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Reb Beach - A View From The Inside
17/12/2020
( 622 letture )
Ci sono artisti per i quali, ancor prima delle valutazioni sulla buona riuscita o meno di un disco da loro firmato dopo uno scrupoloso e ripetuto ascolto, a parlare è il curriculum e tanto basta a concedergli sin da subito una certa dose di fiducia, a prescindere, il più delle volte ripagata e a ragione.
Reb Beach rientra nella schiera di questi artisti, fuoriclasse assoluti che popolano e animano l’affollato Olimpo degli Dei del rock con il proprio talento cristallino, il cui solo nome è garanzia di qualità oltre ogni ragionevole dubbio.
E come potrebbe essere altrimenti?
Una carriera, quella del chitarrista statunitense, da incorniciare vista la militanza in band storiche quali Winger, Whitesnake e Dokken, senza contare le collaborazioni con artisti del calibro di Alice Cooper.
Reb è tutt’oggi sugli scudi, più in forma che mai, ad aggiungere preziosi tasselli al collage perfetto che è quel capolavoro di percorso intrapreso fin qui.
Il lockdown deve aver fatto bene al nostro paladino della sei corde poiché gli ha permesso, dopo ben diciannove anni dall’ultimo disco da solista, di sfruttare lo stop forzato per dedicarsi a tempo pieno ad un nuovo progetto che esorcizzasse i demoni generati dalla frustrazione di chi inattivo non riesce a starci neppure un secondo, dando sfogo ad una rinnovata ed appassionata creatività che non ha tardato a dare i frutti sperati
E così A View From The Inside, ancor prima che un pregevole disco instrumental, risulta essere un vero e proprio toccasana, un frullato genuino di positività che non lascerà indifferenti neppure i meno avvezzi all’ascolto di album di questo tipo i quali dovranno inevitabilmente convenire che è pressoché impossibile non lasciarsi travolgere da questa carica di energia prorompente e, oseremmo, motivazionale.
Pronti, allora? Si parte! Good vibes comin’ next!

Il mastermind del progetto, ancora una volta reso possibile dalla Frontiers, per la cui realizzazione si è avvalso di numerosi musicisti ospiti (vale la pena citare la partecipazione del nostro Michele Luppi al piano in 2 occasioni), ha dichiarato di aver pensato a dieci canzoni che avrebbe sopperito alla mancanza di vocals (salvo la fugace ma significativa partecipazione di David Coverdale che pronuncia le parole ‘’Black Magic’’ nell’omonima traccia, un esplosivo concentrato di hard rock) con una struttura musicale capace di non farle rimpiangere e che richiamasse lo schema collaudato dalle band composto da intro-verso-ritornello-verso-bridge-chiusura.
Reb Beach ha di fatto cucito le partiture della chitarra sulla linea immaginaria che avrebbe tracciato la voce di un ipotetico cantante col chiaro intento di non far calare mai l’interesse, o peggio, annoiare l’ascoltatore durante tutta la durata dell’album.
I puristi della chitarra, ai quali il disco non potrà che stuzzicare le più recondite fantasie per la bellezza dei passaggi tratteggiati con eleganza sopraffina, non potranno fare a meno di registrare in tanti frangenti l’eredità di Steve Vai e Joe Satriani mentre i meno pretenziosi avranno comunque di che rallegrarsi vista la grande varietà proposta in questa frizzante release.
Ce n’è per tutti i gusti: dal fusion di Little Robots al proto-funk dal groove incalzante di Attack of The Massive, senza disdegnare gli echi vagamente AOR della splendida Whiplash, i guizzi dal retrogusto neoclassico di Aurora Borealis, il blues ‘’spaziale’’ dell’intensa Hawkdance arricchita dagli intermezzi con synth e la morbidissima Sea of Tranquillity coronata da un assolo spettacolare che offre la più palpabile delle conferme sulla bravura di quello che non esiteremmo a definire un vero e proprio guitar hero.
Il pregio del disco è quello di offrire nuovi spunti e territori vergini da esplorare in ognuna delle tracce incluse, come se le canzoni non fossero altro che tappe intermedie in un viaggio sensazionale alla scoperta dei generi musicali più disparati.
I fraseggi di Reb Beach, ora soavi, ora dolci, ora inspessiti dalla natura più grintosa ed heavy dello statunitense, che non viene mai sepolta ma anzi esaltata laddove necessario, riescono a coesistere in un complesso armonico basato su melodie di rara bellezza.

A View From The Inside non è un disco ‘’commerciale’’ nel senso stretto del termine poiché si destreggia fra sperimentalismi di alta scuola e tecnicismi, seppur circoscrivendo in una forma per nulla estraniante i singoli pezzi, godibilissimi e variegati.
Non possiamo fare a meno di raccomandarne l’ascolto a tutti gli appassionati di album strumentali, certo, ma anche a chiunque intenda trascorrere dei momenti di pura spensieratezza in compagnia di quella che più semplicemente va definita come la buona musica e dalla quale tutti avremmo bisogno di attingere per arricchire la tavolozza dei colori con cui dipingere le nostre giornate.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
84.5 su 6 voti [ VOTA]
JC
Giovedì 17 Dicembre 2020, 18.21.42
1
Onesto disco strumentale. C'è la qualità e la quantità, voto e recensione perfetti.
INFORMAZIONI
2020
Frontiers Records
Hard Rock
Tracklist
1. Black Magic
2. Little Robots
3. Aurora Borealis
4. Infinito 1122
5. Attack Of The Massive
6. The Way Home
7. Whiplash
8. Hawkdance
9. Cutting Love
10. Sea Of Tranquillity
Line Up
Reb Beach (chitarre, basso su tracce 4 e 9, tastiere su tracce 4, 6 e 11)
David Throckmorton (batteria)
Robert Langley (batteria su traccia 6)
Michele Luppi (pianoforte su traccia 3 e 10)
Phillip Bynoe (basso su tracce 1, 2, 3, 8, 10 e 11)
John Hall (basso su tracce 5, 6 e 7)
Paul Brown (tastiere su tracce 1, 2, 5, 7)

 
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