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19/04/24
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Magellan - Hour of Restoration
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13/03/2021
( 1456 letture )
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Il dibattito su quale sia effettivamente il miglior disco dei Magellan è ancora oggi questione più che accesa tra gli appassionati. Proprio poco tempo fa mi ritrovavo tra le mani proprio l’interessantissimo Impeding Ascension, apprezzabile in tutto e per tutto dai neofiti e da chi lo spolpò ai tempi, ma sarà il debutto la perla assoluta che noi tutti ancora ricerchiamo nella discografia degli americani?
Hour of Restoration è un silente, o meglio, ufficioso concept album ispirato alla storia dell’Inghilterra, rintracciabile nella tracklist, un viaggio storico attraverso le classiche sonorità del progressive fine anni ’60 e pieni anni ’70 ma con influenze heavy metal anni ’80. Non appena viene avviato, si sentiranno note di Genesis, Yes ma anche Van Der Graaf Generator, soprattutto nelle grandi variazioni up-tempo dove ogni musicista si dona a una sana sfuriata prog. Dall’opener Magna Carta ci si ritrova difatti in questa opera pomposa e barocca, che sa interrompersi solo per lasciare spazio a sezioni lungimiranti, a tal punto da sembrar uscite da The Dance of the Eternity di ben otto anni dopo. La suite in sé è un formato che nel progressive ha sempre costituito una pietra angolare e la tradizione rimaneva salda in questo debutto. Frasi solistiche ben scritte e tastiere praticamente impeccabili sostengono senza il minimo sforzo erculeo questo quarto d’ora iniziale che si conclude con un finale in pieno stile Mastodon e, come tale, mozzafiato. Se nel complesso poi si sottovalutava la componente ritmica forse troppo lineare, ecco The Winner a disintegrare subito ogni dubbio con un groove e delle partiture secche, dirompenti, in soli due minuti di intermezzo. Il disco prosegue comunque su uno stile invero piuttosto lento, risentendo della tradizione propria di quegli anni e delle influenze già citate: un difetto? Circa, sicuramente un certo piattume sembra ritornare in brani più tradizionali come Friend of America e Union Jack che, seppur presentino grandi momenti (il riff di chitarra ripetuto con un 7/4 geniale sullo sfondo proprio in Union Jack ne è un esempio lampante), non si possono innalzare a grandi innovazioni compositive. Eccezionale il groove pesantissimo al basso in Another Burning, pezzo dalle intelligenti scelte melodiche nelle strofe principali. Altro intermezzo arpeggiato con linee vocali pacate ed eccoci ad una delle composizioni più ricche di pathos dell’intero disco: Just One Bridge. In un climax strumentale fatto di grandi chitarre e tastiere che danzano su strutture contrappuntistiche geniali, ecco la batteria concitata che si getta in un impianto armonico e melodico in continuo divenire. Il brano migliore? Molto probabilmente sì, una formula vincente in cui finanche l’elettronica risulta amalgamata ad hoc. La conclusione è destinata ad un altro brevissimo componimento di appena un minuto e mezzo, unendosi a tutti i pezzi del platter di svariate durate e impegno richiesto.
Hour of Restoration non è un disco geniale, né lo sarà mai nel suo essere figlio della musica del tempo e soprattutto di ciò che gli fu antecedente. Ma è anche vero che i Magellan sin dal debutto riuscirono a creare impianti di songwriting “dreamtheateriani” ante litteram, insieme a pochi altri gruppi. Inoltre risulta un’opera per niente immatura, forse nella sua freschezza anche migliore degli altri -seppur di poco- della discografia, confermandosi come un prodotto di prog/heavy metal di indubbia qualità e ispirazione artistica, storica nel concept e raffinata nelle partiture.
