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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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23/03/2021
( 2145 letture )
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Nati in piena epoca nu metal (e talvolta erroneamente ascritti a tale corrente), i Chevelle sono rimasti indifferenti alle sirene del rap o agli scratch dei DJ e hanno preferito dedicarsi, nel corso dell’intera carriera, ad un alternative metal “garbato” e riflessivo, fortemente ispirato ai Deftones nel trattamento delle chitarre e nelle partiture melodiche e ai Tool/A Perfect Circle per quanto concerne il timbro del vocalist Pete Loeffler, grande ammiratore di sua maestà Maynard James Keenan. A cinque anni dall’ottimo The North Corridor (il lavoro più pesante della loro ampia produzione), i fratelli Loeffler si ripresentano sulle scene come un duo per via della defezione dello storico bassista Dean Bernardini, fuoriuscito nel 2019 per dedicarsi alla famiglia e ad altri progetti musicali. Giunti al traguardo del nono disco in studio gli irrequieti Pete e Sam, con il fido Joe Barresi in cabina di regia (loro produttore sin dai tempi di Hats Off to the Bull), provano un po’ a sparigliare le carte in tavola e per la prima volta sfornano un concept album incentrato sull’esplorazione dello spazio e in gran parte influenzato da figure come Carl Sagan, Neil deGrasse Tyson e soprattutto Elon Musk, il visionario imprenditore che si è posto come obiettivo la colonizzazione di Marte in un futuro neanche troppo lontano. Il sound, lontano dalla foga di La Gárgola e di The North Corridor, si riavvicina a quanto sentito nel periodo Sci-Fi Crimes/Hats Off to the Bull, con una minor insistenza sulla distorsione delle chitarre in favore di composizioni più ragionate e pacate dove la parola si pone sullo stesso piano di importanza degli strumenti.
Ora, senza ulteriori indugi, è il momento di partire e dunque, come novelli Matthew McConaughey in Interstellar, ci apprestiamo ad iniziare l’affascinante viaggio alla scoperta di pianeti misteriosi e galassie ignote gentilmente offerto dalla band. Ammirato lo splendido artwork anni ’70 e caricato il carburante nell’opener Verruckt, la prima tappa è l’agrodolce So Long, Mother Earth, dove chitarre nervose e un basso ben in vista scortano la prova vocale dolce e malinconica di Pete, intento a scrutare dall’alto la Terra e a contemplarne la fragile bellezza con una mano appoggiata all’oblò della navicella a mo’ di ultimo saluto. L’esplorazione è perigliosa, detriti di asteroidi urtano il nostro veicolo e serve quindi procedere con circospezione: ecco però spuntare in lontananza il Pianeta rosso e l’eccitazione sale come testimonia la frizzante Mars Simula, dove riff ficcanti e una sezione ritmica vivace irrobustiscono lo stupore misto ad ansia ben esemplificato dalla voce del frontman. Fantastico è poi il singolo Self Destructor (feroce critica nei confronti dei detrattori della scienza), impeccabile nell’alternare momenti più duri a melodie super catchy, con chitarre che viaggiano spedite in compagnie delle comete e fascinose note di piano a porre un velo di mestizia sul finale. Non paghi di quanto finora visto, continuiamo ad addentrarci nelle infinite vie dell’universo e ci imbattiamo in Peach, l’episodio più bellicoso del platter grazie alla potenza tipicamente alternative metal della strumentale che sostiene l’esasperata prestazione di Pete, schiumante rabbia contro le storture perpetrate dall’ormai ex Presidente degli USA Donald Trump. La vaporosa ballad Endlessly, poggiante su un delicato tappeto di particelle, si concede una piccola deviazione in territorio alternative rock e anticipa la deftonesiana Remember When, contrassegnata da un riffing unitamente compatto ed etereo e da sognanti nuance vocali attigue alle magiche atmosfere di Chino Moreno. In Ghost and Razor invece esce fuori tutto l’amore del gruppo per i Tool, evidente nel mood fattosi all’improvviso più sinistro e oscuro e soprattutto nella voce di Pete che qui si avvicina pericolosamente all’emulazione dell’icona Keenan. Il nostro girovagare interspaziale è ormai concluso: una parte dell’universo infinito è stata sondata e le conoscenze si sono ampliate, eppure resta ancora molto da scoprire e tante sono le domande senza risposta. Su queste aporie si concentra il meditabondo spoken word Lost in Digital Woods, il monologo finale che celebra sommessamente i traguardi raggiunti nel passato e aspetta con trepidazione i futuri passi avanti dell’umanità.
