IN EVIDENZA
Album

Blue Oyster Cult
Ghost Stories
Autoprodotti

King Gizzard and The Lizard Wizard
PetroDragonic Apocalypse
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

26/04/24
ACCEPT
Humanoid

26/04/24
DEICIDE
Banished By Sin

26/04/24
BLACK TUSK
The Way Forward

26/04/24
PARTY CANNON
Injuries Are Inevitable

26/04/24
EXHUMATION
Master`s Personae

26/04/24
SIX BY SIX
Beyond Shadowland

26/04/24
PARTY CANNON
Injuries Are Inevitable

26/04/24
PESTILENCE
Levels of Perception

26/04/24
BEHOLDER
Dualisme

26/04/24
DARKTHRONE
It Beckons Us All

CONCERTI

25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)

25/04/24
ULVEDHARR + HELLFOX + NOISE IN MYSELF
DEDOLOR MUSIC HEADQUARTERS, VIA XX SETTEMBRE 33 - ROVELLASCA (CO)

25/04/24
DIEGO DEADMAN POTRON + DEGRADO DA RADICI + RAW POWER + COOBOLT
PIPPO FOODCHILLSTAGE, PARCO FRANCESCO PETRARCA 12 - BOLZANO

25/04/24
MAXIMUM FESTIVAL 2024 (day 1)
ALTROQUANDO, VIA CORNIANI 32 - ZERO BRANCO (TV)

26/04/24
SINISTER + GUEST
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)

26/04/24
MARLENE KUNTZ
DEMODÈ CLUB, VIA DEI CEDRI 14 – (BA)

26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA

26/04/24
THE TOWER MUSIC MEETING (day 1)
BOCCIODROMO, VIA ALESSANDRO ROSSI 198 - VICENZA

26/04/24
PONTE DEL DIAVOLO + OTUS + GODWATT
TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

26/04/24
CRASHDÏET
SLAUGHTER CLUB, VIA A.TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)

Demon Head - Viscera
19/03/2021
( 1013 letture )
Il popolo etrusco riteneva la divinazione degli aruspici un elemento essenziale per prendere decisioni, orientare la costruzione di case e centri urbani, valutare la fattibilità o meno di imprese e opere e praticamente per ogni aspetto della vita sociale e privata. Tanta era la loro importanza e il loro ruolo, che la fama del loro sapere superò anche l’assimilazione culturale che la Repubblica e poi l’Impero Romano imposero agli etruschi, che ne furono i precursori e maestri. Uno degli strumenti più noto e diffuso per i loro vaticini fu quello della lettura delle viscere degli animali, in particolare il fegato, pratica diffusa in gran parte del bacino del Mediterraneo, dalla Grecia all’attuale Turchia e fino alla Mesopotamia. Spesso, per aiutarsi nell’interpretazione, furono realizzati dei veri e propri modellini, che riproducevano appunto l’organo vitale, riportando per ciascuna sezione la divinità correlata: il più famoso di questi modellini è il cosiddetto "Fegato di Piacenza", in bronzo e risalente al II-I secolo A.C., ritrovato in un campo da un contadino nel 1877 in una piccola frazione (Settima, che conserva la denominazione romana della distanza in miglia dal centro urbano principale), il quale riporta appunto 40 iscrizioni.
Questo modellino campeggia sulla copertina di Viscera, quarto album dei danesi Demon Head, i quali, già dal titolo e dall’immagine prescelta, sembrano volerci indicare in riti pagani e misterici arcaici una intenzione e una atmosfera ben precisi. Formati nel 2012, i cinque arrivano al debutto nel 2015 con Ride the Wilderness, per poi tornare alla carica con Thunder on the Fields nel 2017 e Hellfire Ocean Void nel 2019. Un percorso che con questa quarta uscita sembra arrivato a una tappa fondamentale.

