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Dragony - Viribus Unitis
04/03/2021
( 734 letture )
Il senso dell’umorismo è uno dei più grandi doni che una persona possa avere: nessuno che ha senso dell’humor ha mai fondato una religione, diceva Robert Green Ingersoll. Forse in realtà è vero il contrario, ma poco cambia, il mondo ha bisogno della risata quanto di credere in qualcosa: aiuta a sopravvivere e, forse, anche a vivere, imparando qualcosa di nuovo. Secondo un diffuso stereotipo, i nostri vicini mittleuropei non sono proprio tra i popoli più divertenti e spiritosi del Mondo. A smontare questo pregiudizio in ambito power metal avevano già contribuito i Maestri tedeschi Helloween, seguiti dai loro allievi Edguy e dai Powerwolf; mancava invece la "rivincita" austriaca ed ecco che alla lista si aggiungono i viennesi Dragony, promettente band di power sinfonico la cui origine risale allo scioglimento di altri due ensamble, nel 2007 e che dopo la doverosa gavetta, ha raggiunto il sospirato debut con Legends nel 2012. Si tratta di un concept album che ha riscosso un certo successo in anni nei quali l’ondata power, pur ormai prossima alla decadenza, riusciva ancora ad attirare attenzioni. I dischi successivi, infatti, seppur confermando le buone qualità del gruppo, non gli hanno consentito di fare il salto di qualità e notorietà che era lecito attendersi. Ecco quindi che il quarto album Viribus Unitis diventa un punto cardine fondamentale nella carriera dei Dragony e non sorprende che i viennesi abbiano puntato moltissimo su questa uscita, curandola sotto tutti gli aspetti al meglio delle loro possibilità e recuperando anzitutto il formato del concept album.

Partiamo quindi dal titolo stesso del disco, quel Viribus Unitis che fu il motto adottato dall’Imperatore Francesco Giuseppe per l’Impero Austro-Ungarico e che può essere tradotto come "unendo le forze", "l’unione fa la forza", "con le forze unite", che dir si voglia, a indicare appunto l’unione dell’Impero dalle due corone nelle sue diversità costituenti, come elemento di forza e grandezza e che sarà, invece, cagione del suo crollo, quando i rispettivi nazionalismi cominceranno a minarne la coesione e la stessa sopravvivenza della Famiglia Reale, fino al dissolvimento a seguito della tremenda sconfitta patita nella I Guerra Mondiale. Il riferimento alla storia austriaca è quindi il punto di partenza dell’album, nel quale le iconiche figure di Francesco Giuseppe e della nota Imperatrice Sissi diventano protagoniste incontrastate, assieme al figlio Rudolph. Parlavamo però anche di senso dell’umorismo ed ecco quindi la chiave di volta di tutta l’opera, che rispetto all’idealismo col quale specialmente negli ultimi tempi viene dipinta l’epopea dell’Impero, offre una visione che definiremmo iconoclasta e ferocemente satirica, nella quale, come ben evidenziato dalla copertina, le figure storiche subiscono una vera e propria ridefinizione. La storia è infatti piuttosto complessa e prende le mosse dalla reale malattia mentale del principe Rudolph, che viene utilizzata come pretesto dai Dragony per costruire un plot fantascientifico, horror e decisamente grottesco, che vedrà l’Imperatrice Sissi diventare una zombie al comando di un’orda di non morti, l’Imperatore Francesco Giuseppe una sorta di robot steam punk inviato proprio contro l’ex moglie e il Castello di Schönbrunn una fortezza volante, destinata a schiantarsi contro entrambi col folle principe dentro, episodio che metterà fine alla I Guerra Mondiale distopica immaginata dalla band, con l’annientamento della Famiglia Reale austriaca e dell’orda di zombi, lottando contro la quale l’umanità aveva ritrovato la propria unità.
Se la storia quindi prende una piega decisamente grottesca e che neanche nelle mani dei Monty Python avrebbe potuto essere più assurda e satirica, la musica che i Dragony vanno a confezionare per il concept non potrebbe essere più classicamente aderente a tutti i più vieti cliché del power sinfonico, con orchestrazioni, doppio pedale ad elicottero, assoli neoclassici, cori enfatici, duelli chitarra/tastiera, e via elencando. Difficile immaginare nel 2021 un disco così spudoratamente ancorato agli stilemi più abusati di un genere che di per se già non brilla per particolare capacità di evoluzione. Eppure, i Dragony fanno tutto con un tale entusiasmo e una sincera passione per il genere, che riescono quasi a cancellare il tempo, facendoci sentire sul finale degli anni 90, quando Helloween, Blind Guardian, Gamma Ray, Angra, Stratovarius, Hammerfall, Rhapsody, Edguy e seguito musicante infiammavano le arene mondiali. La voce di Siegried (ex dei Visions of Atlantis) è quindi impostata quasi sempre su tonalità alte, con cori continui che ne alimentano l’enfasi pomposa, mentre i compagni di avventura ricercano costantemente la resa maestosa e trionfante atta a ricreare l’atmosfera imperiale e la grandezza della casata Asburgo, in un contesto storico distopico, ma che richiama il collasso dell’Impero e la folle impresa della Guerra Mondiale. Difficile citare un episodio piuttosto che un altro: il disco si muove sostanzialmente sulle stesse coordinate per la quasi interezza, fatta salva la resa della celebre aria del Danubio Blu nella prima traccia, il midtempo più oscuro di Darkness Within e l’abbastanza discutibile cover di Haben Sie Wien schon bei Nacht geseh’n brano elettropop di Rainhard Fendrich del 1985, da intendersi probabilmente come bonus track. Il resto sono tutti brani ricalcanti in tutto e per tutto il Manuale del perfetto Canzoniere Power Metal: più diretta la opener Gods of War, più cadenzata e dall’atmosfera malinconica Love You to Death, classicamente "happy" e teutonicamente power Magic, con tanto di clavicembalo. La seconda parte dell’album è anche la più anthemica con la titletrack, Golden Dawn (con tanto di cornamuse), Battle Royale e Legends Never Die a giocarsi la palma di brano più "carico" del disco. Nel mezzo, la superottantiana Made of Metal (Cyberpunk Joseph), con tastiere dai suoni vintage e un refrain così pacchiano che fa tenerezza. Chi apprezza, apprezzerà senza dubbio, viste le ottime qualità strumentali del sestetto e la zuccherosa quanto vitaminica prestazione. Purché non ci si aspetti qualche sorpresa, che sembra invece volontariamente evitata.