NIRATIAS (Nothing Is Real And This Is A Simulation) è l’ennesimo tassello positivo della discografia dei Chevelle: meno impetuoso rispetto alle precedenti uscite, questo lavoro si basa, in maniera vincente, sul fecondo interscambio tra musica e testi dipingendo uno scenario brillante e coinvolgente nonché profondamente attuale. La band riesce a cogliere e a trasmettere la sempreverde ambizione dell’uomo di setacciare e varcare nuovi confini, la tentazione e la contemporanea nostalgia di abbandonare la Terra e il pungolo della curiosità che spinge a migliorarsi e spingersi verso l’oltre; tutto questo si traduce in un percorso sonoro coerente e ispirato, dove ogni traccia ha un ruolo definito e gli interludi non sono momenti di rottura ma si rivelano funzionali nell’inserire ulteriori percezioni sensibili. L’ascolto del disco è pertanto consigliato a chiunque fosse interessato a farsi trascinare in un itinerario spaziale in cui il fine ultimo non è la destinazione bensì le esperienze maturate lungo la strada, gassosa e sfuggente quanto tangibile e concreta. Pianeti, costellazioni, nuovi mondi da scoprire e una riflessione sul rapporto tra l’uomo e la scienza: difficile rimanere impassibili di fronte a tematiche così stimolanti in grado di toccare il profondo del nostro intelletto.
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9
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Buon album, Chevelle in forma. Più riflessivo del precedente, influenza Tool probabilmente ai massimi livelli. |
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8
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Una band che non mi ha mai deluso ,avranno sempre un posto d'onore nella mia discografia. Molto bella anche la recensione.Il mio voto un bell 80 meritato |
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7
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grazie per la dritta Indigo, procerò come mi hai consigliato e riguardo ad Albini credo siano davvero pochi quelli che non hanno avuto problemi con lui |
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6
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Bell'album, molto maturo rispetto ai lavori precedenti, che comunque ho sempre apprezzato (Wonder What's Next e This Type of Thinking su tutti). Spero di vedere altre recensioni sul vostro sito perché penso che i ragazzi meritino.
Concordo sul fatto che il primo lavoro (Point #1) sia un po' acerbo, probabilmente stavano ancora cercando il "loro sound" (devo dire però che non mi dispiace affatto...sarò pazzo io, ma in certe canzoni sento una grossa influenza dei TOOL) |
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5
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Grazie! Anzi, ti faccio io i complimenti per il tuo nickname che apprezzo non poco tornando ai chevelle, per quanto mi riguarda, anche la gargola è un disco di buona fattura, mentre il binomio sci-fi crimes/hats off to the bull lo trovo leggermente sottotono in quanto risulta più alternative rock e diluisce troppo la componente metal. Se hai voglia di ascoltarli ancora, direi di procedere con il trittico che va da wonder what's next a vena sera, il loro periodo d'oro anche in termini di successo e vendite. Il debutto del '99 invece risulta un po' acerbo e pervaso da un mood indie (prodotto da steve albini con cui hanno avuto diverse frizioni) che sinceramente non fa per me. |
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4
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Bella recensione @INDIGO, devo dire che ho più volte nei secoli provato ad approcciarmi alla loro musica ma non mi sono mai piaciuti, questo lavoro ad unico ascolto è stata una sorpresona, sono corso ad ascoltare anche "north corridor" e mi è altrettanto piaciuto. Sospetto che i problemi con la loro discografia arrivino con gli album precedenti perchè ricordo distintamente che non sopportavo "la gargola". Comunque di avercene gruppi così e ascolterò il resto degli album con calma |
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3
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Darò volentieri un ascolto prossimamente; grazie dei consigli! |
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2
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Ciao @McCallon, sono contento che l'album ti sia piaciuto Colgo allora l'occasione per darti un consiglio sulla loro discografia nel caso volessi approfondire: il loro must è Wonder What's Next del 2002, da tutti riconosciuto come il migliore e il più famoso. Poi, semplificando, tutti i loro lavori sono validi, ma quelli che preferisco sono Vena Sera del 2007 e The North Corridor del 2016. Buon ascolto! |
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1
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Non li avevo mai ascoltati prima di questo album; la copertina e il titolo mi hanno incuriosito e ho dato volentieri un ascolto, che si è risolto in una piacevole sorpresa. Credo che recupererò qualcosa d'altro dalla loro discografia. Piistol Star, Verruckt e Self Destructor le mie preferite dal platter. Voto 75 per me. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Verruckt 2. So Long, Mother Earth 3. Mars Simula 4. Sleep the Deep 5. Self Destructor 6. Piistol Star (Gravity Heals) 7. VVurmhole 8. Peach 9. Test Test…Enough 10. Endlessly 11. Remember When 12. Ghost and Razor 13. Lost in Digital Woods
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Line Up
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Pete Loeffler (Voce, Chitarra, Basso, Pianoforte) Sam Loeffler (Batteria)
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RECENSIONI |
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