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Wayfarer - A Romance with Violence
21/12/2020
( 1985 letture )
Nel corso dell’ultimo decennio, dagli Stati Uniti si è elevato un muro di suono che alla furia del black metal unisce le fascinazioni della musica folk americana, rievocando immagini degli immensi spazi incontaminati che hanno ispirato una gran parte del cinema western. Si pensi a band come Falls of Rauros o Panopticon, oltre che al gruppo di cui oggi andiamo a parlare: originari di Denver, Colorado, i Wayfarer giungono con A Romance with Violence al traguardo del quarto full length a sei anni di distanza dal debutto, Children of the Iron Age.

Da allora di strada ne è stata fatta. Non solo lo spirito folk ha assunto un ruolo di maggior rilievo nella proposta musicale del quartetto guidato da Shane McCarthy - si pensi alla stupenda sezione acustica che irrompe a metà di The Crimson Rider (Gallows Frontiers, Act I) -, ma la carica epica che la caratterizza ha ormai interiorizzato anche quello spirito lieve e scanzonato che è proprio del teatro vaudeville che caratterizzò la cultura popolare statunitense tra il 1890 e la Prima Guerra Mondiale. The Curtain Pulls Back, una breve intro al pianoforte, ne dà un gustosissimo assaggio, prima di lasciare il posto ai tonici muscoli metallici dei Wayfarer con la suite in due parti Gallows Frontiers. Qui il black metal è prepotentemente abbellito con ritmiche death metal, in una commistione vicina a quello che viene solitamente chiamato blackened death metal (i Behemoth ne sono un classico esempio) ma comunque distante dagli stereotipi che caratterizzano questo genere. La durezza della proposta non è ammantata di oscurità ma mira ad atmosfere bucoliche e desolate, grazie ad un riffing che privilegia spesso la complessità della scrittura, ricca di arzigogoli delle sei corde -perfettamente accompagnate dalla solida batteria di Isaac Faulk-, senza però esplorare le tipiche dissonanze sgradevoli e disturbanti. La già citata The Crimson Rider e la successiva seconda parte della suite, The Iron Horse, rievocano gli scontri tra cowboy ed indiani, spesso violenti e sanguinosi, che tappezzavano le pellicole dei grandi maestri del western classico (basti pensare che The Iron Horse, espressione con la quale si indicava il treno, è anche il titolo di uno dei massimi capolavori di John Ford):

From bastard god, to steam powered daemon
The apostoles follow in the cavalcade
Reavers and raiders, hunters and harbringers
A path is struck – exstintion begins


Con questi due accessi di metal estremo e fortemente atmosferico, i Wayfarer dipingono il tramonto del mito del West americano. Un tributo agli scontri che hanno annaffiato di sangue il suolo statunitense ed a tutta quella ricca e densa tradizione popolare che guardava a quei territori come ad una terra di violenza e meraviglia insieme. La successiva Fire & Gold, che si fonde alla precedente lasciandosi da questa penetrare, è una canzone decisamente più lenta e pacata. La durezza metallica viene messa da parte, in un capitolo assai suggestivo nel quale i riverberi e la costruzione di un’atmosfera sognante e malinconica la fanno da padrone. È questo un pezzo che ammicca a quel sound post-rock/post-metal che negli ultimi anni ha saputo regalare tantissime gioie ai fan di tutto il mondo, ad esempio con l’opera di band quali Sòlstafir. Masquerade of the Gunslinger torna a battere il sentiero del death metal raffinato e melodico. Come già fatto in precedenza, qui la durezza del suono non fa rima con la rozzezza del medesimo. E tornano ora in mente le sublimi colonne sonore del Maestro Ennio Morricone; torna in mente, specie nella seconda metà del brano, Tuco Ramìrez (Eli Wallach) che corre in tondo, sulle note di The Ecstasy of Gold, nel cimitero durante la parte finale de Il Buono, il Brutto, il Cattivo di Sergio Leone - per chi scrive, la sua massima opera -; tornano in mente i tesissimi duelli che il regista romano ha elevato ad opera d’arte. Con questa canzone, i Wayfarer hanno composto forse il più grande omaggio a due dei massimi artisti italiani del secolo scorso. Intermission è, come suggerisce il titolo, un breve interludio strumentale durante il quale una chitarra simil-acustica e riccamente effettata accompagna l’ascoltatore all’ultimo capitolo di questo viaggio tra le desertiche lande americane. Vaudeville è la perfetta conclusione di un disco eccellente. L’intro è dominato da un riff ipnotico delle chitarre e dal crescendo della batteria, perfettamente sostenuto dal basso di Jamie Hansen. Il prosieguo è incalzante e le melodie che accompagnano le strofe non sfigurerebbero come colonna sonora di un film western (post-)moderno come Django Unchained di Quentin Tarantino. Tutto il brano è attraversato da un impeto epico che punta alla grandiosità, nella speranza forse di una deflagrazione divina che investa e percuota l’animo dell’ascoltatore. Il finale, tuttavia, smorza l’effetto dinamico del brano: la miccia di questa dinamite si spegne prima che l’esplosione possa aver luogo. La scelta del “fade out”, per usare un’espressione cinematografica, estingue quella carica magniloquente del brano, smorzandone l’effetto. Il meraviglioso crescendo che si sviluppa nel corso di questi dieci minuti finali viene ridotto al silenzio da un “diminuendo” che, negli ultimissimi secondi, lascia il posto al distante coro bianco che ha attraversato la canzone.

