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BOCCIODROMO, VIA ALESSANDRO ROSSI 198 - VICENZA

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PONTE DEL DIAVOLO + OTUS + GODWATT
TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

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CRASHDÏET
SLAUGHTER CLUB, VIA A.TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)

Warrior Path - The Mad King
28/03/2021
( 1626 letture )
E’ sempre bello quando una band decide di fare qualcosa in più nella realizzazione di un album, che cerchi di giustificare la richiesta di attenzione e tempo che un ascoltatore o fan di un genere dovrebbe investire per dare soddisfazione alla propria voglia di emozioni. Questo è poi il punto: contano poco l’originalità, la qualità tecnica, la struttura, la copertina, perfino i testi, se restano sterili; alla fine, se un album possiede tutte queste caratteristiche, ma non sa smuovere emozioni, allora è un fallimento, senza possibilità di ritorno. Il secondo album dei greci Warrior Path non tradisce queste aspettative e anzi pur muovendosi in un territorio che definire abusato e stragonfio di cliché ormai insopportabili anche al fan più di bocca buona è davvero un eufemismo, sa regalare momenti di pura esaltazione metallica e felice enfasi eroica. Dopo il ben più che discreto debutto, la band guidata dal chitarrista Andreas Sinanoglou ha dovuto rinunciare all’apporto del cantante Yannis Papadopoulos, impegnato con i suoi Beast in Black. Il riscatto era però dietro l’angolo e con un colpo a sorpresa che non mancherà di far rizzare le orecchie ai fan del genere, ecco che i Warrior Path tornano oggi con una line up rinnovata che ai confermati Bob Katsionis (Firewind/Serious Black) e Dave Rundle, affianca oggi Daniel Heiman, vocalist dei Lost Horizon e dei Dimahv, band che hanno regalato album decisamente sopra la media e nelle quali il cantante ha regalato prestazioni da fuoriclasse.

Difficile pensare che un disco di heavy/power metal possa nel 2021 costituire una sorpresa, nel vero senso della parola e non è con questa ottica che va valutato infatti The Mad King. Quello che la band greco/svedese ha cercato di realizzare non è un disco innovativo, né originale in senso stretto, anzi, tutt’altro. La forza di The Mad King, oltre che nell’ottima prova collettiva, con un Heiman decisamente sugli scudi e autore di una prova clamorosa, è tutta nella qualità delle composizioni: ancora una volta, niente di nuovo, eppure la materia è padroneggiata a ottimi livelli e colpisce il fatto che si sia fatto uno sforzo per fare qualcosa in più, tirando sì nel mezzo gli inevitabili paragoni con i classici del genere, con le chitarre armonizzate, con la voce altissima e la batteria che spesso ricorre al doppio pedale, citando in maniera evidente band come Riot, Heaven’s Gate, Crimson Glory e Queensryche, ma per una volta, senza che questo vada a detrimento della personalità della band e della qualità della proposta. Derivativi finché volete, ma i Warrior Path sanno come si scrive un album come si deve, inserendo salvifici momenti epici e numerosi intro di grande effetto, ma soprattutto scrivendo brani densi, articolati, ricercati senza essere pesanti e studiati alla perfezione, con sviluppi che si prendono tutto il tempo che serve per creare atmosfera ed evitare così la sensazione di un continuo deja-vù. Ovviamente, non esiste un solo secondo nel disco che non rimandi a qualcos’altro di già conosciuto, ma lo sviluppo delle canzoni e la grande cura nella creazione degli arrangiamenti e delle linee melodiche vocali quanto strumentali, innalza la qualità complessiva ben oltre la media, tirando fuori un disco che si fa ascoltare a ripetizione senza annoiare, per i tanti particolari sparsi qua e là. In generale, l’atmosfera dell’album è piuttosto densa e non particolarmente allegra, preferendo invece una dimensione spesso carica di tensione. Il riferimento a band come Riot e Crimson Glory non è infatti secondario in tal senso e, seppure il marchio resti decisamente europeo, la qualità degli intrecci chitarristici e lo stile delle melodie vocali ricorda non poco quello delle band statunitensi, con Heiman che spadroneggia letteralmente con la sua estensione paurosa e la purezza cristallina del timbro, ricorrendo di sovente a sovraincisioni e armonizzazioni, alla maniera di Midnight. A tal proposito si ascolti la conclusiva ed eclatante Last Tale, sette minuti di grandeur metallica con evidenti rimandi al duo statunitense e altrettante melodie di stampo europeo, con Heiman che tocca note praticamente impossibili per quasi chiunque e le due chitarre che passano dall’acustica all’elettrica per una ballata epica da brividi. L’alternanza tra chitarra classica ed elettrica, così come l’uso di strumenti ad arco sintetizzati, contribuisce alla creazione del clima epico del disco, che è il fattore che spesso fa la differenza e crea il ponte perfetto tra l’anima europea e quella statunitense. A dire il vero, dopo l’intro enfatico di It Has Begun, a lasciarci senza parole è l’arpeggio iniziale della titletrack che non può non essere un voluto omaggio/citazione a The Black Horsemen di King Diamond (da Abigail), pochi secondi e archi e tastiere ci trasportano alla corte del Re Matto, sul classico riff priestiano e la melodia guidata dal singer svedese che si presenta subito al meglio. Da notare come la canzone non sia affatto la classica rasoiata speed metal, ma intervalli invece mid tempos enfatici a parti più veloci, arpeggi di basso e chitarra e sezioni ragionate di assolo. Tamburi di guerra e organo ci introducono alla prima coppia di assi che la band cala subito dopo: His Wrath Will Fall, primo singolo dell’album, è infatti un brano grandioso, per niente scontato e anzi piuttosto articolato, che farà letteralmente la gioia degli amanti dell’heavy puro, dalle venature oscure. Il secondo asso è la seguente Beast of Hate, che accelera appena il passo e libera tutta la classe di Heiman, degno emulo del Tony Moore dei Riot. Ma il meglio del disco deve ancora arrivare: ecco che la stupenda Fear of the Unknown ci accoglie col suo lungo intro di chitarra classica, seguita poi da un arpeggio di basso e chitarra, che apre a una nuova sezione elettrica e finalmente al brano vero e proprio, stavolta condotto ad alta velocità, ma sempre graziato da un’atmosfera vagamente oscura e da un refrain molto cantabile, che esalta la lunga ed eroica coda conclusiva. Ancora una volta, colpisce la qualità complessiva del lavoro dei Warrior Path, che non lasciano veramente nulla al caso. Un corno da guerra apre invece Savage Tribe, canzone da tramandare ai posteri e tra le più belle, se non la più bella, di un disco che ha voglia di stupire. La qualità non accenna a diminuire e così Avenger è epica e potente, col basso a sferragliare in sottofondo e riff e tastiere che sostengono la marcia, ma Out of the Shadows non è da meno, col suo incedere guerriero e il più classico dei refrain da battaglia (notare le sovraincisioni di Heiman, con una nota semplicemente pazzesca, presa con una nettezza da far rabbrividire), mentre il sempre ottimo lavoro delle chitarre e del basso apre una sezione solistica da manuale dell’heavy metal. Ottima, infine, anche Neverending Fight che cede a un refrain decisamente più aperto e "arioso" della media dell’album, confezionando l’anthem a metà tra heavy e hard rock che alleggerisce appena il disco prima della conclusione.

