Witchwood”. Ancora un riff portante a condurci su No Reason to Cry, con un refrain che suona un po’ sentito e una nuova incursione verso il funk nella parte strumentale, dominata dai sintetizzatori e poi dal bell’assolo di Stella. La seconda parte del disco prosegue con due canzoni molto particolari e che dirazzano in maniera abbastanza vistosa dalle precedenti: Nasrid è infatti un brano strumentale acustico, col consueto flauto di Tesori a spadroneggiare, sul quale interviene la bravissima soprano Natascia Platti, che ritroveremo poi avanti, per un risultato che sembra davvero un riuscito omaggio alle colonne sonore western del recentemente scomparso Ennio Morricone; Crazy Little Lover è invece un hard rock blueseggiato e anch’esso con venature southern piuttosto lungo e ricco di assoli e sul quale nel finale troviamo nuovamente un caldo intervento di voce femminile, stavolta la prorompente Jennifer Vargas, dalla timbrica gospel/blues. Brano che nel complesso appare appena lungo e leggermente fuori contesto rispetto all’album, pur con la sua evidente trama Deep Purple. Ma è tempo di quello che non è esagerato definire un capolavoro assoluto. Slow Colours of Shade si candida infatti senza dubbio a miglior canzone del disco e punta direttamente al podio tra le migliori canzoni della band, con i suoi quasi undici minuti di emozioni prog/dark/doom e il suo sviluppo coraggioso che ricorda l’andamento incrementale della marea e aumenta costantemente di intensità raggiungendo un climax assurdo nel lungo finale, per poi lasciare spazio appunto al rumore delle onde. Nel mezzo, l’espressione massima della band e della sua capacità di scrivere nuovi emozionanti classici, regalando momenti da brivido vero.
Siamo quindi al termine del sentiero, ma prima di uscirne, per coloro che sceglieranno una delle molteplici versioni in vinile del disco che la Jolly Roger Records ha realizzato per Before the Winter, ci aspetta una nuova bella sorpresa, ovverosia una magnifica versione di Child Star, cover dei T.Rex, fatta propria e resa in maniera splendida dai Witchwood che la incastonano perfettamente nel percorso del disco, quasi ne avesse sempre fatto parte. Usciamo quindi ora dal bosco stregato con la bella sensazione che anche questo percorso sia stato importante e significativo e che l’attesa per questa nuova apparizione sia stata senz’altro ripagata. Before the Winter è un disco sfaccettato e carico di suggestioni, davvero denso e che si scopre solo con ripetuti ascolti. L’amalgama interno alla band è molto forte e tutti i musicisti danno una prova altissima, riuscendo a compenetrarsi a vicenda e colorando in maniera vivida e potente i brani, con una tavolozza davvero ampia a cui attingere, visto il profluvio di strumenti solisti a disposizione. Un amalgama che speriamo possa ulteriormente crescere e raggiungere un superiore equilibrio. L’impressione, in effetti, guardando il pelo nell’uovo, è che una ancora maggior asciuttezza non avrebbe guastato e che stavolta qualche deviazione dalla strada principale, per quanto ben realizzata e interpretata, non fosse indispensabile al risultato finale. Allo stesso modo, lo schema ritornante di alcuni brani, che girano attorno a un riff portante dal quale partono poi le parti soliste, richiede necessariamente una melodia altrettanto efficace o soluzioni caratterizzanti e non sempre le ottiene. D’altro canto, ci sono poi composizioni come Anthem for a Child, A Crimson Moon, Hesperus e la stupenda Slow Colour of Shade che sono di un livello superiore e che in pochi possono permettersi -non solo in Italia-, alle quali va ad aggiungersi una cover spettacolare. A partire dall’artwork e fino alle ultime note, Before the Winter è insomma un disco ambizioso, bello, emozionante e che innalza i Witchwood a band tra le più importanti in Italia di sempre. I sei possono andare fieri di quanto realizzato con questo secondo album, avendo composto e suonato un disco che può fare da paragone per tutti gli altri, non solo nel nostro Paese e che dona al mondo dei nuovi classici del Rock, niente meno. C’è da augurarsi che il riscontro sia quanto meno entusiastico o, davvero, stavolta le scuse suoneranno come amare prese in giro. Un altro passo, a queste altezze, significa sfondare il tetto del capolavoro immortale.
