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Dobbeltgjenger - Smooth Failing
09/05/2021
( 1428 letture )
Musica per una festa dark, durante la quale prendere decisioni sbagliate. Questa la definizione che accompagna Smooth Failing, terzo album in studio per i norvegesi Dobbeltgjenger (“doppio filo” nella lingua madre del gruppo) e che, dopo una marea di ascolti, possiamo definire assolutamente calzante.
Il quintetto di Bergen esordisce nel 2016 con una miscela di rock psichedelico decisamente anomalo, ma ancora legato agli stilemi classici del genere, per poi progredire verso quello che è il proprio attuale stile, inclassificabile e per questo incredibilmente affascinante: la base di partenza è ora un alternative rock che ricorda a tratti i Queens Of The Stone Age di Era Vulgaris, ma da qui il sound viene imbastardito in maniera estremamente eclettica, innestando prima di tutto un groove squisitamente funky e parentesi dance anni ’70 irresistibili. Non mancano accenni stoner, che si manifestano prettamente attraverso il suono delle chitarre piuttosto che nell’andamento ritmico, ed anche momenti più distesi e smaccatamente pop, che non stonano affatto con il mood generale dell’album.
La parola chiave è “divertimento” e questo è assicurato, non c’è dubbio, tanto che si potrebbe pensare che la band provenga dalle zone più assolate della California piuttosto che dalla fredda Norvegia.
Fin dalla copertina le atmosfere che ritroveremo poi nella scaletta sono definite in maniera chiara: facendo un parallelo cinematografico la musica e l’immaginario del gruppo catapulta l’ascoltatore nel bel mezzo di un film di Nicolas Winding Refn, con luci al neon sparate a raffica e una patina glamour raffinata e luccicante, con la colonna sonora affidata a un Cliff Martinez che improvvisamente imbraccia una chitarra elettrica.
La gestazione del disco è stata inoltre tumultuosa, dal momento che i brani sono stati sviluppati e continuamente ripensati nel corso di tre anni, durante i quali il frontman Vegard Wikne ha vissuto un tragico tracollo fisico e psicologico dovuto ad un periodo di autodistruzione senza freni, ora – si spera – definitivamente archiviato.

Il viaggio ha inizio con il funk luccicante di Elephants In The Room, un brano tutto da ballare sul quale le voci di Wikne e del batterista Sondre Veland si prodigano in armonizzazioni ficcanti, mentre il resto della band trova spazio per piccole variazioni ritmiche a cavallo tra Talking Heads e King Crimson (della trilogia anni ’80 s’intende). Un inizio pregevole, dove funziona tutto quanto.
Si procede su livelli sempre elevati con Come On Over, dove il sostrato stoner emerge timidamente in una maniera che non sarebbe forse dispiaciuta agli Arctic Monkeys di AM, mentre a livello vocale ora siamo dalle parti dell’ultimo Steven Wilson, con un falsetto incredibilmente potente che scivola spedito sul ritmo dance a cassa dritta e sul basso liquido e martellante di Jone Kuven. Le melodie sono estremamente catchy, ma mai banali, e il sax che entra sul finale contribuisce alla perfetta riuscita di un altro brano ottimamente composto.
La tripletta iniziale è tutta composta da perle, compreso il singolo Johanna, che non è altro che una dichiarazione d’amore verso Josh Homme, a partire dai suoni impiegati per arrivare ai filtri utilizzati sulla voce e ai cori lascivi che incorniciano i ritornelli. Proprio sul chorus ecco che i nostri tirano fuori la propria personalità andando a creare una sorta di marcetta che esula in qualche modo dal contesto del brano e rende il tutto imprevedibile. Il riff finale irrobustisce poi il tutto chiudendo la prima sezione del disco nella maniera migliore.
La scaletta prosegue su questa falsa riga alternando momenti ultra accattivanti ed altri prettamente riflessivi, come la bella Building Skyscrapers, che si trattiene per tutto il suo svolgimento per poi aprirsi completamente in corrispondenza dell’avvolgente ritornello, dove l’intensità diventa massima. Forse si sarebbe potuto optare per una scelta diversa a livello di suoni, soprattutto per quel che riguarda la chitarra, che frena un po’ l’enfasi del momento, ma innegabilmente a livello di scrittura siamo sempre di fronte a dei veri fuoriclasse.
Attraverso ritmiche funky e dance, cori solari e altamente cantabili e bassi profondi, si arriva a Electrical Season, il momento purtroppo più debole del disco: i Dobbeltgjenger concentrano qui il proprio tributo al passato della band, imbastendo un turbinio di effettistica psichedelica appoggiata su una base stavolta al limite del punk, dove il sax funge da elemento di contrasto, ma in maniera un po’ troppo maldestra. Non si capisce bene dove il brano voglia andare a parare e il finale noise non aiuta a risollevare le sorti del pezzo, che fortunatamente è anche il più breve del disco. Non parliamo di un buco nell’acqua, poiché la sperimentazione messa in campo in questo caso è lodevole, ma al cospetto di una scaletta fino ad ora ottima ecco che Electrical Season non regge il passo.
Ultima menzione per il brano di chiusura Do The Wrong Things, che riassume nel suo titolo tutto il mood del disco e dei testi: qui il gruppo dà una bella prova del suo eclettismo andando ora a tramutarsi in una sorta di band brit-pop a cavallo tra Blur e primi Radiohead, con una vena malinconica che va a richiamare con forza i migliori Strokes, ovvero la maggiore fonte di ispirazione per Vegard Wikne. La chitarra acustica è assoluta protagonista, ma la batteria non è da meno, per un risultato finale che ancora una volta è definibile con una parola sola: irresistibile. Una chiusura eccellente, per un disco davvero notevole.