Il debutto dei Demon Head può infatti essere ricondotto a un hard’n’heavy di evidente impianto settantiano, che può essere assimilato a grandi linee ai Graveyard, band che ha esercitato un ruolo fondamentale per gli amanti del retro-rock. Già dai lavori successivi, il gruppo danese cercò però di distaccarsi dalla matrice rock e blues, affinando invece quella più vicina all’occult rock, alla psichedelia e al proto-heavy settantiano, comunque già presente nel loro sound, alla quale è stato via via riconosciuto un ruolo sempre più predominante. Ebbene, Viscera sembra infine capace di lanciare la band verso una dimensione identitaria univoca. Gli elementi costitutivi del gruppo ci sono ancora, ma la forma adesso è decisamente evoluta. Resta la peculiarità del doppio cantato, col titolare Marcus Ferreira Larsen dalla timbrica profonda, lamentosa e quasi straziata e il chitarrista Gjerlufsen Nielsen che spazia invece dal falsetto a toni baritonali. La sovrapposizione delle loro voci è un espediente utilizzato molto spesso e dona uno spettro molto evocativo, di litania lugubre, carica di sensazioni arcane e di pericolo incombente. Il maggior cambiamento si registra invece da un punto di vista musicale: i brani sono adesso dei veri e propri inni delle tenebre, che potrebbero ricordare altri esponenti dell’occult rock come The Devil’s Blood, Blood Ceremony, Jess and the Ancient Ones etc., ma si spingono decisamente anche nel territorio di una band fondamentale per il genere come i Black Widow. Senza arrivare ai parossismi satanisti del gruppo inglese e mantenendo una impostazione che comunque non rinuncia a continui fraseggi di chitarra, tra arpeggi, armonizzazioni e ampi solismi, è evidente come in questo album anche l’organo e strumenti a fiato concorrono ampiamente a creare le atmosfere pagane e ritualistiche di cui tutti i brani sono imbevuti. La forte enfasi sull’evocazione di simili scenari ricorda vagamente anche gli In Solitude di Sister e la perfetta produzione curata dal veterano Flemming Rasmussen, coadiuvata dal mixaggio di Martin 'Konie' Ehrencrona (In Solitude, Tribulation, Nifelheim) esaltano al massimo livello queste atmosfere sacrali e sacrileghe al tempo stesso. In effetti, la scelta ritmica del disco tende spesso a volentieri a “sacrificare” il ruolo della batteria, impegnata a mantenere più un ruolo da tamburo vero e proprio, atto appunto a sottolineare lo svolgimento di un rito. Una scelta stilistica riscontrabile in quasi tutte le canzoni del disco, ad esempio nella paurosa Magical Death, lasciando Jeppe Wittus libero di scatenare la propria dinamica solo in precisi episodi, come ad esempio In Adamantine Chains, sostenuta cavalcata comunque spettrale e dannata e nella seconda parte della seguente e stupenda Black Torches, ulteriore superba manifestazione di oscurità in musica, nella quale tanto l’organo quanto gli strumenti a fiato (principalmente sassofono) esaltano la costruzione mefistofelica. La struttura stessa dell’album è piuttosto peculiare, con soli sei brani propriamente detti e quattro brevi intermezzi che non arrivano ai due minuti di durata, ma servono evidentemente per esaltare la sulfurea sceneggiatura in atto. Impossibile comunque non citare la doppietta iniziale costituita da Tooth and Nail e The Feline Smile e la conclusiva The Triumphal Chariot of Antimony, non a caso prescelta anche come singolo: un trittico che mette letteralmente i brividi per intensità e capacità evocative e che fa compiere un salto in avanti alla band danese tra le maggiori e migliori espressioni dell’occult rock odierno. Canzoni di questo livello emotivo non si scrivono per caso o per fortuna: è evidente che l’ispirazione regna sovrana nel disco e che il gruppo ha trovato un equilibrio compositivo fuori dal comune e le urla tronche di Larsen nell’ultimo brano, che preannunciano l’esplosione dinamica, sono un passaggio di vera intensità.

L’immersione in Viscera è profonda e paurosa e ha il pregio di essere piuttosto breve, poco più di trentasei minuti, ma dannatamente intensa. Certo, a qualcuno potrebbe risultare un po’ indigesta la parte centrale, che dopo gli acuti iniziali si affida in gran parte a quegli intermezzi già citati che in effetti frammentano l’ascolto e sembrano voler affondare l’ascoltatore e avvolgerlo in una coltre nera e impenetrabile, più che offrire momenti definiti e riconoscibili. Non a caso, si emerge dall’ascolto solo sui tamburi conclusivi che chiudono Viscera e solo ascolti ripetuti permettono di identificare con chiarezza le singole tracce, anche a causa dell’estrema omogeneità compositiva. Questi due aspetti potrebbero in effetti indurre a una valutazione severa nei confronti dell’album, eppure, una volta penetrata la coltre, brani come Arrows o Wreath, pur inferiori ai due minuti, sono praticamente perfetti e non richiedono veramente altro sviluppo, come non lo richiedono spesso quei frammenti che compongono le colonne sonore. E’ invece innegabile che la qualità compositiva e l’estrema capacità evocativa di Viscera lo rendono fin da subito un piccolo grande classico, magari non adatto a chi preferisce una esibizione più truce e sanguinolenta, ma assolutamente affascinante per chi sa calarsi nell’atmosfera sacrilega, pagana e arcaica creata dai Demon Head. Uno dei must dell’anno e disco destinato a restare. Niente di più e niente di meno.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
76 su 3 voti [ VOTA]
Black Me Out
Venerdì 19 Marzo 2021, 23.51.06
1
Recensione da acquolina in bocca istantanea! Questo me lo segno e domani lo recupero.
INFORMAZIONI
2021
Metal Blade Records
Doom
Tracklist
1. Tooth and Nail
2. The Feline Smile
3. Arrows
4. Magical Death
5. The Lupine Choir
6. A Long, Groaning Descent
7. In Adamantine Chains
8. Black Torches
9. Wreath
10. The Triumphal Chariot of Antimony
Line Up
Marcus Ferreira Larsen (Voce)
Gjerlufsen Nielsen (Chitarra, Voce)
Gjerluff Nielsen (Chitarra)
Fuglsang (Basso)
Jeppe Wittus (Batteria)
 
RECENSIONI
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]