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VOTO LETTORI
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70.28 su 107 voti [
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...gran bel disco….ottimi musicisti…che compongono con notevole gusto e gran cura…..faranno strada…..non solo in italia….. |
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anch'io ci sento jetro tull e deep purple. diciamo niente! |
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@TEO la mia era una battuta, di solito per le band underground ci sono molto meno commenti, so benissimo che tolti i cazzoni (di cui non mi spiego molto la presenza...) i veri commenti sono pochi |
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Io ci sento Jethro Tull e Deep Purple, ma il Doom? |
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@Korgull Togliendo i messaggi del tizio di ieri che accusava il recensore di spingere il gruppo, comprese le risposte, siamo a 30 in una settimana. Non vedo tutto questo smodato interesse io. |
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Per dire che fanno doom non li hai neanche ascoltati, nemmeno per sbaglio. E parlare di ‘prezzolati’ è talmente ridicolo e fuori da tutto quello che è il mercato discografico attuale che sembra assurdo anche solo doverlo dire. La nazionalità non c’entra nulla e anzi al limite vale al contrario, dato che all’estero nelle critiche non sono mai stati teneri con i gruppi italiani. |
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E quindi ci dobbiamo accodare? Che ti devo dire? Saranno prezzolati anche loro... |
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Doom? All'estero stanno scrivendo che sono fenomenali......Nessuno è profeta in patria. |
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Niente di ché! Solito doom trito e ritrito... Però sono italiani e bisogna dire che sono bravi se no passiamo per esterofili. |
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Alla fine hanno fatto bene a metterlo in evidenza, vedi che interessa ha suscitato! Detto questo....ė un genere che mi piaceva di piú qualche anno fa, ho consumato letteralmente il primo album quando ė uscito, ora ascolto cose diverse ma non si può dire che non siamo davati ad un ottimo lavoro, passassero live dalle mie parti (campagna veneta) non mancherei assolutamente |
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Come dal nulla spuntano non so quanti utenti mai sentiti che incensano questo disco (e ci mancherebbe, i gusti non si discutono) e quasi insultano chi non lo apprezza (OPINIONI PERSONALI, E' DIFFICILE DA CAPIRE?), che strano... |
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Volevo fare la stessa domanda di Ricky al #28. Incuriosito sono andato ad ascoltarmi il primo su Bandcamp ed è bellissimo davvero, il problema (per me) è che è troppo lungo, cioè le canzoni forse esagerano, come numero e come lunghezza, ma è un problema mio e non toglie che la qualità sia alta. Ma questo? |
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Fino a un'ora fa il voto dei lettori stava sotto il 60 e se ne contavano 30. Ora siamo a 50 e sul 74,5. Gli ultimi commenti non mi paiono nemmeno di utenti di passaggio. |
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Bellissima recensione per un bellissimo disco. Album così sono gemme rare non sono in Italia, ma nel mondo.
Ovviamente per apprezzare musica colta ci vuole cultura. |
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Una delle migliori uscite del 2020 e non solo in ambito nazionale, altroché. Chiaro, bisogna amare e conoscere il genere, e in ambito classic Hard Rock con intenzione seventies e sfumature Prog non è che i Witchwood abbiano molti eguali, sia in patria che all'estero. L'intenzione musicale, l'abilità esecutiva, la libertà compositiva d'altri (ben più creativi) tempi appartengono a questa band e a questo disco che, a mio parere è probabilmente il migliore e più maturo della loro discografia. Non credo di peccare di retorica se definisco i Witchwood un patrimonio nazionale, lavori come questo parlano da sé. |
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Per me è il disco dell'anno. E lo dico consapevole delle molte uscite di valore del 2020; tanto da mettere al secondo posto "III: Pentecost" dei Wytch Hazel, e terzo "Forever Black" dei Cirith Ungol; ambedue dischi clamorosi. Quello dei White Magician, sotto menzionati, spacca e infatti è in top 10. Una cosa mi chiedo, senza fare polemica, né imporre la mia opinione su altri; ma due brani a caso, tipo l'intimista Crimson Moon, oppure la suite evocativa e sentita come Slow colours of share, come è possibile percepirli freddi o vuoti, quando in realtà avvolgono ed emozionano grandemente? Detto ciò, ribadisco che per me è il disco dell'anno, e i Witchwood sono orgoglio nazionale di cui andare fieri. |
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Se li cancelliamo non va bene perché vi censuriamo, se non li cancelliamo non va bene ugualmente perché vogliamo solo fare numero, siamo come il governo, piove ed è colpa nostra. Prendiamo atto |
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Scusate, certi commenti a mio parere anfdrebbero cancellati. A tutto c'è un limite. |
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Potrei chiedere dove avete ascoltato il nuovo disco?
