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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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10/02/2021
( 3763 letture )
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Tra tutte le contaminazioni che hanno contribuito a plasmare la materia grezza del black metal, trovo che una delle più affascinanti sia quella proveniente dalla musica industrial ed elettronica. È da questo bizzarro incontro tra due entità disumane, l’una demonica e l’altra cibernetica, che sono scaturiti alcuni dei lavori più sconvolgenti della musica estrema. Si pensi alla svolta datata 1999 dei Dødheimsgard, con quel fondamentale 666 International, o all’unico, alienante disco eponimo dei Thorns, due album che, a distanza di circa due anni l’uno dall’altro, contribuirono a mostrare in maniera definitiva le potenzialità pressoché illimitate di un genere solo apparentemente chiuso e rigido come il black metal. In questa corrente cyber-demoniaca si inseriscono anche i nostrani Aborym, che con Hostile tornano sul mercato a quattro anni di distanza da Shifting.Negative (se si esclude la trilogia di remix, live ed altro chiamata Something for Nobody, da non considerare, come dichiarato dalla band stessa, una vera release) seguendo il percorso intrapreso con quel disco ed evolvendolo.
Se è vero che già con il lavoro precedente la band romana aveva messo da parte le radici black, con ciò suscitando le ire di molti fan della prima ora, con Hostile il mastermind Fabban ha voluto insistere su questa decisione. Ed il titolo, letto in quest’ottica, sembra voler punzecchiare ed istigare quella fetta di pubblico avversa ai cambiamenti radicali. È inutile girarci attorno: gli Aborym di Hostile non hanno più nulla a che fare con quelli di, ad esempio, Psychogrotesque. Non solo per il massiccio ricambio dei membri della band, dei quali il solo Fabrizio Giannese (alias Fabban) è elemento di continuità col passato, ma specialmente per il sound proposto, la cui unica pietra d’angolo che lo collega a quello dell’età d’oro della band è quel cibernetico martellamento industrial/EDM da sempre marchio di fabbrica della band. Il gelo sonoro dato dalle tastiere, dalle campionature e dai synth: questo è rimasto. Ma, non fosse per il nome stampato sulla copertina del disco, sarebbe difficile ricondurre questo lavoro allo storico gruppo romano, al punto che porterà qualcuno a chiedersi, ancora una volta, se abbia senso mantenere lo stesso monicker.
È bene chiarire: le mie parole non sono da leggere con toni da becero conservatorismo, un atteggiamento che, personalmente, ho sempre considerato deleterio per l’arte tutta. Ben vengano le evoluzioni, ben vengano le rotture col passato: insomma, ben vengano gli Heritage ed i Themes from William Blake’s The Marriage or Heaven and Hell. Ben vengano, a patto che portino a nuovi stati della materia musicale trattata dalla band, a risultati appaganti per l’ascoltatore open-minded. Hostile, invece, sembra perdersi nel proprio desiderio di istigare quel pubblico, appunto, conservatore muovendosi, come una scheggia impazzita, da un genere all’altro senza soluzione di continuità. L’ascolto del disco è faticoso, nonostante che i singoli brani abbiano un’impostazione piuttosto orecchiabile. Ciò è dovuto alla grandissima varietà di stimoli che si susseguono nel corso degli oltre sessanta minuti di musica contenuta in questo disco e spalmata su quattordici tracce. Data la mole non indifferente del lavoro, è quasi naturale e fisiologico trovare momenti assai azzeccati ed interessanti (tra i quali citiamo la bizzarra The Pursuit of Happiness) come lo è, altrettanto, il trovarne di deludenti ed inefficaci (tra gli altri, la noiosa Lava Bed Sahara). Talmente tanta e talmente variegata è la carne messa sul fuoco che è inevitabile che ve ne sia di bruciata e di cotta il giusto. I primi attacchi che Fabban e compagni rivolgono contro l’ascoltatore sembrano figli del buon Heaven Upside Down, il decimo discussissimo disco di Marilyn Manson. Disruption, il brano che apre Hostile, continua a sussurrare nell’orecchio il nome di sua Maestà Antichrist Superstar per tutta la sua durata, ed anche la successiva Proper Use of Myself ricorda certi istanti di quel disco, seppur già altre influenze iniziano a farsi strada. Anche