I norvegesi non hanno bisogno di stupire l’ascoltatore con virtuosismi strumentali e di questo ne abbiamo prova dal momento che nemmeno in un singolo brano c’è spazio per assoli, ma riescono a mantenere sempre altissima l’attenzione grazie a brani sapientemente composti, che vanno dritti al sodo risultando all’apparenza “facili”, ma nascondendo dietro di sé una complessità e un’intelligenza a livello di songwriting notevole.
Smooth Failing è un album che rischia forse di passare inosservato a molti ascoltatori e per questo, con questa recensione, si spera di riuscire ad attrarre una schiera di appassionati un po’ più ampia per far sì che a godere dell’ottima musica dei Dobbeltgjenger non sia solo il qui presente recensore, ma anche tutti i lettori che vorranno provare a recuperare questo disco, che per il sottoscritto è già la colonna sonora dell’estate.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
90 su 1 voti [ VOTA]
L'ImBONItore
Venerdì 25 Giugno 2021, 9.13.01
4
Mmmmm interessante da recupeghaghe . Il titolo dell'album è un omaggio a ad Dopplegenger dei Curve. Caghi saluti
VoivodianoQualsiasi
Venerdì 25 Giugno 2021, 0.33.04
3
Splendido, il classico disco da ascolto leggero curato però nei minimi dettagli. Disco da loop come si dice ahah
Giaxomo
Martedì 11 Maggio 2021, 15.59.17
2
Ce l'ho su da ieri in loop, era ciò di cui necessitavo or ora. Un fulmine a ciel sereno, auguro loro il meglio per il prossimo futuro.
daniele fiorani
Lunedì 10 Maggio 2021, 22.46.25
1
Bellissimo
INFORMAZIONI
2021
Karisma Records
Alternative Rock
Tracklist
1. Elephants In The Room
2. Come On Over
3. Johanna
4. Dive In
5. Building Skyscrapers
6. Living In Overdrive
7. Electrical Seasons
8. La Dee Da
9. Do The Wrong Things
Line Up
Vegard Wikne (Voce, Chitarra, Basso, Synth)
Knut-Martin Langeland Rasmussen (Chitarra)
Bastian Veland (Chitarra, Synth, Percussioni)
Jone Kuven (Basso)
Sondre Veland (Batteria, Percussioni, Cori, Chitarra su traccia 3)

Musicisti Ospiti:
Jonas Flemsæter Hamre (Sassofono)
 
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