È solo una curiosità. |
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Che commenti ridicoli che mi tocca leggere. Secondo me il disco lo avete ascltato "tanto per..." e basta sennò non si spiegherebbero certe sciocchezze. Abbiamo un bel mix di Hard Rock, Prog, Psych e Folk con alcune venature Jazz (vedasi certi interventi di tastiere) e Aor (le vocals Soul in un paio di episodi) e ve ne uscite con cose come "moscissimi". Meno male che il recensore non ha la mente bacata come la vostra. Mi dispiace essere così duro, ma leggere certe cose su lavori così di buona fattura fa capire perchè la scena nostrana non ha mai sfondato. |
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E' difficile da spiegare, ma essenzialmente i Witchwood mi sembrano una band anni settanta trapiantata ai giorni nostri, mentre buona parte della concorrenza è rappresentata da band dei nostri giorni che suonano rock anni settanta. Sto leggendo recensioni entusiastiche in parecchi siti stranieri, tra cui un 10 su metal temple. Bravissimi e italiani, cosa chiedere di più? Non ho ben capito perchè non possano essere in evidenza...... |
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Non li conoscevo. Scoperti grazie a questa recensione. Mamma mia che disco. Bravi, bravi. |
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eee i wytch hazel hanno scritto il disco hard rock dell'anno |
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Se un disco non piace uno può definirlo come vuole: sarebbe meglio "e' una merda"? No, perché comunque è ben suonato, ma a me dentro ha lasciato quelle sensazioni, piaccia o meno.
Più dei White Magician (buono ma non eccelso), meglio i Wytch Hazel, grandissimo disco. Ma come sonorità non sono proprio uguali al gruppo italiano. |
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per datevi fuoco.. ascolta dealers of divinity dei white magician, e confrontalo con questo.Vi è un divario qualitativo enorme a favore dei white |
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sono d'accordo con shock, li ho ascoltati anche io per via delle recensioni entusiastiche che hanno ricevuto ovunque....ma davvero niente di che |
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Qua di fenomeni che pensano di aver capito tutto ce ne sono anche troppi e naturalmente non gradiscono concorrenza. Se non senti che questo è un cazzo di disco, ti consiglio di smettere di ascoltare e di sforzarti un pochino di sentire. Vuoto e moscio sono due aggettivi che non si abbinano a questo album. Che piaccia o meno eh, quello è un altro discorso |
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Ogni tanto arriva il fenomeno (basta il nickname): il giudizio sul disco è basato sull'ascolto del medesimo, nel mio caso ripetuto più volte, non sul nulla. Ripeto: l'ho trovato noioso e senza spinta, vuoto dentro. |
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@Datevi fuoco Non è detto che chi "chiacchiera" non abbia ascoltato comunque eh... Ad esempio a me il disco di debutto piace moltissimo, l'ho ascoltato un sacco al momento dell'uscita e anche oggi talvolta lo rimetto su; ho apprezzato l'ep, che ha un paio di episodi notevoli, ma questo album invece non mi ha preso per niente, è come se fosse svanita la magia: obiettivamente ci sono ottimi pezzi, egregiamente composti e suonati, ma personalmente li sento molto "freddi" e la sensazione che mi aveva accompagnato col primo disco qui non si manifesta mai. Questo è un peccato. |
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Grandissima band, grande disco. Chi lo ha ascoltato lo sa, gli altri chiacchierano. |
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Riconosco la personalità e la bravura tecnico compositiva... Questi ragazzi sanno suonare e bene anche, però non mi dicono granché. Le canzoni scorrono senza che rimanga nulla. Per me un 65 solo per la bravura dei musicisti |
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Concordo con shock..ho ascoltato gli altri due lavori, ispiratissimo da copertine e recensioni..non mi dicono nulla |
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Visto l'entusiasmo ho provato ad ascoltare il disco. Boh, a me dice poco, li trovo moscissimi. |
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...ormai una certezza….consolidata…. |
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1
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Una delle migliori band italiane degli ultimi vent'anni. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Anthem for a Child 2. A Taste of Winter 3. Feelin' 4. A Crimson Moon 5. Hesperus 6. No Reason to Cry 7. Nasrid 8. Crazy Little Lover 9. Slow Colours of Shade 10. Child Star (Bonus track versione LP)
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Line Up
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Riccardo "Ricky" Dal Pane (Voce, Chitarra elettrica e acustica, Mandolino) Antonino "Woody" Stella (Chitarra solista) Stefano "Steve" Olivi (Hammond, Piano, Sintetizzatore, Moog) Samuele "Sam" Tesori (Flauto, Armonica) Luca "Celo" Celotti (Basso) Andrea "Andy" Palli (Batteria)
Musicisti Ospiti Diego Banchero (Basso su tracce 4,7) Natascia Platti (Voce su tracce 7,9) Jennifer Vargas (Voce su tracce 5,8)
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