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The Human Abstract - Midheaven
12/12/2020
( 853 letture )
Finalmente, dopo tanti anni, posso occuparmi di un rispolverato che ho sempre avuto a cuore. Come detto tempo fa da amici, colleghi e addetti ai lavori, quando Midheaven uscì nel 2008, in pochi eravamo a conoscenza della band americana, specialmente nel belpaese. Le cose non sono certo cambiate oggi, dopo un hiatus che dura dal 2011 (!) e nessuna informazione precisa sull’attuale stato del gruppo. Accostati spesso ad astri prog quali Protest the Hero e SikTh, i particolari e particolareggiati The Human Abstract hanno sfornato solo tre album, tutti molto personali e nel contempo diversi tra loro. Curioso fatto, specialmente se inserito in un contesto temporale alquanto breve. Caso strano ma gustosissimo quello dei THA, dunque. Un andi-rivieni di emozioni scollegate tra loro, un invisibile filo conduttore che, nell’arco di pochi anni, cercava di carpire le influenze math e prog della band, partorendo e sciorinando prove di rilievo notevoli (Nocturne , del 2006) e alcuni momenti meno brillanti (Digital Veil , del 2011). In mezzo a un turbinio di emozionanti tornado ritmici, si posiziona il qui presente Midheaven, un semi-concept davvero unico e sui-generis, spinto dalle idee bizzarre di Nikola Tesla e da pellicole come “Prestige” di Christopher Nolan. Un album che è difficile far capire a un lettore che non sia avvezzo alle sfumature neoclassiche e barocche della band, sempre avanti e mai spaventata all’idea di accostare assoli tecnici a partiture math-core (Metanoia) , così come digressioni progressive da brividi (A Violent Strike), passando per atmosfere epic (Counting Down the Days / A Dead World at Sunrise). Midheaven è un album compatto, diretto ma arzigogolato, passionale ed imperfetto: proprio questo lo rende un ascolto assolutamente imprescindibile, specialmente nel contesto del periodo storico (2008).

Da dove inziamo? Ovviamente dai 7 minuti dell’opener, con i suoi accenti sci-fi, l’intro alla Tool che si evolve in un incredibile up-tempo melo-death, tecnico e ruvido, tra voce aggressiva, riff staccati e assoli incrociati, curati dal bravissimo Andrew Tapley, che trasporta la band in un grandioso pre-chorus tipicamente prog/power, con batteria in levare dal suono tondo. Il bridge, corale e atipico, richiama i succitati Protest the Hero, con il suo feeling sospeso, il tapping e le tastiere atmosferiche che dipingono un contorno semplice ma efficace. Un brano variopinto e difficile da capire, specialmente durante il primo ascolto: impossibile non rimanere affascinati e spaesati durante il secondo bridge, ancora più barocco, che si spegne in un codino rarefatto ed elegante, con un’impressionante melodia di pianoforte, doppiata da basso e batteria e da un temporale che, minaccioso, si avvicina creando suspance prima dell’esplosione finale, nuovamente heavy e abrasiva.
Procession of the Fates riprende il tema principale di A Violent Strike, con intro pacato, suoni distanti, pioggia e atmosfera. Poi alcuni layer e una chitarra ancora ispirata e solitaria introduce un mid-tempo rockeggiante , dominato da una prova maiuscola di Nathan Ells, qui interprete perfetto. Qualche piacevole effetto digitale accompagna il pre-chorus in low-fi, accompagnato da un crescendo emozionale di ottima fattura. Il ritornello, meno immediato questa volta, si spezza in frammenti che alternano narrazione e canto, parole e melodia. Un solo destrutturato e progressivo funge da collante tra prima e seconda stanza, facendoci applaudire il talento particolare della band. È davvero l’astrazione umana a prevalere, anche durante i 5 minuti di Breathing Life into Devices, più vicina al metal-core di Nocturne, ma assolutamente complessa e folle nel suo impavido sali-scendi, tra breakdown ritmici e improvvisi stacchi jazz, dominati da crooning, pianoforte e delicata batteria. Il ritornello strizza l’occhio al pop-rock, mentre la successiva This World is Tomb è breve e intensa. Uno dei brani migliori del lotto è difatti una delicata e atmosferica ballata interpretativa, curata da un Nathan Ells in gran spolvero e dalle note di pianoforte di Sean Leonard. La band entra in scena solo in un secondo momento e rimane sullo sfondo per tutto il brano, lasciando le luci del palcoscenico a voce, emozioni e note di avorio. A tal proposito è da ammirare la contrapposizione emozionale e stilistica tra brani come This World is Tomb e Metanoia , unite a livello musicale ma assolutamente agli antipodi. Ancora partiture tecniche e progressive durante il giro di boa. Aggressione vocale e sonora, complessità, un pizzico di follia e autocompiacimento ci svelano l’ennesimo lato sperimentale e impavido della band, che non sempre azzecca gli agganci e i richiami, ma quasi sempre ci comunica qualcosa di forte. L’accelerazione e l’assolo sono goderecci e ancora una volta si evolvono, esattamente come in A Violent Strike in un breve up-tempo bagnato di melodic death. E mentre The Path , breve canovaccio rock, esemplifica il concetto aperto degli The Human Abstract, Echoes of the Spirit si presenta come un altro dei brani top di tutto Midheaven: andamento incerto, un gradevole ritornello che esce subdolamente dalla porta di servizio per lasciare posto alla chitarra solista di Andrew Tapley e alla bravura di Nathan Ells. Egregio il lavoro ritmico e compositivo del co-fondatore Dean Herrera e di Brett Powell il quale, quasi controtendenza, utilizza pochissimo la doppia-cassa in favore di partiture più aperte e meno invasive, anche se non tecnicissime.