certo industrial metal di stampo tedesco sembra giocare un ruolo di primaria importanza nella scrittura del disco e, ad esempio, i momenti più catchy riportano all’approccio degli OOOMPH! più melodici, mentre i momenti più duri e violenti, come Stigmatized (Robotripping), non possono che evocare la fondamentale figura dei britannici Godflesh. In questo marasma di influenze, non di rado assai differenti tra di loro, risulta difficile trovare degli “Aborym-moments”. La personalità stilistica della band, a prescindere dall’assenza del black metal (scelta assai coraggiosa che il sottoscritto ha già molto apprezzato con il precedente Shifting.Negative), viene meno in Hostile, frammentata ed alla deriva, nascosta all’ombra della musica che ha da sempre ispirato la band romana ma che non la ha mai eclissata. Qui, invece, la sensazione che si ha è che gli Aborym si siano perduti nel tentativo di riorganizzare le proprie radici musicali. Abbandonatosi all’istinto creativo, Fabban, usando le parole da lui stesso pronunciate ed usate come presentazione del disco, se ne è “sbattuto il cazzo” («Part of you doesn’t really realize just how cool it is not to give a fuck, you know?») ed è partito, nella stesura del nuovo materiale, da un approccio libero e disinteressato. In questo modus operandi, che è tanto coraggioso quanto rischioso, si trova la causa prima dell’estrema varietà di Hostile, un disco indubitabilmente assai dinamico e, sempre usando le parole del mastermind, «terapeutico» per i musicisti che lo hanno composto. Tuttavia, tutto ciò ha, come abbiamo cercato di illustrare nel corso delle righe precedenti, delle controindicazioni che assumono le sembianze di inconsistenza ed incoerenza sonore. È straniante, ad esempio, sentire un brano come il buon Radiophobia, con il suo incipit industrial-tribale ed il suo granitico svolgimento à la Megaherz, seguito dall’innocua Sleep - uno dei momenti meno ispirati del disco- e poi di nuovo dall’adrenalinica Nearly Incomplete, con la sua carica a metà tra il più solido tanz metal rammsteiniano e la cocciutaggine punk.
Hostile è un disco problematico. E lo è in virtù di una qualità compositiva dei musicisti coinvolti innegabile, asservita però ad una confusione nelle idee che trasforma un risultato potenzialmente ottimo in poco più che discreto. È difficile, infatti, udire qualcosa che faccia intuire che si stia ascoltando un album degli Aborym, cosa che invece, pur elidendo la componente black metal, era palese con l’ottimo disco che ha preceduto questo. Manca una direzione precisa, come se il veicolo guidato da Fabban avesse sbandato e fosse uscito di careggiata. A ciò aggiungeteci la durata decisamente eccessiva ed artificiosa che rende, col tempo, l’ascolto piuttosto tedioso. Peccato.
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42.34 su 385 voti [
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27
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Ascoltato distrattamente, potrebbe rivelarsi interessante in futuro, siamo in zona Alt Metal nel segno dell'Industrial. Di black metal non sento nulla se prendo come riferimento quello classico, poi se lo vogliamo confrontare con qualche deriva o qualche evoluzione Post BM magari si. Però chi se ne frega delle etichette, anzi, ben vengano nuove proposte anche se non tutte le ciambelle riescono con il buco. |
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...potrebbero andare in tour con...Richard Benson... |
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Ma sto sito co che è fatto?... co Frontpage? |
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Si vede che gipsy è un amico di malfeitor fabban un soggetto che sputa merda sul black metal... la realtà è che questo è un album di merda, palloso a livelli inverosimili, ma quando per il tuo ego lasci perdere musicisti come seth teitan, nysrok, bard faust ecc puoi andare a comporre solo dello schifo |
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@Gipsy: manda una cartolina quando arrivi a destinazione. |
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Il livello di ignoranza qui supera i limiti. Cambio sito. Ciao pirli |
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Semplicemente brutto!!!! Impossibile non skippare continuamente all'ascolto di brani noiosi e pallosissimi!!!
