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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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17/12/2020
( 2322 letture )
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Fondati nel 1996 ad Amburgo dal mastermind Piet Sielck, tornano a farsi sentire in questo 2020 con Skycrest gli Iron Savior, gruppo power influenzato dai più classici gruppi heavy e power (primi su tutti Helloween e Gamma Ray, complice anche la militanza di Kay Hansen), che disco dopo disco è riuscito a ritagliarsi un suo spazietto nella scena, tirando fuori dischi che magari pur non essendo dei capolavori assoluti risultano estremamente onesti e piacevoli, diventando così una realtà solidissima e con un certo valore storico se si va a guardare il filone del power tedesco. Nonostante i cambiamenti nella formazione Sielck è sempre presente, ed anche qui su Skycrest è in prima linea alla chitarra e alla voce, e dietro le quinte, in qualità di produttore (il disco è registrato al suo studio di Amburgo, il Powerhouse Studios), mettendoci la giusta grinta, tirando fuori musica valida e senza presunzione (anche se a volte sembra andare con l’autopilota).
Skycrest è così, un disco ben fatto, capace di racchiudere tonnellate di esaltazione ed energia power metal, senza mai perdere colpi o risultare eccessivo o stucchevole, che talvolta rischia di perdersi un po’ nella sua compattezza e nella prevedibilità (elemento spesso da tenere in considerazione in questo genere di dischi). Al di là di questo ci sono le carte in regola per far felici gli amanti del power e degli Iron Savior: dopo la piccola introduzione strumentale The Guardian trova subito spazio all’esplosiva Skycrest che si snoda tra strofe “andanti”, assoli di chitarra tecnici ma al contempo melodici e un efficace ritornello. Lo stesso si può dire per Our Time Has Come, martellante e cattiva, con un ritornello più corale. Si passa all’ heavy/power con Hellbreaker, Souleater e Welcome to the New World, dove le ritmiche si fanno ancor più dure e i toni diventano a tratti più “sporchi” e cattivi, senza perdere mai di vista lo stile tipico della band, fatto di cori, schitarrate incalzanti e da una grande orecchiabilità, tutte cose portate all’ennesima potenza nella successiva There Can Be Only One. Silver Bullet probabilmente una delle canzoni meglio riuscite del disco insieme alla titletrack e alla conclusiva Ode to the Brave, dove tutto si fa più movimentato e frizzante, portando alla mente i Gamma Ray. La prestazione della band è ottima: Joachim “Piesel” Küstner alla chitarra ci mette grande energia e tecnica, sorretto dalla solida accoppiata Jan S. Eckert-Patrick Klose al basso e alla batteria. Piccola scappatella in territori più rockeggianti (chiaramente mantenendo sempre la propria identità) con l’accattivante End of the Rainbow e la corale Raise the Flag che porta una piccola ventata di cambiamento, anche se non è questo il genere di canzone in cui gli Iron Savior fanno la differenza, così come non lo sarebbero le power ballad come Ease Your Pain, che in verità nel complesso scorre con la giusta intensità ed espressività.
Skycrest non è un disco che cambia gli equilibri del panorama musicale e non aggiunge niente ma mostra una band in forma, con voglia di suonare e in grado di proporre sempre il solito power made in Amburgo, piacevole e carico di positività, stando a Sielck quasi a contrastare questo momento storico deprimente (tra il Covid e la malattia con la quale a inizio anno ha combattuto l’ottimo Jan S. Eckert). C’è tutto quello che ci si aspetta: sono sempre le solite cose, ma con la grinta degli Iron Savior bastano e avanzano. Non c’è sperimentazione e non c’è spazio per soluzioni alternative fuori dagli schemi, ma gli Iron Savior non sono questo (e probabilmente è sbagliato cercare questo nella loro musica): il quartetto tedesco è fatto di power metal e su questo campo sanno farsi valere. Skycrest ne è l’ennesima validissima prova.
