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Public Image Ltd - The Flowers of Romance
14/03/2021
( 1615 letture )
L’album più anti-commerciale nella storia della musica pop.
Questo è l’epiteto che il più delle volte si legge a riguardo di The Flowers Of Romance, il terzo album in studio dei Public Image Ltd, band tra le capostipiti del post punk inglese capitanata dal fu Johnny Rotten, ovvero John Lydon. Dopo lo scioglimento dei seminali Sex Pistols infatti Lydon decide di dare una svolta netta al movimento punk che egli stesso ha contribuito fortemente a fondare, appassionandosi di sonorità etniche e ricercate e mettendo da parte l’irruenza giovanile per concentrarsi su un tipo di musica più concettuale e riflessiva, ma parimenti – se non di più – abrasiva. Se dunque Public Image: First Issue è l’atto di nascita del post punk, il successivo Metal Box è l’album che consacra il nuovo genere, dando a Lydon una credibilità che i Sex Pistols mai avrebbero potuto garantirgli.
Al fianco del cantante vi è prima di tutto il chitarrista Keith Levene, responsabile del suono secco e metallico del gruppo ottenuto grazie all’uso di chitarre elettriche in alluminio, prodotte dall’artigiano americano John Veleno; nei primi due album è poi fondamentale la presenza del bassista Jah Wobble, che introduce ai compagni le sonorità dub e reggae, strutturando la sezione ritmica su ritmi di estrazione africana; infine completa il quadro il batterista Jim Walker, destinato a rimanere per poco tempo in formazione, come la gran parte dei batteristi che si avvicendano nei primi anni di vita della band.

Come già detto il gruppo produce due album, uno migliore dell’altro, ma dopo solo due anni sembra che la nicchia post punk – che nel frattempo si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa – vada già stretta a Lydon, che decide improvvisamente di cambiare tutte le carte in tavola all’interno del quartetto.
Allontanato dunque Jah Wobble, che si dedica a tempo pieno al suo progetto solista ambient/dub, e con il posto del batterista costantemente vacante, Lydon rimane sostanzialmente da solo a comporre il nuovo disco dei Public Image Ltd, aiutato da Keith Levene in maniera saltuaria e dal batterista Martin Atkins, che già era comparso in un brano nel precedente Metal Box e che qui suona su tre canzoni (ma anche sulla titletrack, sebbene non accreditato). Atkins rimane tra l’altro il batterista più longevo in questa prima fase di esistenza della band, per diventare in seguito uno dei volti più noti della scena industrial metal e collezionare partecipazioni di lusso con nomi del calibro di Ministry, Killing Joke, Pigface e Nine Inch Nails. Verrà sostituito nel 1986 da Bruce Smith, proveniente dai magnifici The Pop Group, che diventerà il batterista tuttora ufficiale della band di Lydon.
Quest’ultimo, insieme a Levene, entra nel The Manor Studio di Shipton-on-Cherwell all’inizio di ottobre del 1980, per dare forma ai brani di The Flowers Of Romance che in buona parte erano poco più che una vaghissima idea. Il duo resta negli studi per due settimane riuscendo a concludere solamente un brano, Hymie’s Him, e due cover rimaste inedite: Twist And Shout e Johnny Remember Me, curiosamente entrambi brani pubblicati nel 1961. È durante queste sessioni che arriva Martin Atkins, il quale probabilmente suona la batteria in Home Is Where The Heart Is, pubblicata poi come b-side con il singolo Flowers Of Romance l’anno successivo.
Il brano viene trasferito per il missaggio finale ai Townhouse Studios di Londra, dove Lydon e Levene finiscono di registrare il resto del disco, accompagnati ufficialmente da Atkins.
Rimangono incerte le informazioni riguardo i batteristi che si sarebbero avvicendati nelle registrazioni del disco: si fanno i nomi di David Humphrey, Richard Dudanski e anche del dimissionario Jah Wobble! Quel che è certo è che Levene e Atkins hanno suonato lo strumento nella maggior parte dei brani e in un caso – Under The House – si sono anche esibiti insieme con una doppia batteria, il cui suono venne invidiato all’epoca da Phil Collins in persona, che cercò di replicarlo nel suo album di debutto con lo stesso produttore dei Public Image Ltd, Nick Launay (il quale aveva sostituito, a Londra, il precedente produttore scelto per The Flowers Of Romance: Steve Lillywhite). La cosa bizzarra è che Lydon e Levene si erano proprio ispirati al suono di Collins sul terzo disco di Peter Gabriel per registrare le batterie di The Flowers Of Romance.