Detto chiaro, sarà difficile per chiunque in questo 2021 fare di meglio dei Warrior Path, in ambito heavy/power a tinte epic. The Mad King è un disco solido, suonato, prodotto e composto ad altissimi livelli e mette in chiaro a tutti che per comporre un grande disco di heavy metal non occorre inventare niente, ma semplicemente scrivere grandi canzoni e darle in mano a musicisti di livello e a un cantante stratosferico. Leggermente più tendente verso influenze power del debutto, grazie alla presenza di Daniel Heiman, ma non per questo facile o banale nell’approccio, The Mad King colpisce invece proprio per la qualità dei singoli brani, costruiti tutti in maniera praticamente perfetta, con continue variazioni e una grandissima cura negli arrangiamenti, tanto strumentali quanto vocali, che senza volersi vendere per prog, risultano di qualità indubbiamente superiore. Forse non un capolavoro in senso stretto, perché il terreno battuto è davvero ormai sfinito dalle continue battaglie che ha dovuto sostenere in oltre quarant’anni di onorata carriera metallica, ma disco inattaccabile, praticamente perfetto. I Warrior Path hanno decisamente fatto qualcosa di più e ci regalano un disco da ricordare, emozionante e ispirato. Non fatevelo scappare.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
78.4 su 10 voti [ VOTA]
Fabio
Giovedì 23 Dicembre 2021, 17.36.53
3
A riprendere alcune gesta Crimsoniane ( del Glory, non dei King ovviamente ) questi ci sanno fare, consiglio anche gli Iron Fate tra i migliori di questa annata
Le Marquis de Fremont
Giovedì 1 Aprile 2021, 14.02.42
2
Bello ed accattivante. Come ben descritto dell'ottima recensione di Monsieur Lizard, non c'è niente di nuovo o innovativo come piace a qualcuno ma la musica è veramente bella da ascoltare. Emozionante ed ispirato, come scrive il recensore e con un ottimo songwriting. Sanno benissimo usare le "materie prime" fornite dal power/heavy metal come riff chitarristici azzeccati, melodia, ottimo uso delle vocalità, spirito antemico. Interessante anche il loro omonimo debutto. Questo, è un grande album. Bene. Jusqu'à la prochaine fois.
HyperX
Lunedì 29 Marzo 2021, 7.44.02
1
Daniel Heiman? Preso.
INFORMAZIONI
2021
Symmetric Records
Heavy/Power
Tracklist
1. It Has Begun (Instrumental)
2. The Mad King
3. His Wrath Will Fall
4. Beast of Hate
5. Don’t Fear the Unknown
6. Savage Tribe
7. Avenger
8. Out From the Shadows
9. Neverending Fight
10. Last Tale
Line Up
Daniel Heiman (Voce)
Andreas Sinanoglou (Chitarra ritmica, Chitarra acustica)
Bob Katsionis (Chitarra solista, Basso, Tastiera)
Dave Rundle (Batteria)
 
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