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21/03/24
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Negura Bunget - Vîrstele Pămîntului
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10/04/2021
( 1142 letture )
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Un gioiello incastonato fra le rocce delle montagne sovrastanti le foreste più pure e incontaminate, colline e pianure verdeggianti che sembrano essersi fermate a un punto lontanissimo in un’era indefinita e ormai lontanissima, questo musicalmente erano i Negurâ Bunget, band punta di diamante della scena black metal rumena, della quale il compianto musicista Negru che ci ha lasciato tragicamente nel 2017, ne era una colonna portante.
Vîrstele Pămîntului fa parte della seconda fase di vita della band che con il capolavoro Om del 2006 aveva intrapreso una strada musicale più lontana dal black metal tradizionale di matrice scandinava. Negru era rimasto ormai l’unico membro fondatore data la defezione di Hupogrammos Disciple che dal 2009 ha dato vita al progetto Dordeduh. Da Om in poi la musica si era fatta decisamente più riflessiva, lenta, evocativa, contemplativa, impregnata di elementi folk e di strumenti tipici della cultura romena, dando così alla band un'aura decisamente personale e unica. I momenti di puro black non mancano mai, ma sono cesellati in maniera sopraffina e studiati nei minimi particolari, quasi a renderli un’estensione sonora della più sublime contemplazione e introspezione. Come tutte le copertine della band lo spazio è completamente occupato dall’artwork di Dan Florin Spataru, senza il logo e il titolo e presenta uno sfondo completamente bianco con un arbusto scuro sull’angolo destro in basso. Vîrstele Pămîntului è se vogliamo un disco che si impregna di una visione estremamente personale, racconta delle varie età della terra, terra intesa come nazione, la Romania. Pămînt (Terra) si apre con un flauto e dagli scampanellii a cui si aggiunge uno strumento percussivo, probabilmente una toacâ. La voce narrante racconta di un disastro naturale su una terra incontaminata e il pezzo culmina in un accenno finale di voce scream:
Pe cărare necălcată, Pe rouă nescuturată, Pămîntu s-a cutremurat, Apele s-au tulburat, Munții cu dealurile, Pădurile cu umbrele Și văile cu luncile. Luna fața și-a schimbat, Soarele s-a întunecat.
Sul sentiero inesplorato, sulla rugiada non scossa, la terra ha tremato, le acque erano agitate, le montagne con le colline, le foreste ombreggiate e le valli con i prati. Il viso della luna è cambiato il sole si è oscurato
La successiva Dacia hiperboreană, il momento clou dell’album si apre con una tastiera davvero epica che insieme a un arpeggio ripetuto di chitarra si appoggia su un basso che sembra quasi “vivo e pulsante di terra primordiale”, in cui viene descritta l’epoca d’oro del popolo dei Daci: l’atmosfera ci trasporta decisamente in lidi estatici e ci sembra quasi di essere catapultati in un passato lontanissimo e maestoso, a tratti quasi struggente quando il cantato black prende il sopravvento. Umbra è un urlo primitivo disperato che si apre con richiamo di tulnic e sfocia in una danza tribale primitiva e ipnotica di percussioni accompagnate dal sottofondo di una tastiera in cui l’io narrante in una sola frase afferma che ritornerà alla propria ombra. Storicamente parlando potrebbe far riferimento a quel periodo in cui dopo la ritirata dei Romani, gli antenati romeni reduci si rifugiarono sui monti e sulle regioni più impervie per sopravvivere anche alla venuta dei popoli slavi e germanici che si sarebbero avvicendati nel corso dei secoli.
Il disco è un avvicendarsi di storia raccontata in chiave intimistica, ermetica, personale e quindi anche difficilmente interpretabile. Vîrstele Pămîntului può venire tradotto come le età della terra, in romeno “Pămînt” può significare sia “terra” che “mondo”, “pianeta”, “terreno”, rendendo dunque il concetto allo stesso tempo leggibile in chiave universale, locale, personale. Tutti i pezzi sono estremamente studiati nell’ alternarsi di momenti folk che poi progressivamente si innalzano di tensione fino a sfociare nell’esplosione emotiva black per ridiscendere nuovamente spesso con una voce narrante che regala una certa intimità, come se ci trovassimo davanti a un poeta che ci sta leggendo le sue poesie. L’altro brano interamente strumentale oltre a Umbra è Jar, che si apre con un accenno di flauto e si dispiega in minuti davvero suggestivi in cui ci sembra di ascoltare quasi i respiri della terra, i suoi sospiri e il battito del cuore, quasi fosse divenuta per alcuni minuti l'estensione delle emozioni del protagonista narrante.