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12
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Questo disco mi è sempre piaciuto molto. Peccato non abbiano avuto il successo che meritavano. |
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11
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L'ho riascoltato giusto la settimana scorsa. Adorabile lavoro! |
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10
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Album che, assieme al successivo "Impending Ascension" ho amato alla follia! Cori fantastici, cascate di tastiere e melodie sublimi; unico neo la drum machine, ma comunque utilizzata molto bene. band che avrebbe meritato sicuramente di più. |
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9
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Peraltro io avrei anche le mie riserve sul genere indicato. Per me è puro pomp. Etichette che lasciano il tempo che trovano, per carità, ma per me il gruppo più prossimo sono i Kansas. E ho pure le mie riserve, anzi non sono proprio d'accordo, sul dire che un brano del 91 si concluda con un finale alla Mastodon. Il loro primo disco è stato pubblicato 11 anni dopo a questo |
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8
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Ho detto una gran castroneria. Hour of Restoration è uscito quasi un anno prima di Images and Words, sono io che l’ho preso un anno dopo e la capoccia me li ha fatti ricordare contemporanei. La vecchiaia... |
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7
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Dovendo dire la mia nel dibattito sul top album dei Magellan mi troverei sicuramente in dubbio tra Test of Wills e questo in oggetto, e probabilmente sceglierei Hour of Restoration: Test Of Wills rappresenta la maturità raggiunta al 100% probabilmente, ma questo debut ha qualcosa di magico in più; ma è un’opinione molto soggettiva. Entrando nel merito del disco in questione, devo dire che ne ho una visione abbastanza differente dall’autore della recensione, in particolar modo gli accostamenti ai Dream Theater (che ador(av)o, beninteso). Hour of Restoration uscì un paio di mesi dopo Images and Words, io i due album li presi praticamente in contemporanea e la prima cosa che mi colpì fu che... pur trattandosi di prog, pur trattandosi di metal... erano due approcci veramente differenti, per tanti versi agli antipodi. Nei Magellan lo spettro delle influenze trovavo fosse più ampio e uscisse molto più spesso dai confini anche del rock stesso (in The Winner o nella terza parte di Magna Carta per esempio ci sono delle progressioni armoniche tipiche della fusion più pura). Inoltre qui l’aspetto virtuosistico/tecnico dei singoli - che nei Dream Theater colpisce al primo ascolto - è piuttosto soppiantato da un virtuosismo complessivo, di gruppo: qui il virtuosismo dei singoli c’è, ma mai fine a se stesso, è sempre funzionale - e non lo travalica mai - all’aspetto compositivo. Infine, la cosa più evidente forse, è che nei Magellan lo strumento principe, che forgia il sound di tutto l’album e del gruppo stesso, sono le tastiere; anche per questa ragione quest’album “suona” molto diverso dai Dream Theater, dove c’è un maggior equilibrio tra gli strumenti. Tutto questo papiro per spiegare come la vedo io (e, ci mancherebbe, non ho assolutamente la verità in tasca), ma soprattutto perché non vorrei che magari chi i Magellan non li conoscesse li inquadrasse preventivamente in modo un po’ fuorviante: questa band ha sempre avuto - dalla prima all’ultima nota pubblicata - un imprinting unico (e direi anche assai poco imitabile)! Altre due cose su cui non mi trovo d’accordo: 1) Union Jack è una figata; 2) Hour of Restoration per me disco geniale lo è eccome, così come lo è Trent Gardner ovviamente; pensiamo anche a quando è stato pubblicato: i Dream Theater ancora dovevano fare il botto. Ultima cosa: Voto 94 |
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6
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Non ho mai amato il prog a differenza del prog metal e all'epoca mi piacque moltissimo anche se non ai livelli di Shadow gallery, dream theater o fates warning. Sarebbe da riascoltare, ma chi ha tempo di farlo? |
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5
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Comprai la cassettina quando uscì. Ero in piena Kansas-mania e mi intrigava che un gruppo dei miei giorni riproponesse un certo tipo di musica, soprattutto in quel momento storico lì. Album bellissimo dalla prima all'ultima canzone. 85 (5 punti in più perché al cuor non si comanda) |
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4
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Il dibattito su quale sia il migliore tra i dischi dei Magellan? Per me Test of wills senza dubbio. Ma questa recensione è comunque un modo per ricordarli con affetto. Ascoltateli! |
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3
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...questo e' un disco che merita....veramente bello..... |
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2
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...questo e' un disco che merita....veramente bello..... |
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1
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la sola magna carta merita l'acquisto.voto da 90 in su. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Magna Carta 2. The Winner 3. Friends of America 4. Union Jack 5. Another Burning 6. Just One Bridge 7. Breaking These Circles 8. Turning Point
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Line Up
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Wayne Gardner (Voce, Chitarra, Batteria, Percussioni) Trent Gardner (Voce, Tastiere, Batteria, Percussioni)
Musicisti ospiti Hal Stringfellow Imbrie (Basso, Cori)
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RECENSIONI |
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