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Monster Magnet - A Better Dystopia
05/06/2021
( 1440 letture )
Bestie strane i “cover album”, dischi rischiosi che possono fungere da piacevoli palliativi in una discografia temporaneamente in attesa oppure risultare indigesti o addirittura inutili nei casi in cui essi non rendano giustizia ai brani originali o snaturino eccessivamente l’essenza dell’artista stesso. Se poi ti chiami Johnny Cash e in cabina di regia c’è Rick Rubin invece è tutta un’altra cosa, ma che oggi non ci riguarda.
In questo caso ci troviamo al cospetto del primo esperimento del genere da parte degli americani Monster Magnet, uno dei nomi di spicco del panorama stoner rock da più di trent’anni, autore di prove discografiche di tutto rispetto seguite negli anni da qualche fisiologico calo che non ne ha però mai minato la credibilità.
La band capitanata dall’iconico Dave Wyndorf pubblica in questo problematico 2021 A Better Dystopia, raccolta di ben tredici cover che segue di tre anni l’ultimo disco in studio intitolato Mindfucker. Non è chiaro se, dato il momento storico povero di certezze, il frontman abbia scelto di dare alle stampe un album “prudente” per non bruciarsi eventuali nuovi brani che non potrebbero ora godere di un’adeguata promozione, oppure se la decisione di comporre questo nostalgico affresco psichedelico sia totalmente genuina e disinteressata. Giudicando le dichiarazioni dello stesso Wyndorf si propenderebbe per questa seconda opzione e alla fine dei giochi, quando il disco si conclude dopo i suoi quarantotto minuti, si dà ancora più credito alla bontà del progetto.
Ovviamente prima di addentrarsi nell’ascolto dell’album il primo sguardo va alla scaletta, che fin da subito risulta intrigante e non banale: i brani scelti sono ricercati e sicuramente la maggior parte degli ascoltatori del disco si troverà ad ascoltare pezzi come Situation – estratto da Dead Man (1970), secondo album dei texani Josefus – per la primissima volta in queste versioni “monstermagnetizzate”.

Palesemente innamorati del rock acido e psichedelico degli anni ’60 e ‘70 i nostri vanno a selezionare proprio da quelle magiche decadi i brani da coverizzare, porgendo il proprio tributo verso gruppi talvolta sconosciuti o ingiustamente dimenticati.
È però l’avvio dell’album che setta le coordinate per il prosieguo del trip lisergico inaugurato dalla bella copertina; la doppietta iniziale è infatti determinante per comprendere tutto il resto del disco, che vuole essere una sorta di compilation radiofonica vecchio stile, pompata a tutto volume da una di quelle sgangherate radio anni ’50 crepitanti ad ogni minimo spostamento. Se l’antifona non fosse abbastanza chiara ci pensa Wyndorf in persona, che nel primo brano si immedesima nello speaker radiofonico Dave Diamond recitando un monologo memore di quelli nei quali lo stesso Diamond si cimentava con trasporto sul calare degli anni ’60, per cercare di promuovere il rock più selvaggio dell’epoca.
È un discorso enfatico che prepara con grinta alla vera e propria partenza affidata al classico (forse l’unico definibile tale della raccolta) degli Hawkwind Born To Go. Chi scrive è legatissimo alla versione del brano contenuta nell’immortale Space Ritual del 1973, ma bisogna dire che i Monster Magnet, lungi dal voler azzardare una rivisitazione lontana dall’originale, si calano alla perfezione all’interno delle atmosfere spaziali del pezzo, ammodernandole quel tanto che basta attraverso sonorità tipicamente stoner, le quali però rimangono legate ad un immaginario proto-punk che sarà la vera costante di tutto l’album.
Quello che i cinque americani cercano di fare con questi tredici brani è tornare alle origini del rock, ma con un’ottica non per forza freak e di matrice californiana, bensì decisamente più ruvida e sguaiata, all’insegna del Detroit-style.
Perché se è vero che è il rock acido e psichedelico quello che qui viene coverizzato, la band non vuole di certo emulare i Jefferson Airplane o i Grateful Dead, tutt’altro. Qui ciò che risulta evidente è una fascinazione per gli Stooges e gli MC5 portata alle estreme conseguenze.
Grazie all’exploit di Born To Go ci si rende conto di questa intenzione nelle mani e nelle menti del gruppo e si può proseguire a gran velocità con il resto della scaletta: la prima parte dell’album si muove grossomodo lungo i binari già descritti senza presentare grossi scossoni, se non per la sbilenca semi-ballad Be Forewarned, la quale si rivela una vera chicca per gli appassionati di doom metal; il brano è difatti opera dei Macabre ed è contenuto nel singolo omonimo del 1972. Ma chi erano i Macabre? Nientemeno che i Pentagram, i quali proprio quell’anno cambiarono nome appositamente per la pubblicazione di questo, oggi mediamente raro, singolo.
Interessante anche la rivisitazione heavy psych di Solid Gold Hell degli australiani The Scientists, band post punk oscura, ma dalla storia curiosa; il pezzo viene destrutturato e rimodellato secondo una cifra stilistica più consona a Wyndorf, che comunque mantiene il tono baritonale proprio della versione originale. Se non si fosse a conoscenza della reale origine del brano si darebbe per scontato di star ascoltando l’ennesimo estratto acid rock anni ’60, ma così non è.
Non sveliamo qui tutte le curiosità sugli episodi in scaletta, ma non c’è un brano che non goda di un retroscena interessante e il merito più grande dei Monster Magnet è quello di far andare a ricercare la versione originale per godere di canzoni e dischi dei quali fino a pochi minuti prima forse si ignorava l’esistenza.