Complessivamente le sessioni di registrazione si concludono nel dicembre del 1980, con il remix del singolo Flowers Of Romance (che suona diverso dalla versione su album) e le ultime sovraincisioni.
Pubblicato il 10 aprile del 1981 con molti dubbi da parte di Virgin Records, il disco anticipa la sua uscita con alcune provocazioni roboanti come quella riportata in apertura e l’attesa risulta frenetica poiché John Lydon rivela che il titolo dell’album si riferisce al nome della prima band del chitarrista Keith Levene, nella quale militava anche il compianto Sid Vicious. Inoltre con lo stesso titolo era stata registrata una delle primissime canzoni dei Sex Pistols. Un tributo quindi all’ormai morto e sepolto punk inglese? Beh, non proprio.

I nove brani contenuti nel disco sono quanto di più lontano dalla concezione di punk, post punk e semplicemente rock potesse esistere all’epoca del rilascio; vero è che gli esperimenti degli anni ’70 di artisti totali come Frank Zappa erano sempre lì ad osservare dall’alto nuovi adepti, ma l’Inghilterra era appena uscita dall’ondata punk, stava vivendo appieno il suo momento post punk e il resto d’Europa le andava dietro a rilento. La musica era stata idealmente resettata e di conseguenza un’opera come The Flowers Of Romance lasciò a bocca aperta più di un ascoltatore e più di un critico.
Il sound dell’album è prevalentemente percussivo e proprio sulla base di ostinati ritmici prodotti da una gran varietà di percussioni si basano le strutture di tutti i brani. La chitarra di Levene è utilizzata raramente e ancora più raramente compare il basso; tutta la tensione sonora si concentra sul dualismo creato dalle percussioni e dalla voce stralunata e salmodiante di John Lydon, il tutto contorniato da un’atmosfera di base sostanzialmente rumorista.
La melodia è bandita quasi totalmente, i ritmi sono statici e i bpm rimangono contenuti; non vi è alcuna parvenza di costruzioni classiche, definibili banalmente canzoni, ma i brani scorrono fluidi, senza però perdere di vista il minutaggio, sempre contenuto.
Nelle intenzioni di Lydon e di Levene c’è l’obiettivo di costruire un disco che vada oltre tutte le convenzioni della musica pop, compiacendosi nel trovare le soluzioni più strambe e dissonanti per rendere l’opera il meno commerciale possibile. I due danno libero sfogo alla propria distorta creatività, sfruttando strumenti particolari come il violino stroh (uno strumento a corde amplificato in maniera rudimentale) e oggetti di ogni tipo, producendo di fatto momenti di pura musique concrète. Non manca l’elettronica povera, come in Track 8, composta con un campionatore AMS, uno dei primi dispositivi digitali disponibili sul mercato, e si fa largo uso di sintetizzatori modulari.
Prima si è detto che la chitarra compare poco, ma quando entra in gioco essa lo fa in maniera esaltante: i suoni prodotti da Levene sono sempre lancinanti, ma stavolta le note della chitarra in alluminio vengono rese ancora più tremende attraverso l’utilizzo di diversi tipi di distorsione e soprattutto invertendo i nastri con le incisioni già effettuate per tornare a registrarci sopra, creando un effetto parecchio inquietante.
Gli aneddoti sulla composizione dei brani si sprecano, ma vale la pena citare la genesi di un episodio come Under The House, nato da un’idea del produttore Nick Launay: ispirato dalla sua infanzia trascorsa in Spagna Launay volle ricreare l’effetto del tipico applauso usato nel flamenco e per farlo utilizzò un armonizzatore applicato ai tom della batteria di Atkins, aggiungendo poi un delay per ottenere quel suono di battimani che aveva in mente. Mentre stavano registrando la batteria, nella televisione posta al fianco dello studio stava andando in onda un’opera lirica; incuriosito da essa Launay piazzò un microfono davanti alla tv e registrò parte dell’opera, inserendone una parte nel brano, ovvero quel lugubre lamento che si protrae per buona parte del pezzo.