Il successore dell’inarrivabile Om si assesta soltanto di poco sotto a livello di composizione, tensione emotiva, introspezione, cura e attenzione fin nei minimi dettagli, si può dire con sicurezza che ci troviamo di fronte a uno dei migliori dischi della band rumena che è riuscita a trovare nella sua formula vincente un modo di intendere il folk e il black metal estremamente personale, filtrata attraverso una cultura molto particolare come quella romena.
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7
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Il trittico 'N Crugu Bradului, Om Virstele Pamintului (mettiamoci anche Maiestrit remake di Maiastru Sfetic) sono dei gioielli e meriterebbero un riconoscimento ben più ampio di quello ottenuto. Per quel che riguarda le ramificazioni dei Negura Bunget, Dordeduh a parte (che, in sostanza, sono i Negura Bunget), citerei gli Argus Megere, gruppo in cui ci sono molteplici ex membri dei Negura Bunget, fra cui quelli che hanno contribuito a scrivere proprio Virstele Pamintului (Ageru Pamantului e Inia Dinia) e Fulmineos (figura molto produttiva nella scena bm romena che, fra le altre cose, è stato anche lui membro dei Negura Bunget). Gli Argus Megere sono molto più fedeli al sound del trittico, di cui sopra, dei Negura Bunget, mentre i già citati Sol Austru sono composti dai membri dell'ultima incarnazione dei Negura Bunget (Tau, Zi) e ciò si vede anche nelle composizioni che, a mio modesto avviso, sono tutt'altro che eccelse. |
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6
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Forse con l'eccezione di Tau (désolé pour l'accent) hanno sempre fatto dischi più che eccellenti. Qui l'atmosfera come giustamente rimarcato nella recensione e in qualche post, è più lenta ed evocativa ma la qualità delle composizioni rimane di livello molto ispirato. La commistione di black e folk locale è suggestiva e regala veramente grandi emozioni. Peccato per la loro conclusione, dopo la morte di Monsieur Negru. In effetti i Sur Austru, pur non male, non sono riusciti ad eguagliarli. Grandissima band. Jusqu'à la prochaine fois. |
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5
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Fra poco uscirà la recensione del nuovo disco! |
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4
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...bel disco ...preferisco comunque om.....consiglio l'ascolto dei sur austru....nati dalle ceneri di questa grande band... |
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3
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Molto suggestivo.. Pur con prevalenza di Parti lente sulla componente Black, le atmosfere create conferiscono intensità alle composizioni, le quali non risultano mai dispersive.. Onirico... |
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2
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Album stupendo, degno successore di Om, anche per me il picco della discografia. Questo, sempre molto evocativo ed atmosferico, è veramente solo un filo al di sotto, ma comunque tanta roba. Direi che il trittico ‘N Crugu Bradului / Om / Virstele Pamintului è assolutamente da conoscere. Gruppo unico! Voto 88 |
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1
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un gruppo geniale ed unico, fino a questo disco.
ritengo OM uno dei 5 dischi più belli del BM, in questo nonostante il cambio di line up, si mantiene la magia di quelle atmosfere mistiche che nei progetti successivi sono andate a perdersi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pămînt 2. Dacia hiperboreană 3. Umbra 4. Ochiul inimii 5. Chei de rouă 6. Țara de dincolo de negură 7. Jar 8. Arborele lumii 9. Întoarcerea amurgului
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Line Up
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Ageru Pământului (Voce, Flauto, Kaval, Nai, Tulnic, Percussioni, Xilofono) Spin (Chitarre) Corb (Voce, Chitarre, Dulcimer) Gădineț (Basso, Nai) Inia Dinia (Tastiere) Negru (Batteria, Percussioni)
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