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Kvelertak - Kvelertak
13/02/2021
( 1051 letture )
Il classico platter dalle multiformi sfaccettature, di difficile coniugazione, rovina-recensori? Perché? Beh, con la band in questione, diventa davvero arduo descrivere il genere trattato, appiccicando un’etichetta, cosa che a me personalmente non ha mai entusiasmato, ma che spesso risulta utile per capire le coordinate in cui si addentra una miscela musicale. Quelli bravi parlerebbero di range e di target da perpetrare. I Kvelertak sono una band norvegese formatasi a Stavanger nel 2006, e il qui presente lavoro omonimo, rappresenta il debutto discografico datato 2010 sotto l’egida della Indie Recordings. Il genere suonato è un “bizzarro” mix tra il death, il rock n’roll, il black metal con influenze hardcore, punk, con richiami al metal classico e tastiere. Il sestetto, con tre chitarre in formazione, è diventato popolare nella propria nazione d'origine, consentendo ai ragazzi di conquistare un posto al sole anche nel vasto calderone metallico del pianeta. Dal vivo hanno suonato come guest di supporto anche a calibri quali Metallica e Slayer, e la band ha vinto due volte il prestigioso premio norvegese Spellemannprisen. La prima volta proprio con questo loro esordio nella categoria "rock", tre anni dopo con il successivo Meir nella categoria "metal", il che ci dice come le composizioni siano mutevoli e dalle composite influenze a sette note. Norvegesi, cantano in lingua madre, un po’come fecero i mitologici TNT del grande Ronnie Le Tekro nel loro passo d’abbrivio, poi rieditato in inglese. Un disco con una copertina fumettistica molto significativa che cattura l’occhio, con l'artwork del disco a cura del quotatissimo John Baizley dei Baroness, mentre al banco di regia troviamo Kurt Ballou, che ha prodotto gli undici brani, per uno sviluppo di 48:36 minuti di durata.

La ricetta del combo nordico risiede nell’unione di diversi generi, legando generi estremi e distanti tra loro, in modo da rendere efficace, pungente e fruibile la stesura sonora. I ragazzi non sono sicuramente dei virtuosi ma hanno il grande merito di rendere la proposta seducente e trascinante, convogliando i tanti rivoli in uno stile abbastanza personale. Il cantato è hardcore con annaffiate death, i cori magniloquenti e molto scandinavi, le chitarre sono puro hard rock e il quattro quarti della batteria risulta la base su cui appoggiarsi, molto spesso con accelerazioni improvvise, le svisate minimali ma coinvolgenti, insomma un ibrido riuscito che ha subito attanagliato parecchi fans tra le insolite spire. Il risultato è un album potente ma strano, anche i brani più catchy hanno qualcosa di sghembo e dissonante che sanno riservare sorprese inchiodando chi ascolta: l'opener Ulvetid parte con power guitar pesanti, molto hard rock, poi arriva una batteria sparatissima accompagnata da urla disumane e un cantato acido, mentre le chitarre risultano assillanti come un trapano e la coda finale assume un sound da Guns N’Roses in pieno trip. Mjød sfoggia un riff ottantiano su cui s’innesta tanto hardcore con gola strozzata, cori nordici/vichinghi e accelerazioni brucianti, Fossegrim e Blodtørst, quest’ultima con fraseggi quasi folk e accenni rockabilly per scatenare il pogo selvaggio sotto il palco, appaiono divertenti, vigorose, spesse e con tante note melodiche: intrecci stuzzicanti da origliare. Offernatt ha pregi metal, mentre Sultans of Satan sfoggia ritmiche affini al punk rock, virando poi su coordinate rock anni ottanta e cori ridondanti con il timbro delle saghe nordiche arricchite da un chorus melodico e memorizzabile. Nekroskop vira sul deragliante, chorus caldo, in mezzo l’armageddon sonoro con il punk tatuato sulla fronte e un lungo solo-guitar di puro hard rock settantiano, Liktorn disegna un corpo centrale da brano ipnotico e davvero gustoso con i suoi stacchi e controstacchi di chiara matrice rock duro, Ordsmedar av Rang è l’esempio brillante di melting pot creato dal sestetto in sala prove, in bilico su un ponte tibetano che attraversa diverse decadi e ascendenti, mentre Utrydd Dei Svake chiude la tracklist con atmosfere dark, solforiche, su cui parte una ritmica metal e un singing delirante raggiunto da cori profondi, quasi da rock opera. Brani veloci, instabili, vene melodiche che si evidenziano per poi perire pochi secondi dopo contro un muro in calcestruzzo, insomma, pensate ai generi sopracitati, messi in un frullatore che gira a mille km al minuto, per poi sputare il prodotto sulle pareti umide e scure di una grotta infestata da spiriti maligni, l’effetto delle rasoiate musicali deiKvelertak risulta pressoché questo. Senza dimenticare un’anima profondamente hard rock che pervade praticamente ogni singola nota gettata su carta. E da quanto trapela dai solchi, il movimento hard americano degli anni ottanta deve aver tenuto molta compagnia a questi ragazzoni scandinavi, lo si percepisce dall’attitudine vomitata fuori.