Riguardo Hymie’s Him è interessante scoprire che il brano sarebbe potuto entrare nella colonna sonora di Wolfen (1981), ultimo film in carriera del regista Michael Wadleigh (tra le sue pellicole più celebri bisogna nominare Woodstock del 1970), ma per colpa di Tom Waits e della mancanza di un accordo preciso tra la band – che voleva occuparsi totalmente dei suoni del film – e il regista – che voleva coinvolgere altri musicisti – non se ne fece nulla.
Il momento più incisivo dell’album rimane però Go Back, che si articola come un valzer psicotico guidato dalla chitarra funk di Levene; emergono a tratti le influenze di gruppi come Gang Of Four e The Pop Group, così come i Pere Ubu di Dub Housing, ma i Public Image Ltd restano molto più austeri rispetto alle realtà post punk appena menzionate. Lydon si concede un momento spoken word composto e contenuto, che risulta ancora più paradossale inserito su una base strumentale come quella del brano in questione. Mentre nella maggior parte dei momenti cantati del disco la voce dell’ex Johnny Rotten si prodiga in vocalizzi dal sapore orientale, a metà tra disperazione sguaiata e preghiera urbana, qui si raccoglie in sé e diventa meditabonda e assolutamente seriosa nel denunciare la deriva fascista dilagante che ha invaso Londra.

The Flowers Of Romance fece discutere molto al momento della sua pubblicazione, ricevendo critiche aspre e attestati di stima poco convinti; chi lo definiva un qualcosa di inclassificabile e chi lo elogiava nascondendosi dietro una sterile definizione di “avanguardia”. Storicamente l’album segnò uno spartiacque netto all’interno della corrente post punk, mostrando ancora una volta che John Lydon era all’epoca un passo avanti a tutti e non serviva il Malcolm McLaren di turno per dimostrarlo. Dice bene il giornalista Chris Smith, che nel 2003 parlò del disco affermando che ad oggi non esiste ancora nulla di simile, mentre la musica di The Flowers Of Romance viene definita “totalmente intransigente” da Kurt Cobain nel 1993 durante un’intervista. Il frontman dei Nirvana aveva incluso l’album nella lista dei suoi cinquanta album preferiti.
Nonostante la non facile fruizione dell’opera, in Inghilterra il disco si piazzò al numero 11 della classifica Official Album Charts, surclassando i risultati dei precedenti dischi della band, e negli anni la sua portata distruttiva e in parte rivoluzionaria venne rivalutata in positivo.
Per chiudere questa lunga disamina citiamo anche il pensiero del noto critico musicale Simon Reynolds, il quale nel suo volume del 2005 Rip It Up and Start Again: Postpunk 1978–1984 afferma che The Flowers Of Romance è un’opera che si preoccupa di andare oltre gli standard che definiscono la musica rock e in questo suo essere altamente sperimentale si pone come una pietra angolare del futuro post rock.



VOTO RECENSORE
84
VOTO LETTORI
81.57 su 7 voti [ VOTA]
Black Me Out
Sabato 12 Novembre 2022, 19.54.07
15
R.I.P. Keith Levene. Oggi un altro dei miei idoli chitarristici ci lascia e approfitto di questa recensione per conservarne il ricordo.
angus71
Giovedì 1 Aprile 2021, 11.23.05
14
urca PIL e RATS nello stesso articolo riguardo ai PIL, band che non mi ha mai entusiasmato sinceramente ma,credo, perchè non mi hanno mai entusiasmato johnny rotten ed i sex pistols in generale. in effetti il cambio di rotta è notevole. dovrò studiarmeli con calma.
Transcendence
Sabato 20 Marzo 2021, 10.27.23
13
@ jeffwaters: Su This Is What You Want... This Is What You Get, il seguente a questo.
jeffwaters
Sabato 20 Marzo 2021, 9.57.48
12
In che album era this is not a love song?
Galilee
Mercoledì 17 Marzo 2021, 18.31.36
11
X BMO.. Devo dedurre che piacciono un sacco anche a te.. . Ok darò un ascolto al primo album.
Galilee
Mercoledì 17 Marzo 2021, 18.31.23
10
X BMO.. Devo dedurre che piacciono un sacco anche a te.. . Ok darò un ascolto al primo album.
Stagger Lee
Mercoledì 17 Marzo 2021, 18.25.31
9
L'album che preferisco dei PIL. l'84 ci sta!
Black Me Out
Mercoledì 17 Marzo 2021, 17.56.09
8
Per forza non ti piacciono @Galilee: tu conosci la band che poi è diventata "famosa"; ma questa non c'entra nulla con quella che firmò il primo album. Fidati di me, dagli un ascolto!