Difficile davvero esprimere un giudizio su Viribus Unitis da un punto di vista musicale: il gruppo è competente e suona molto bene, i brani sono composti con amore e attenzione ed è evidente quanto i Dragony amino quello che fanno e cerchino di farlo al meglio, con una luminosità che traspare dagli arrangiamenti enfatici e stratificati e refrain tutti orientati alla resa dal vivo, luogo nel quale sicuramente faranno una figura anche maggiore di quanto appaia da studio. Se l’adesione cieca a un canone non deve essere considerata un difetto per forza, specie di fronte a un gruppo di valore, è d’altra parte difficile considerarla un pregio e Viribus Unitis è davvero un disco fuori tempo massimo, che non offe nulla di più di quello che è il cliché di genere. Fatto bene, con passione e con una storia allucinante, talmente di cattivo gusto da diventare appunto grottesca e quindi divertente, ma senza altro che questo da offrire. Consigliato a chi soffre di nostalgia e desidera un tuffo nella scena metal di vent’anni fa e a chi non è ancora stanco di queste sonorità, che troverà senz’altro pane per i suoi denti. Tutti gli altri, alla larga.
Semmai, vale la pena farsi un giretto sul sito ufficiale dei Dragony e vedere non solo le foto con i costumi in perfetto stile imperiale della band, ma leggere tutta la sinossi del concept, con personaggi inaspettati come Nikolas Tesla e Harry Houdini ad arricchire il cast. Difficile dire se in questo pazzo mondo ci sia davvero posto per un album del genere, ma i Dragony sembrano crederci davvero tanto e la simpatia del sestetto -oltre, ripetiamolo, alle indubbie qualità- tutto sommato merita rispetto.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
61.1 su 10 voti [ VOTA]
MuHō
Lunedì 15 Marzo 2021, 13.39.18
2
@JC io non l'ho ancora preso ma l'ho ascoltato parecchie volte per la stessa ragione. Io da un punto di vista meramente estetico non vado oltre il 75 ma il concept che da solo mi ha fatto ascoltare e riascoltare (e apprezzare) un disco in un genere che bazzico poco vale tranquillamente almeno 80. Divertente ed entertaining. Una boccata d'aria fresca in un genere come il metal dominato ormai da growl e roba scurissima. Poi oh, io amo le ucronie e il cyberpunk quindi. Anzi, avrei voluto che i testi avessero approfondito alcuni punti.
JC
Sabato 6 Marzo 2021, 9.00.28
1
Premetto che l'ho comprato per due motivi: la copertina e il concept assurdo (ma grandioso) in stile pastiche (se vi piace il genere cercate Lansdale, romanziere in grado di mettere insieme zombie, cowboy, dinosauri, robot..). Musicalmente divertente per chi ama il power, lo descriverei come un mix tra Hammerfall e Rhapsody. Un paio di pezzi spingono notevolmente. Per me 85 pieno, non tanto per la musica quanto per il disco nel suo complesso.
INFORMAZIONI
2021
Napalm Records
Power/Symphonic
Tracklist
1. On the Blue Danube
2. Gods of War
3. Love You to Death
4. Magic
5. Darkness Within
6. A.E.I.O.U.
7. Viribus Unitis
8. Golden Dawn
9. Made of Metal (Cyberpunk Joseph)
10. Battle Royale
11. Legends Never Die
12. Haben Sie Wien schon bei Nacht geseh’n
Line Up
Siegried Samer (Voce)
Andreas Poppernitsch (Chitarra)
Simon Saito (Chitarra)
Manuel Hartleb (Tastiera)
Herbert Glos (Basso)
Frederic Brünner (Batteria)

Musicisti Ospiti
Georg Neuhauser (Voce su traccia 5)
 
RECENSIONI
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