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Concordo con leo... Questo Victory passa da una recensione all'altra.... criticando tutto e tutti 😳😳, atteggiandosi a grande recensore . Vorrei proprio leggerle le sue recensioni ( su uno dei principali portali italiani!! Sic!!). È proprio vero che la supponenza appartiene alla mediocrità. Bravo Nic, sei stato fin troppo gentile nella tua garbata risposta. La prossima volta mettici un po' di cattiveria. |
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Le vorrei tanto leggere le recensioni di certi commentatori... |
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@Nic. Apprezzo il tuo commento e la tua ironia. Io da recensore per uno dei principali portali italiani (di cui ovviamente nn faccio nome), mi permetto di contestare il tutto con superficiale, breve, banale, approssimativa in quanto il mio schema di recensire, che resiste da un decennio è piu dettagliato, studiato e cerco di approfondire ogni disco nei particolari anche se sono conscio forse 1 lettore su 30 stara a leggere ogni dettaglio da me espresso, ma si tratta semplicemente di esperienza sul campo che viene posta in essere in maniera del tutto naturale e spontanea. Tuttavia apprezzo la tua ironia nel commento, cosi si fa. Molti avrebbero mandato a cagare (giustamente )
Tornando al disco, lo trovo meno incisivo del penultimo gran lavoro, ma anche qui gli Iron Savior dimostrano di essere una delle poche power metal band di punta a mantenere un costante livello qualitativo più che discreto pur non inventando nulla di nuovo. Un caro saluto
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Concordo pienamente con JC. Anche a me non piacciono i recensori che sfoggiano tutte quelle parole astruse per non dire fondamentalmente nulla. Manco fossero degli scrittori mancati... Nic continua così! |
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Ciao Nic, solo per dire che condivido e apprezzo il tuo approccio. Non amo molto i recensori che mettono sè stessi davanti al disco recensito, facendo sfoggio di una retorica che, a 40 anni, trovo stucchevole e narcisista. Al contrario, a 16 anni mi facevano sognare. Ma era anche un'altra epoca, senza internet, dove il 90% dei dischi non li avresti mai ascoltati e si conoscevano solo tramite le riviste. |
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@VICTORY Ciao e grazie per il commento! Volevo giusto chiarire un paio di cose. Il voto per prima cosa va preso per quello che è. C'è sempre un margine di errore: già di suo è si tratta di un criterio abbastanza personale (difatti si chiama "voto del recensore") e per quanto ci si possa sforzare a metterlo in modo abbastanza coerente con i voti degli altri dischi della band (cosa che cerco di fare sempre) risulta impossibile: ogni recensore è differente, ogni valutazione ha il suo lato soggettivo contestabile, non esiste una proporzione per valutare i dischi. Per me "Skycrest" è al livello (numeretto in più, numeretto in meno) con il resto della discografia e con "The Landing" che qui ha un 80. Alla fine è un disco buono (tu stesso gli hai dato un 72), che in questa annata a livello di musica power ho apprezzato e che comunque conferma il costante buon livello della band: forse 80 è un po’ generoso, ma ho deciso di premiare la band e per me alla fine ci può stare (anche oggettivamente non credo di aver sbagliato di molto).
Sulla parte del tuo commento “Recensione superficiale, breve, banale, approssimativa” ti spiego il mio punto di vista: nelle recensioni cerco di tenere sempre una breve parte introduttiva, una parte centrale legata all’ascolto del disco e una finale con alcune brevi considerazioni. Molti recensori sono più bravi di me e lo so, ma alla fine il compito di un recensore è quello di descrivere un disco (non mostrare la propria abilità nel far giri di parole) e secondo me è giusto farlo attraverso una formula abbastanza scorrevole. Per me la recensione non deve essere necessariamente un’analisi approfondita di ogni canzone del disco (altrimenti sarebbe un approfondimento come quelli che trovi negli articoli), ma deve descriverlo in maniera breve e possibilmente efficace. Per te ed altri giustamente è un difetto, per me (e spero di non essere l'unico) sarebbe un difetto fare una recensione prolissa, che ci si mette di più a leggerla che ad ascoltare il disco in sé, anche per rispetto del lettore (tendenzialmente gente esperta del genere a cui non voglio far perdere tempo), a cui voglio dare qualche input sul disco per poi approfondire autonomamente e dare il via a uno scambio di opinioni. In ogni caso accetto le critiche che sono sempre lecite e sempre benvenute, magari in futuro ti invito a farle con un po’ più di motivazione sotto, perché così sono un po’ “superficiali, brevi, banali, approssimative” e non mi danno tanti spunti per migliorare nei prossimi scritti (a tal proposito mi sarebbe piaciuto sapere dove ho approssimato e dove avrei dovuto scavare di più) In ogni caso ancora grazie e buone feste! |
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10
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Il disco è da 72 massimo. se diamo 80 a questo ai primi 2 diacmo 110....e al penultimo 95? dai su.