Galilee
Mercoledì 17 Marzo 2021, 17.53.44
7
Mh.. Mai piaciuti i Rats, troppo Ligabue style. Di loro conosco comunque solo Indiani Pagani.
L'ImBONItore
Mercoledì 17 Marzo 2021, 13.30.40
6
I Rats non li conosco. Daro' sicughamente un occhiata !
Black Me Out
Martedì 16 Marzo 2021, 21.04.24
5
Grande @Galilee che mi cita il mitico Adam Ant, mai troppo ricordato. A me fa sempre piacere chiamare in causa il suo chitarrista storico, il nostro (circa) Marco Pirroni, che esordì se non ricordo male nel '76 per il primissimo concerto di Siouxsie And The Banshees, con Sid Vicious alla batteria! Solo immaginarlo mi fa strabuzzare gli occhi! Grazie dei commenti ad entrambi in ogni caso; anche io credo che questo sia il disco più "importante" dei PIL, di sicuro il più audace. Io rimango, forse banalmente, legato maggiormente ai primi due dischi, in particolare il debutto, ma forse perché è stato il primo disco che mi ha fatto scoprire il post punk e di conseguenza mi ha fatto innamorare. Tra l'altro se non li conoscete, vi consiglio di ascoltare il primo disco dei miei compaesani Rats, intitolato "C'est Disco!" (e la citazione è palese, direi), che proprio al debutto dei PIL devono moltissimo. Ne ho parlato un po' nell'articolo di qualche tempo fa dedicato al post punk italiano. Gran periodo comunque quello a cavallo tra '70 e '80 in UK, senza dubbio.
Galilee
Martedì 16 Marzo 2021, 13.46.06
4
Basta pensare ad un personaggio come Adam Ant. Artista post punk inserito nel filone new romantic di quel periodo. Con 3/4 dischi ha scalato le classifiche UK e fece esplodere una vera Adam Ant mania. Ora, considerando che sono passati svariati anni e che l'orecchio della gente si è evoluto, se si riascolta un disco come Wild Frontiers ci si mette le mani nei capelli per quanto sia "ostico" e assurdo. Eppure ai tempi era quasi fenifito pop. Qui anche oggi sarebbe improponibile.
L'ImBONItore
Martedì 16 Marzo 2021, 13.18.20
3
Eeeee non solo cavo amico con i PIL, ma piu' in generale, un po' per tutti gli anni '80 , i britìtannici hanno accolto nelle loro charts ufficiali band dal notevole calibro. Anzi se non sbaglio, proprio qui su Metallized c'era una rubrica nel quale metteva a confronto le classifiche annuali brittaniche e quelle italiane, sempghe parlando degli anni '80. Mi sfugge il nome di tale rubrica, era tipo Charts a confronto ? Non mi ricoghdo. P.S. Chi sono eeeeeeeeeeeeeeee quei tgholl che hanno abbassato il voto a tale opegha ? Moghtasci logho !
Galilee
Lunedì 15 Marzo 2021, 12.43.47
2
Disco sperimentale, difficile a audace, secondo me il più bello dei PIL. Incredibile l'orecchio generale degli ascoltatori UK. Qui una proposta così difficile sarebbe improponibile ora, figuriamoci nei primi anni 80.
L'ImBONItore
Lunedì 15 Marzo 2021, 11.09.34
1
Bellissimo album. Sempre piaciuti peghche' hannos empre proposto qualcosa di nuovo ad ogni album che producevano, niente di stagnante. Mick Jones tentegha' in maniera scialba e pallida la stessa strada con i Big Audio Dynamite, ma con la sperimentazione e la varieta' stilistica dei PIL non c'e' paghaghone ! Caghi saluti
INFORMAZIONI
1981
Virgin
Inclassificabile
Tracklist
1. Four Enclosed Walls
2. Track 8
3. Phenagen
4. Flowers Of Romance
5. Under The House
6. Hymie's Him
7. Banging the Door
8. Go Back
9. Francis Massacre
Line Up
John Lydon (Voce, Violino Stroh, Sassofono, Percussioni)
Keith Levene (Chitarra, Pianoforte, Violoncello, Synth, Percussioni, Basso su tracce 2 e 7, Batteria su tracce 5 e 8)
Martin Atkins (Batteria su tracce 1, 4, 5 e 7, Synth su traccia 7)
 
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