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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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27/03/2021
( 1036 letture )
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Frasi in un latino che avrebbe fatto alzare un sopracciglio (o due) a Cicerone, invocazioni religiose non sempre credibili, retorica e pomosità a tratti insostenibili, originalità tutta da discutere, ma hanno anche dei difet... ehm, ma dopotutto suonano in modo talmente piacevole e godibile che è impossibile detestarli: parliamo naturalmente dei Powerwolf, tedeschi di Saarbrucken che da quasi due decenni infestano l'Europa, portando ovunque il loro particolarissimo verbo musicale fatto appunto di latinismi, invocazioni, ma anche di una carica ed una energia entusiasmanti. Non si sono sempre distinti per originalità, vero, ma in fondo chi è realmente originale oggigiorno? Ad essere sinceri, peraltro, la voce solenne di Attila Dorn, cupa in modo atipico per un gruppo power (specie uno tedesco, dato che in Germania ci hanno abituati a voci squillanti), ci sembra già abbastanza per non liquidare i Lupastri qui presenti come il solito gruppo power senz'anima.
Quest'oggi, peraltro, ci occupiamo del loro secondo album in studio, Lupus Dei, risalente al 2007 e foriero dei primi successi del gruppo, che ancora oggi vengono suonati (o meglio, venivano prima di questo disgraziato periodo) nei concerti dal vivo; tuttavia, sarebbe ingiusto bollare l'album soltanto come “quello in cui sono contenute In Blood We Trust e la title-track”, dal momento che il disco contiene numerose altre piccole gemme nascoste, che ne fanno un lavoro più che dignitoso. Dopo una introduzione in pieno stile Powerwolf, che rivisita l'Ave Maria in chiave metal, i nostri scaldano i motori con la solenne We Take it From the Living, che mette in mostra la bella voce del cantante e la capacità dei nostri di creare pezzi accattivanti. Molto importante, per i “salmi” scritti dai nostri, l'apporto alle tastiere di Falk Maria Schlegel, che contribuisce a conferire spessore anche alla successiva Prayer in the Dark, che alterna validamente passaggi più rapidi ed affilati alle consuete parti più pompose ed “ecclesiastiche”. Il mix funziona bene, a tratti benissimo, come detto anche a scapito dell'originalità, dato che ad esempio i riff della pur bella Saturday Satan sembrano qui e là letteralmente scippati agli Iron Maiden. In Bloow We Trust, pezzo arcinoto dei nostri che fa il verso al motto “In God We Trust”, presenta l'immancabile alleluia di Attila Dorn prima di evolvere verso una canzone cupa e potente al tempo stesso, perfetta per gli show dal vivo. Da notare che, in base a quanto dichiarato dai nostri, il protagonista della canzone e dell'album in generale è un lupo che, non credendo più in null'altro se non il sangue (per l'appunto), precipita nell'oscurità per poi però ritrovare la luce divina al termine del disco; un vero e proprio concept che, dopotutto, farebbe dei nostri un vero e proprio gruppo christian metal... Al di là delle definizioni, che interessano relativamente, la cosa importante è che i nostri amici tedeschi suonano bene: l'epica Behind the Leathermask è una delle tracce più sottovalutare del disco e forse del gruppo in generale, con una spettacolare prestazione di Dorn al microfono. Un riff assassino della premiata coppia Graywolf anima la bella Vampires Don't Die, che trova anche il tempo di regalarci un ritornello assolutamente e fieramente “parculo, che però è oggettivamente difficile non cantare. When the Moon Shines Red (Bloodborne, sei tu?) alterna nuovamente passaggi più epici e lugubri ad un ritornello catchy, ma riesce a farlo ancora in maniera abile, benché a tratti il trucco scricchioli un po'. Mother Mary is a Bird of Prey, musicalmente, può risultare un po' banale, ma la prestazione del singer ed il solito ritornello facilone, ma che trapana il cervello risolvono tutto. Se Tiger of Sabrod, complessivamente, è forse uno dei punti deboli del platter, la title-track conclusiva ne risolleva prepotentemente le sorti, che peraltro non necessitavano di chissà che rialzo: la celebre “preghiera” iniziale è un piccolo pezzo di storia di questo gruppo tanto particolare ed a volte un po' bistrattato, che si congeda da noi con una canzone che alterna passi cadenzati ad altri più veloci, molto epica e godibilissima.
Tirando le somme, possiamo essenzialmente ribadire quanto detto all'inizio: i Powerwolf verranno ricordati come innovatori geniali? No. Saranno celebrati come gruppo straordinario? Probabilmente nemmeno. Ma se le domande sono: sanno suonare? Sanno come architettare uno spettacolo divertente? Le risposte non possono che essere assolutamente affermative.
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2
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Comprato appena uscito sulla spinta delle recensioni che pompa vano questa band. Poi i Power wolf si sono rivelati essere un modesto gruppo, e anche questo album non mi ha mai colpito troppo. È carino, ma niente di eccezionale. Voto 67 |
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1
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Disco discreto, quando avevano ancora una personalità ben decisa e non si adagiavano sugli allori. 70. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro (Lupus Demonae) 2. We Take it From the Living 3. Prayer in the Dark 4. Saturday Satan 5. In Blood We Trust 6. Behind the Leathermask 7. Vampires Don’t Die 8. When the Moon Shines Red 9. Mother Mary is a Bird of Prey 10. Tiger of Sabrod 11. Lupus Dei
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Line Up
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Attila Dorn (Voce) Charles Graywolf (Chitarra, Basso) Matthew Graywolf (Chitarra) Falk Maria Schlegel (Tastiere, Organo) Stéfane Funèbre (Batteria, Percussioni)
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