La contaminazione usata come arma totale, per raggiungere pubblici diversi, e magari accomunarli, sotto la bandiera “norvegese”, idea non malaccio per un manipolo di musicisti che hanno debuttato solo una decina di anni orsono, e che, ad oggi, hanno rilasciato quattro lavori da studio. Da ascoltare per intuire a fondo che, l’intransigenza tra i vari filoni metallici, non ha molto senso di esistere. Men che meno oggi, con un mondo che va in direzione del 3.0, covid permettendo.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
99 su 7 voti [ VOTA]
Galilee
Venerdì 19 Febbraio 2021, 11.34.54
7
X Cerberus. Concordo.
Cerberus
Venerdì 19 Febbraio 2021, 7.06.15
6
@Galilee sono abbastanza d'accordo. Credo anche che la vena hard rock del terzo poco si abbini alla voce di Hjelvik, che invece in questo disco d'esordio ci sta alla grande
Galilee
Giovedì 18 Febbraio 2021, 9.14.06
5
X Cerberus, il secondo in generale è leggermente meno valido del primo ma ha al suo interno 2/3 pezzi davvero bomba. Il terzo è sempre piacevole ma è un pò meno pazzoide e sempre più hard rock.
Sha
Giovedì 18 Febbraio 2021, 0.41.37
4
Speravo raccogliesse più fortuna questa band schizzoide, impazzita, originale e dall'energia straripante. Album divertentissimo ed esagerato, ma nel senso migliore possibile!
Cerberus
Mercoledì 17 Febbraio 2021, 22.56.49
3
Una bomba! 75 è un po' poco...quando uscì fu una gran novità per me e soprattutto la prima metà del disco resta molto impressa. Devo ancora sentire Splid, ma sicuramente il disco d'esordio è meglio del secondo e anche del terzo
Galilee
Sabato 13 Febbraio 2021, 17.47.32
2
Gran bel disco. Peccato non siano più riusciti a raggiungere questi livelli. 85 ci sta.
duke
Sabato 13 Febbraio 2021, 16.13.06
1
...un ottimo disco....estremamente vario...stravagante...
INFORMAZIONI
2010
Indie Recordings
Inclassificabile
Tracklist
1. Ulvetid
2 Mjød
3 Fossegrim
4 Blodtørst
5 Offernatt
6 Sjøhyenar
7 Sultans of Satan
8 Nekroskop
9 Liktorn
10 Ordsmedar av Rang
11 Utrydd Dei Svake
Line Up
Erlend Hjelvik (Voce)
Vidar Landa (Chitarra, Voce)
Bjarte Lund Rolland (Chitarra, Piano, Voce)
Maciek Ofstad (Chitarra, Voce)
Marvin Nygaard (Basso, Voce)
Kjetil Gjermundrød (Batteria, Percussioni, Voce)

Musicisti ospiti
Ryan McKenney (Voce nella traccia 5)
Ivar Nikolaisen (Voce nella traccia 4)
Andreas Tylden (Voce nella traccia 8)
Hoest (Voce nella traccia 1)
 
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