A Romance with Violence dei Wayfarer, dunque. Come descrivere questo disco in poche parole, per chiudere il discorso? Sono giorni, nel momento in cui sto scrivendo queste parole, che ci penso, eppure non mi sovviene alcunché. Ogni formula sintetica che mi sia venuta in mente tendeva o alla riduzione ai minimi termini della bellezza del disco o ad un’eccessiva divinizzazione della stessa. L’unica soluzione a questo mio personale dilemma è la seguente: ascoltate voi stessi l’album e trovatene voi una.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
94.75 su 4 voti [ VOTA]
Jan Hus
Sabato 9 Gennaio 2021, 0.00.45
9
Preso oggi. Non conosco i precedenti, questo è ottimo, straordinariamente coinvolgente.
Stagger Lee
Lunedì 28 Dicembre 2020, 13.28.39
8
Confermo il voto, per me un capolavoro, consigliatissimo! La mia esposa stava al fiume señor, a lavare... un gringo l'aggredì e la voleva... e ho corso in suo aiuto... avevo il coltello... quello mi guarda con gli occhi spalancati e muore... nel cadere avrà battuto la testa... io gli ho dato solo qualche coltellata...
Freccia
Martedì 22 Dicembre 2020, 9.18.30
7
La recensione mi ha incuriosito molto, corro ad ascoltarlo!
Nòesis
Martedì 22 Dicembre 2020, 2.06.42
6
Da maniaco di Morricone, dei Gianni Garko e dei George Hilton quale sono deduco che dovrò dargli un orecchio. W il cinema di genere italiano
Black Me Out
Lunedì 21 Dicembre 2020, 13.42.23
5
Questo, insieme a quello degli Onségen Ensemble, crea un'accoppiata veramente di gusto. Ottima conferma i Wayfarer.
No Fun
Lunedì 21 Dicembre 2020, 12.18.09
4
Aaaah, grandi l'avete recensito! L'omaggio a Morricone è proprio rivendicato, anzi il disco nel booklet gli è dedicato, essendo morto proprio quest'anno. È un gran bel disco però per me resta inferiore al precedente che era molto più massiccio e che vorrei veder rispolverato anche solo per la cover, la più bella di sempre secondo me. Qui c'è tanta varietà, sono più maturi e si sente, però si sentono anche troppo le citazioni cinematografiche, si sente la "finzione" mentre nell'altro il West era qualcosa di reale, il respiro del luogo da cui provengono, il Colorado e le Montagne Rocciose. Sarebbe bello sentirli dal vivo all'aperto in qualche festival, ma chissà quando sarà possibile.
McCallon
Lunedì 21 Dicembre 2020, 12.12.24
3
Grazie Tyst, e complimenti ancora per la recensione!
Tyst
Lunedì 21 Dicembre 2020, 12.08.11
2
@McCallon l'elemento black non è preponderante ma un elemento equilibrato da elementi death. Nulla di "gorgorothiano", per intenderci, ma un metal estremo assai elegante e raffinato. Dunque sì, pur non conoscendo i tuoi gusti, è consigliato anche per uno come te
McCallon
Lunedì 21 Dicembre 2020, 11.42.32
1
Non sono un amante del black ma - non pretendo d'essere originale - mi sono appassionato ai Western "italiani" con Leone, Corbucci, perchè no, Valerii (Il Mio Nome è Nessuno è forse il primo film western che mio nonno mi fece vedere da piccolo, complici probabilmente anche i toni più leggeri del film); consigliato, per uno come me? Nel dubbio credo che metterò in pratica il suggerimento posto in chiusura alla recensione.
INFORMAZIONI
2020
Profound Lore Records
Folk/Black
Tracklist
1. The Curtain Pulls Back
2. The Crimson Rider (Gallows Frontier, Act I)
3. The Iron Horse (Gallows Frontier, Act II)
4. Fire & Gold
5. Masquerade of the Gunslingers
6. Intermission
7. Vaudeville
Line Up
Shane McCarthy (Voce, Chitarra)
Joey Truscelli (Chitarra)
Jamie Hansen (Voce, Basso)
Isaac Faulk (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Anthony Limon (Voce Aggiunta nella traccia 1)
Kelly Shilling (Voce Aggiunta nella traccia 7)
Colin Marston (Tastiere nelle tracce 2 e 5)
 
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