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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Ground Zero - Revolutionary Pekinese Opera Ver. 1.28
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27/02/2021
( 602 letture )
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Wittgenstein lo chiamava Mistico, tutto ciò di cui non si poteva parlare senza ricadere nell’inesprimibile o nella chiacchiera. Nell’estetica affermava che non solo i giudizi estetici stessi fossero componenti del Mistico, ma anche i sentimenti dalle opere scaturite. Sia chiaro, sia lontana dalle mie parole qualsivoglia rimando all’inesprimibilità, qui si parla dell’incapacità dell’arte di poter essere giudicata attraverso il nostro linguaggio quotidiano in quanto l’arte si esprime già perfettamente attraverso sé stessa; la musica, über alles, diventa allora intraducibile. E allora cosa si dovrebbe fare quando ci si trova davanti un disco come Revolutionary Pekinese Opera Ver. 1.28? Semplicemente bisogna goderselo nella sua essenza priva di raziocinio, nella sua follia e cacofonia che ancora oggi riesce a spiccare tra l’insensato e l’ambient più psicotico. Allora ecco che torna Wittgenstein, quando si lamentava che forse l’arte ha smesso di insegnarci qualcosa… non aveva tutti i torti e questo disco ne è la prova. Ma è davvero fondamentale che ci insegni qualcosa? Forse la soluzione è un’altra: non tutta la musica è arte, come non tutti i dipinti per dirne una. Invero, trovarsi davanti a un platter del genere ci fa capire che arte non può essere, forse nemmeno musica, come definirlo allora? Otomo non ha bisogno di presentazioni per i più inseriti nella musica d’avanguardia, un nome tra i primissimi utilizzatori -nella sua band Ground Zero- del giradischi nell’improvvisazione noise. Quello che si presenta in questo disco è un tripudio di influenze jazz, di sperimentazione tra il rock e il pop, tra l’assurdo e il tangibile. L’opera pechinese venne già ampiamente ripercorsa nella particolare collaborazione tra Heiner Goebbels e Alfred 23 Harth, con una composizione ricca del folklore cinese ma ben adattata alla sinfonia tedesca. Non può che entusiasmare, allora, la riproposizione di tale opera in un collage a carico di un progetto nipponico, patria dall’immenso e sconfinato valore culturale ancora oggi. Un pizzico di sciamanismo con sezioni di Kim Seok Chul (musicista coreano proprio adibito alle pratiche religiose) e tutto ciò che proveniva dalla televisione giapponese in cui Otomo ha lavorato per anni ed ecco Revolutionary Pekinese Opera Ver. 1.28.
Il pezzo di Goebbels e Harth viene arricchito di pathos, con momenti quasi orrorifici. I campanelli risuonano ciclicamente e senza sosta. Anche dopo numerosi ascolti non si ha la certezza se essi siano soavi Furin -mossi dal vento per scacciar gli Yokai- o veri e propri Kagura Suzu, utilizzati invece per onorare i Kami. Ci si trova in climi lisergici e caotici, con continui riferimenti tra titoli, parole e suoni all’operato di Mao Zedong. Il percorso continua in una festa di citazioni cinematografiche nipponiche, televisive e musicali. Deliri batteristici e trombe distorte anticipano in Rush Capture of the Revolutionary Opera 1 un incubo di cacofonia senza meta. Perfetto il basso di Mitsuru Nanuno, specialmente nella traccia Red Mao Book by Sony, nel suo essere funk e accattivante. Non è finita ovviamente qui. Si percorreranno melodie intrappolanti, sezioni sincopate e interrotte in maniere malate e sinistre. Pezzi più meditativi e rilassanti con conclusioni noise e di citazionismo al cinema del sol levante sulla chiusura -come Paraiso 1, una delle tracce più apprezzate. Da qui in poi ecco un clima più jazzy che apre a una sfilza di brani brevi e meno cacofonici, più chiari e melodici ma non per questo meno incomprensibili o ora fruibili. Le ultime battute di Paraiso 2 (il cui corpus è pressocché quello del silenzio) si fanno distorte, con una inquietante melodia dell’intro della Disney a concludere il tutto.
È possibile circoscrivere un’opera del genere ad un numero? È possibile descrivere ciò che suscita piuttosto che il contenuto? Le risposte sono ovviamente no e no. Non si può dire se si è davanti ad un colpo di genio o una follia perditempo, però niente di tutto ciò nega il magnetismo espresso da ogni poro di questo disco. Lo si potrebbe ascoltare e odiare, oppure amare e considerarlo arte pura. La verità più grande esprimibile è che questo contenitore vuoto non può esser di certo considerato arte, ma presenta la forma più spudorata e raffinata dell’arte contemporanea di matrice musicale. In quanto tale, in quanto opera che non riesce né a essere vera musica né arte, l’opera dei Ground Zero è la quintessenza dell’avant-garde e come tale va ascoltata con una maturazione culturale non indifferente. Un viaggio quasi documentaristico, sinestetico, che fa rivivere tra suoni e immagini le sensazioni di un film di Yasujirô Ozu o, a proposito, Tokyo-Ga di Wim Wenders.
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Io non capirò mai che ci sta a fare la gente dichiaratamente Non metal nei siti metal. Proprio non lo capisco! Eppure i siti di musica che trattano altro pullulano nell'internet. Parlano per sentito dire come se conoscessero tutto senza mai raccontare un aneddoto che sia uno. Figuriamoci se commentano cose metal... |
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Giusto non dare un voto ad un disco così, che è frutto di un approccio situazionista esasperato e difficilmente catalogabile. Per me che apprezzo il noise e la (anti?) musica limitrofa le opere di Ground Zero si pongono al limite con questo genere, ma dischi come "Consume Red" del '97 e "Plays Standards" del 2002 le adoro. Stasera mi riascolterò questo "Revolutionary Pekinese Opera Ver. 1.28", che non ascolto da un bel po'. Bellissimo comunque parlare anche di opere come queste! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Opening – Flying Across the J.P.YEN 2. Consume Mao 3. Rush Capture of the Revolutionary Opera 1 4. Red Mao Book by Sony 5. Crossing Frankfurt Four Times 6. The Glory of Hong Kong – Kabukicho Conference 7. Paraiso 1 8. Announcing Good News from the West 9. Revolutionary Enka 2001 10. Grand Pink Junktion Ballad 11. Crossing Snow Mountains with Yamaha Bike 12. Rush Capture of the Revolutionary Opera 2 13. Yellow Army, Beloved of the Various Nationalities 14. Triumphant Junction (Grand Finale) 15. International – Epilogue 16. Paraiso 2
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Line Up
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Otomo Yoshihide (Chitarra, Giradischi) Kazuhisa Uchihashi (Chitarra, Effetti) Sachiko M (Sampler, Voce nella traccia 10) Mitsuru Nanuno (Basso) Yasuhiro Yoshigaki (Percussioni, Voce nelle tracce 10 e 11) Masahiro Uemura (Batteria, Sintetizzatore)
Musicisti ospiti DJ-MAO (Sample nelle tracce 1, 2, 10, 12, 13, 16) Kazuhiro Nomoto (Clarinetto Basso nella traccia 1) AYA (Voce nella traccia 4) Naruyoshi Kikuchi (Sassofono tenore nelle tracce 9, 12 e 14)
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RECENSIONI |
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