Recensione superficiale, breve, banale, aprossimativa |
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9
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Che disco di merda! trito e ritrito... |
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8
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Le nuove uscite di questa band mi servono per ricordarmi che possiedo il primo e soprattutto Unification, disco della madonna, (nella band c'era ancora l'immenso zio Hansen) preso alla Virgin a Bologna da studente universitario metallaro. Che ricordi. |
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7
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Amici, Compagni, Fratelli: The Landing ha 3 pezzi che sono super classici della band (The Savior, Starlight, Heavy Metal never dies), è un buonissimo disco. Ad ogni modo la mia top three è:
Iron Savior
Unification
Titanfall |
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6
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Sì in effetti Battering Ram anche per me è quello un po’ più fiacco. The Landing dovrei andare a riascoltarmelo... 🤔 |
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5
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Sai che a furia di ascoltarlo potrei dirti la stessa cosa... I primi 4 album (in primis i primi due ma fino a Condition Red) sono i migliori in assoluto poi effettivamente dischi che si assestano su un simile livello (70 - 75 abbondanti come voto, tranne forse Battering Ram un pò sotto il 70). Questo e The landing direi i migliori dopo i primi 4 capolavori. Confermo il mio 80 |
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4
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Magari esagero, ma per me è il loro miglior album dai tempi di Condition Red. Intendiamoci: negli ultimi 15 anni non si sono mai avvicinati al livello dell’omonimo e di Unification, pur avendo mantenuto sempre un livello ‘almeno’ discreto; dischi onesti che mi son sempre rimasti simpatici e che ho ascoltato con piacere. Questo ultimo però a me sembra che abbia qualcosa in più: Skycrest, Souleater, Silver Bullet, End of the Rainbow sono pezzi riusciti al 100%, e ottimi spunti si trovano anche nella power ballad Ease Your Pain e nella conclusiva Ode to the Brave. E siamo già a più di metà album. Non credo che smetterò di ascoltarlo molto presto. Bravi! Voto 80 |
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3
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L'ennesimo bel disco di una band che ha sempre assestato colpi vincenti. Peccato che non abbiano mai sfornato un vero capolavoro assoluto (anche se i primi 2 album ci si avvicinano). Voto 80, quoto il recensore |
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2
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Un gruppo ancora fresco per un genere che spesso suona tutto il contrario. Non hanno voluto strafare (come i rage o i Guardian) e risultano ancora attuali e piacevoli. I singoli di questo album sono ottimi |
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1
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Sono molto affezionato agli Iron Savior, ricordo ancora con gioia il loro debutto come super band. Hanno mantenuto una qualità costante nelle uscite, confermata anche in questo. Ancora non ho letto i testi, non ho visto se prosegue il concept dell'Iron Savior. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Guardian 2. Skycrest 3. Our Time Has Come 4. Hellbreaker 5. Souleater 6. Welcome to the New World 7. There Can Be Only One 8. Silver Bullet 9. Raise the Flag 10. End of the Rainbow 11. Ease Your Pain 12. Ode to the Brave
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Line Up
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Piet Sielck (Voce, chitarra) Joachim “Piesel” Küstner (Chitarra) Jan S. Eckert (Basso) Patrick Klose (Batteria)
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