Peccato perché con la loro qualità potrebbero fare decisamente di meglio |
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Scusa Zess ma l'esplosione di irreversible crisis dopo l'intro che è? Speedcore? Power metal? Blues? A me sembra proprio black metal. E la parte centrale di accross the universe che genere è? EBM? Mmmm non mi sembra proprio
E cosi su dirty etc etc . Su dirty sfuriate black metal ce ne sono. E' come dire che una tora al cioccolato non è di cioccolato. Non sarà 100% cioccolato come le barrette milka ma è fatta anche con del cioccolato (forse cosi capisci meglio dove voglio arrivare) |
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Non un disco orribile, ma sicuramente molto anonimo.Un disco alternative anni '90 che non lascerà alcun segno e che cadrà ben presto nel dimenticatoio. E' un peccato vedere la band, un tempo leader dell'industrial black, scimmiottare quello che altri hanno fatto. |
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@ Pink christ: non penso, visto che conosco Fabban di persona e anche lui nega ci sia, vedete un po' l'extreme industrial metal NON è black metal |
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Infatti Dirty non è black metal puro ma un mix di generi fra cui c'è anche black metal e se neghi anche questo caro #Zess allora credo proprio che tu debba riascoltarlo |
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Lo trovo un buon album e trovo giusto che ogni band possa cambiare stile quando e come vuole, soprattutto band del genere che non hanno mai avuto limiti. Non un capolavoro ma per chi ama sonorità elettroniche anche fuori dal contesto black metal è un ottimo ascolto, forse un pò al di sotto di shifting...Un 70 ci sta tutto |
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Fin troppo generoso il recensore con il voto finale. Credo che questo sia il punto più basso raggiunto ad oggi dalla band, e mi dispiace molto dirlo. Alla prossima non sarà difficile fare meglio, ma quanto meglio dipenderá da certe decisioni: se decideranno di riprendere il loro sound allora le speranze sono alte, se decideranno di continuare per questa strada saranno persi per sempre. |
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Ripeto, convinti voi |
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Tyst 1 - Zess 0....caro Zess, hai pisciato fuori dal vaso e hai fatto la figuraccia, negare che Irreversible Crisis sia black metal è come dire che i Priest di Painkiller suonano jazz...il black non è solo quello norvegese del 92, sveglia...meglio tacere in certi casi |
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@Zess sei proprio convinto che il black metal sia solo quello "trve" norvegese à la Darkthrone, Mayhem, Burzum ecc? A ognuno le proprie opinioni |
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@Tyst: "Irreversible Crisis" black metal? Si, noto estreme somiglianze con il secondo dei Darkthrone, specialmente al secondo minuto poi, se davvero sei convinto di quello che dici, è un problema tuo. |
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Finito di sentirlo ora. DISCO DELLA MA-DON-NA. |
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@Zess no, in effetti non ce n"era. Dirty, infatti, non iniziava per niente con un brano squisitamente black metal. |
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...ennesimo scivolone….poca personalita'…. |
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@ Gipsy: concordo, ho avuto difficoltà ad arrivare a fine articolo.
Comunque farei notare "se è vero che già con il lavoro precedente la band romana aveva messo da parte le radici black"... perchè, in Dirty invece c'era il black? |
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6
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Se il resto del disco è come i due singoli ne copro tre copie.
Comunque in questa recensione non si capisce niente. Vorrei tanto sapere con quale criterio vi scelgono per scrivere di musica |
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Che dire riguardo agli Aborym?
Li ho amati e difesi a spada tratta fino a "Dirty", in quanto erano una band che si teneva alla larga da una certa "comfort zone" a livello musicale, ma già con "Shifting.Negative", qualcosa s'era incrinato nei loro confronti, sia a livello musicale che di etica.
Dopo aver ascoltato i primi due singoli, l'unica certezza è che non acquisterò "Hostile", ma non per quanto scritto nella recensione, bensì per le sensazioni provate dopo il suddetto ascolto, ovvero l'aver immediatamente messo sul lettore cd i loro primi album.
Cambiare ed evolversi è giusto ed è sintomo di una certa duttilità artistica, ma battere territori già esplorati da altri, spacciandoli per propri e rinnegando il proprio passato, beh, non mi pare una mossa molto redditizia. |
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@Vitadathrasher La tua è un'opinione condivisibile così come no: io amo le drum machine, le colleziono, le suono e lo faccio pure live (sperando di tornare a farlo presto) e non disdegno affatto chi le utilizza anche in contesti non "propriamente adatti" (virgolette d'obbligo), categoria entro la quale gli Aborym rientrano senza dubbio. Detto questo comunque concordo in toto con l'analisi di Federico ed anzi personalmente sarei stato anche più cattivello nel voto, proprio perché a fronte dell'album precedente - che ho apprezzato molto - questo è veramente tanto dispersivo e i momenti memorabili sono praticamente zero. Si sente che l'ambizione è tantissima, ma la musica è tutt'altro che a fuoco e questo è un gran peccato. |
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Scimmiottano molto a destra...un bel po' |
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Ma un batterista vero almeno l'hanno trovato?non si può vedere un live con la batteria elettronica. |
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Purtroppo i tempi dei primi 4 album sono lontani.. un gruppetto che scimmiotta a destra e sinistra risultando estremamente palloso |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Disruption 2. Proper Use of Myself 3. Horizon Ignited 4. Stigmatized (Robotripping) 5. The End of a World 6. Wake Up. Rehab 7. Lava Bed Sahara 8. Radiophobia 9. Sleep 10. Nearly Incomplete 11. The Pursuit of Happiness 12. Harsh and Educational 13. Solve et Coagula 14. Magical Smoke Screen
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Line Up
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Fabban (Voce, Syntetizzatori) Tomas Aurizzi (Chitarra) Narchost (Basso) Gianluca Catalani (Batteria)
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