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StarGazer - Psychic Secretions
31/01/2021
( 1286 letture )
Amatissimi in ambito underground, gli StarGazer sono un gruppo che nonostante l’indiscutibile qualità delle uscite non è mai riuscito ad attirare più attenzioni di quante ne avrebbero meritate nel corso di una carriera oramai ventennale. Nonostante ciò, la fetta di fedelissimi è sempre molto curiosa quando si parla di un nuovo disco, ed è quello che succede con Psychic Secretions, nuovo album del trio australiano pubblicato a distanza ben sette anni da A Merging to the Boundless.

Se da un lato possiamo dire che tutte le uscite dei tre siano accomunate da una coerenza stilistica che non li ha mai portati lontano dal loro tech death a tinte prog, è anche vero che ogni album mostrava una personalità ed un carattere molto marcati, qualcosa che ha sicuramente aiutato gli album a differenziarsi l’uno dall’altro. Il tutto avviene sempre aggiungendo o modificando qualcosa a livello stilistico e compositivo; nulla che abbia mai rivoluzionato la proposta ma che hanno sempre reso gli ascolti interessanti e ricchi di contenuti. Dopo un’intro fatta di arpeggi che dimostrano come i tre siano in grado di evocare scenari cosmici/spirituali senza chissà quali trovate, Lash of the Tytans ci mostra il gruppo nella sua forma più classica. Il death metal dalle tinte old school si mischia ad una tecnica inserita a dovere e funzionale ai brani, arricchendo ogni singolo passaggio con l’utilizzo di qualche controtempo o riff più elaborati di altri. Tutto in modo molto ragionato però, perché quello che gli australiani non mettono mai da parte è il saper ricreare scenari autentici, mantenere vivo l’animo del death metal pur lanciandosi in giri di basso strabilianti; come da copione è sempre il basso fretless di Damon Good a spiazzare, che se in Evil Olde Sol, di cui si può apprezzare una sezione centrale ispirata al prog rock settantiano, diventa protagonista a modo suo, andando avanti ci si accorge che sia proprio lui ad essere la principale guida dei brani. Star Vassal ci porta a contatto con corpi celesti e nebulose grazie a dei riff suggestivi e ad una parte sul finale in cui riecheggiano tastiere, voci in sottofondo e una sei corde dai richiami jazz. Anche in questo caso parliamo di qualcosa che non va ad esagerare ma che dona al tutto un tocco particolare, magico oseremmo dire. Dimostrazione di come, nonostante il gruppo resti legato ad una concezione novantiana del genere, sia in grado di donare freschezza e personalità grazie ad un songwriting di alto livello che trova riscontro in tutte le tracce. A tal proposito colpisce Pilgrimage, traccia conclusiva che di fatto è la classica ballad in crescendo del gruppo; la prima parte è infatti composta da ritmi che può ricordare i passaggi più malinconici di scuola heavy/doom, complice anche l’espressiva voce di Good, abile praticamente su ogni inclinazione vocale e che per tutto il disco viene arricchita con riverbero e supportato dal collega chitarrista. Nonostante la tecnica e l’aspetto death del sound enfatizzati da soluzioni decisamente più dirette si è sempre davanti a composizioni che non disdegnano soluzioni melodiche e se vogliamo anche memorabili, e in questo caso il protagonista è Denny Blake, musicista magari meno istrionico del collega al basso ma preciso, mai esagerato e in grado di lasciare il segno con assoli, arpeggi e piacevolissimi riff. Da notare gli accordi dissonanti sparsi in giro per i brani, che assestandosi su qualche ritmo meno sostenuto rinforzano quel sentore prog rock evidentemente caro ai tre.

Oltre a segnare il ritorno dopo ben sette anni, Psychic Secretions vede l’impeccabile esordio di Alan Cadman (ex-Altars) alla batteria su cui non si ha nulla da dire se non che sembra essersi inserito perfettamente nei meccanismi del gruppo. Non avrà forse la stessa forza e la stessa magia che aveva A Great Work of Ages (2010), ma l’ultimo lavoro degli australiani riconferma quanto il gruppo, rispetto a tanti altri, abbia quel “qualcosa in più” in grado di metterli un gradino al di sopra della media. Nonostante Good e Blake siano sempre impegnati in altri gruppi come Cauldron Black Ram, VoidCeremony, Intellect Devourer o Mournful Congregation (a cui si aggiungono collaborazioni varie), il progetto StarGazer non finisce nel dimenticatoio e anzi, regala un motivo in più per non farseli sfuggire.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
75.28 su 7 voti [ VOTA]
Enrico
Venerdì 5 Febbraio 2021, 15.07.38
3
Secondo me 80 é anche poco.
Immolazione
Venerdì 5 Febbraio 2021, 1.07.02
2
Stavolta non sono tanto d'accordo col voto finale. Adoro gli Stargazer eh, ma non mi sembra che qui abbiano dato il loro meglio, e anche la produzione mi è parsa un po' troppo secca. Somiglia molto al disco dei Voidceremony dello scorso anno (dove pure suona Damon Good) solo che quello è più bello. Non che sia un brutto disco, anzi magari lo comprerò pure, dovendo dargli un voto numerico gli potrei dare 70... Ma dagli Stargazer mi aspetto di più, considerando i dischi che hanno fatto in passato
bacodaseta
Domenica 31 Gennaio 2021, 20.01.13
1
Album pazzesco. Concordo sul voto.
INFORMAZIONI
2021
Nuclear War Now! Productions
Prog Death
Tracklist
1. Simulacrum
2. Lash of the Tytans
3. Evil Olde Sol
4. Star Vassal
5. Hooves
6. The Occidental Scourge
7. All Knowing Cold
8. Pilgrimage
Line Up
The Great Righteous Destroyer (Voce, Basso)
The Serpent Inquisitor (Chitarra, Voce)
Khronomancer (Batteria)
 
RECENSIONI
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