Il meglio, a parer mio, giunge proprio con l’ultimo tris. L’Avventura di Midheaven finisce con il botto. Calm in the Chaos / Counting Down the Days / A Dead World at Sunrise sono un trittico prog spaventosamente affascinante, dove la prima delle tre composizioni alterna sfuriate metal a un’interpretazione vocale variopinta, brevi assoli atmosferici ed enfasi pura; il secondo dei tre brani finali (nonché singolo/video) è altrettanto fascinoso e convincente ma ha più tempo per svilupparsi grazie alla struttura più dilatata. Battaglie e suoni grevi, tastiere epicheggianti e rumoristica avanzata. Pianoforte e una breve, oscura marcia di cristallina perfezione, calibrata da una linea melodica e da riverberi chitarristici davvero azzeccati. Il ritornello è da cantare a squarciagola mentre le evoluzioni soliste spadroneggiano e costruiscono un improvvisato quanto gradito ponte metallico, sbeffeggiato da un insolente breakdown groovy e da una breve parentesi growl-recitata. Counting Down the Days è la sintesi perfetta di prog, power e math-core, per quanto questo distillato sia effettivamente possibile. Ma nulla da dire, anche perché rimaniamo sostanzialmente a bocca aperta durante l’epilogo vero e proprio, dominato dalla stupenda A Dead World at Sunrise che -già dal titolo- promette malinconia e lacrime.
Il finale solenne si spoglia della complessità di alcune composizioni per far spazio a un andamento drammatico e corposo. Una ballad post-battagliera e pungente, dove la voce graffiante, imperfetta ma personale di Ells si prende tutta la scena. Bastano i synth d’ambiente e il crescendo strumentale al minuto 1:50 per farci piangere, con un ritornello che vive di vita propria e si immerge in un mondo epico dai toni accesi e teatrali. È tutto nascosto nella nostra memoria, infine.

Inchino finale per un’opera particolare e fuori-schema. Un album vero e vivo, forse esagerato a tratti, ma che riesce ancora oggi (dodici anni dopo) a farmi emozionare. La band dichiarò poco dopo che Midheaven era un album troppo avanti sia per il periodo che per il percorso della band. Unico LP scevro della presenza del leader fondatore/chitarrista AJ Barrette e l’unico ad essere stato prodotto dal leggendario Toby Wright è anche l’album più bello ed enfatico dei THA. Band che si accesa ed è tecnicamente esplosa per poco tempo, lasciando buonissimi ricordi ai pochi che, anni fa, sono riusciti seguire la loro breve ma coraggiosa discografia. Di tanto in tanto, Midheaven è un album che va riascoltato perché, sebbene non fondamentale, rimane unico nel suo genere.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
81 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2008
Hopeless Records
Prog Metal
Tracklist
1. A Violent Strike
2. Procession of the Fates
3. Breathing Life into Devices
4. This World is a Tomb
5. Metanoia
6. The Path
7. Echoes of the Spirit
8. Calm in the Chaos
9. Counting Down the Days
10. A Dead World at Sunrise
Line Up
Nathan Ells (Voce)
Dean Herrera (Chitarra, Basso)
Andrew Tapley (Chitarra)
Sean Leonard (Tastiera)
Sean Hurley (Basso)
Brett Powell (Batteria)
 
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