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10/05/21
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LEGEND CLUB - MILANO
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Asphyx - Embrace the Death
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30/01/2021
( 506 letture )
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A volte è interessante uscire dalle proprie consolidate abitudini per esplorare nuovi lidi e nuove esperienze. È il caso, per il sottoscritto, del presente album. Chi ha avuto modo di esanimare le mie recensioni negli anni avrà notato come il mio terreno di riferimento sia fortemente radicato nell’area hard rock, stile e influenza assai distante da ciò che ci troviamo ad analizzare qui e ora. Parlando degli Asphyx infatti, siamo a trattare di un gruppo olandese che fa parte a pieno del genere Death Metal, contaminato da evidentissime radici Doom. Per capirci, anche se gli appassionati non hanno certo bisogno di queste indicazioni, ci troviamo a parlare di un genere caratterizzato da chitarre “spesse” e violentissime, voce growl e sepolcrale, alternanza fra parti velocissime e brutali e mid-tempo cadenzatissimi e lugubri. Atmosfere opprimenti e sepolcrali fanno da padrone, alternate sapientemente a micidiali break in doppia cassa e blast-beat, mentre le linee vocali sono quanto di più lontano vi possa essere da dolci melodie di accompagnamento. Si tratta dello stile musicale che ha visto, nei primi anni ’90, gruppi come Paradise Lost, My Dying Bride e Anathema, nelle fasi iniziali delle loro lunghe carriere, indicare la strada da seguire per tutti. In questo settore, gli Asphyx sono il prototipo del “gruppo di nicchia”, ossia un complesso che ha saputo produrre valide realizzazioni e consolidare una solida base di fans, ma nello stesso tempo non è mai riuscito a raggiungere i vertici della scena, né a raggiungere una stabilità e una continuità di attività tali da diventare un riferimento assoluto per tutti gli appassionati. Oltretutto, nicchia nella nicchia, il presente album, uscito nel 1996 e quindi formalmente il quarto della band, è in realtà una riedizione, ben poco riveduta e corretta, del loro primo album, realizzato nel 1990 ma mai giunto alla pubblicazione in maniera ufficiale per vari motivi; a questo sono state aggiunte due tracce bonus finali, provenienti dal primo singolo Mutilating Process del 1989.
Il contenuto di queste quattordici tracce, comprendenti, oltre alle due tracce bonus di cui sopra, un’introduzione e una coda strumentali, è quindi un perfetto e incredibilmente incontaminato esempio di come si suonava, o si provava a suonare, death metal nelle cantine del Nord Europa alla fine degli anni ’80. Vi troviamo tutti gli ingredienti fondamentali: chitarre ultra-ribassate e particolarmente opprimenti, sezione ritmica che alterna accelerazioni brutali e rallentamenti da marcia funebre, improvvisi “stop and go”, brani lunghi e articolati, che vanno ben al di là, come struttura, della classica “forma-canzone”. L’aspetto più interessante, per gli appassionati del genere, è che questo album risulta anagraficamente precedente a tutti i capisaldi del settore, e le diverse parti degne di interesse che emergono all’ascolto dei brani fanno intuire come gli Asphyx, se fossero riusciti a dare continuità alla propria attività e non si fossero trovati, sin da subito, seppelliti da numerosi problemi discografici e altrettanto numerosi cambi di formazione, avrebbero forse avuto le potenzialità, negli anni successivi, per giocarsi le loro carte di fronte ai succitati maestri del genere; i quali, non dimentichiamolo, erano anch’essi agli esordi (Paradise Lost) o ancora distanti dalle prime pubblicazioni (My Dying Bride e Anathema, i cui debut album sono rispettivamente del 1992 e del 1993). La resa sonora, tipicamente “underground” (per intenderci: suona come un discreto demo-tape, non meglio) rende ancora più particolare il risultato e permette di coglierne la spontaneità e la freschezza. Purtroppo non mancano gli aspetti negativi, quasi fisiologici dato che si tratta di un’opera di esordio: in primo luogo la lunghezza dei brani. Gli Asphyx commettono, in perfetta buona fede, il classico “errore degli esordienti”, ossia fanno il passo più lungo della gamba: i pezzi sono complessi, lunghi, articolati e – sulla carta – proprio per questo interessanti; nella realtà invece è assai facile perdere il bandolo della matassa dopo poche decine di secondi, e rendersi conto come tutte le canzoni finiscano per essere un insieme di riff, accelerazioni e frenate accatastate una dopo l’altra, senza un’apparente logica di base. E, soprattutto, finiscano per essere un po’ tutte uguali, il che non aiuta certo l’assimilazione. Altro aspetto penalizzante: la voce. Premetto che, da non appassionato del genere, non ho una gran predilezione per le voci growl; tuttavia anche io, ascoltatore occasionale, so riconoscere quando un cantante, anche estremo, è una marcia in più per la band o quando invece risulta una “palla al piede”. Il buon Theo Lomans, con la sua voce gutturale, strascicata e forzatamente sepolcrale, purtroppo in gran parte del disco finisce per essere un punto di demerito e per penalizzare brani che, dal lato strumentale, non sarebbero niente male; cantati così invece non riescono a colpire più di tanto, e la noia rischia di essere dietro l’angolo. Può darsi che gli aficionados del genere riescano ad apprezzarla assai di più di quanto non riesca io; tuttavia la differenza rispetto ai migliori esponenti del genere è evidente.
In conclusione, ritengo Embrace The Death il prototipo perfetto del “disco di nicchia”: gli appassionati del gruppo lo potranno sicuramente amare, e probabilmente già lo possiedono, i cultori del movimento vi possono trovare un’interessantissima e genuina testimonianza dei primordi del genere. Per tutti gli altri, il consiglio è di passare prima all’ascolto dei capisaldi sopra citati, e, nel caso si voglia approfondire anche la produzione degli Asphyx, puntare prima sugli album più maturi (Last One On Earth e l’omonimo Asphyx) per farsi un’idea più precisa della loro storia e delle loro capacità.
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Sarebbe stato sicuramente un debut interessante se la casa discografica non fosse fallita. Interessante perché comunque già si delineavano alcuni tratti stilistici, anche originali per l’epoca, che poi sarebbero stati peculiari per la band. La validità di alcuni spunti sarebbe poi confermata dal fatto che alcune tracce sono state ri-registrate sugli album successivi. Interessante, ma non di più però, se facciamo un confronto con alcune uscite death di quel 1990 veramente meraviglioso. Al contrario i due album successivi... quelli sì che sono veramente speciali (anche grazie a Van Drunen, una marcia in più). Questa pubblicazione invece magari è per chi ha già tutto degli Asphyx. Voto 74 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. Embrace The Death 3. The Sickened Dwell 4. Streams of Ancient Wisdom 5. Thoughts of an Atheist 6. Crush the Cenotaph 7. Denying the Goat 8. Vault of The Vailing Souls 9. Circle of The Secluded 10. To Succubus a Whore 11. Eternity's Dephts 12. Outro 13. Mutilating Process 14. Streams of Ancient Wisdom
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Line Up
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Theo Loomans (voce, basso) Eric Daniels (chitarra) Bob Bagchus (batteria)
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