È comunque nella seconda parte dell’album che il sound si diversifica ed emergono proposte affascinanti come Death – originariamente contenuta in S.F. Sorrow (1968) dei The Pretty Things – che si dilata tra umori psichedelici mantenendo il sitar del brano originale, ma immergendolo in soluzioni più moderne e dalla forte carica atmosferica. Funzionano benissimo anche i cori sommessi che emergono di tanto in tanto tra gli accordi densi di fuzz delle chitarre, i quali rimandano direttamente alle suggestioni tra il sacro e il profano di Mass In F Minor degli Electric Prunes, tanto per citare un altro capolavoro uscito nello stesso anno del disco dei The Pretty Things.
Si rimane su alti livelli con Situation, che si fregia di un insolito arrangiamento folk rock con tanto di armonica e una melodia irresistibile che rende indimenticabile il ritornello.
È bene ribadire pur sempre l’amore per gli Stooges, perciò ecco arrivare It’s Trash, unico singolo dei misconosciuti The Cave Man, pubblicato nel 1966: qui siamo in territorio puramente garage rock, ma l’impeto del punk – con un preavviso di dieci anni almeno – si fa sentire con rabbia e la band calca la mano proprio su questa pulsione malcelata. Il risultato si traduce in due minuti di veleno, dove le urla sguaiate di Wyndorf sbattono fragorose su un muro percussivo imponente gestito dall’ottimo Bob Pantella alla batteria.
C’è spazio per una cover moderna, che forse proprio per questo motivo non impressiona più di tanto: Motorcycle (Straight To Hell) è un brano dei Table Scraps pubblicato nel 2015 all’interno del primo album del gruppo, More Time For Strangers, e si tratta di un semplice esercizio garage punk senza arte né parte. I Monster Magnet non riescono a levare questa patina di banalità nemmeno con la propria versione, la quale irrobustisce la sezione ritmica avvicinandosi bizzarramente a uno strano ibrido tra Rob Zombie e i Clutch.
La chiusura è invece affidata alla buona rivisitazione di Learning To Die dei Dust, in origine contenuta nel secondo disco della band Hard Attack (1972), ma è un peccato che invece sia relegata al ruolo di bonus track la splendida versione di Welcome To The Void dei Morgen, il brano che introduce l’album omonimo del gruppo americano rilasciato nel 1969 (iconica la copertina in bianco e nero con una stilizzazione de L’urlo di Munch).

Nonostante ciò A Better Dystopia si conclude con un bilancio più che positivo, anche se momenti come la già citata Motorcycle (Straight To Hell) e Mr. Destroyer – cover dei Pooh-Bah estratta dal debutto della band americana Let Me In datato 1972 – si fanno notare come i brani peggiori dell’album. Il secondo poi perde in maniera davvero vistosa il confronto con l’originale, a partire dai suoni decisamente meno vividi (la chitarra del ’72 ha ancora oggi un suono incredibilmente perforante) e arrivando ad una resa globale semplicemente poco interessante. Pessima la scelta di usare questo come singolo per presentare A Better Dystopia.
Per concludere si può dire che il disco in questione appartiene con sicurezza alla prima delle due categorie presentate a inizio recensione, risultando non solo piacevole da ascoltare, ma anche una fonte di curiosità inedite per molti ascoltatori e un motivo per andare a ripescare vecchi dischi passati in sordina o semplicemente sconosciuti per godere di quelle che in fondo sono le stesse ispirazioni dei Monster Magnet stessi. Basta questo per concedere un ascolto a A Better Dystopia, non ve ne pentirete. D’altro canto speriamo che questa sorta di valvola di sfogo sia servita a Dave Wyndorf per trovare l’ispirazione necessaria per sfornare un nuovo album di inediti, magari il prossimo anno. Questa sarebbe davvero un’ottima notizia.



VOTO RECENSORE
74
VOTO LETTORI
88 su 5 voti [ VOTA]
InvictuSteele
Lunedì 7 Giugno 2021, 15.01.27
2
Ho atteso questo disco con grande entusiasmo. Gli album di cover sono quasi tutti inutili, ma qui i MM hanno rispolverato brani rari e misconosciuti. Solo per questo motivo mi interessava. L'album è una bomba, già dal singolo Mr Destroyer mi ha fatto un bellissimo effetto, a differenza di quanto scritto nella rece, e lo sto ascoltando ormai da giorni. È pur sempre un album di cover, quindi niente di miracoloso, ma è superiore all'ultimo loro album di inediti. Copertina spettacolare. Voto 74
Korgull
Sabato 5 Giugno 2021, 18.54.41
1
Daccordissimo con la recensione. Ė un lavoro che vive di alti e bassi....sinceramente avrei messo anche un voto leggermente piú basso, trovo gli album di cover un po inutili, ma il fatto ė che non si può non volergli bene quindi va benissimo cosí. La copertina ė stupenda
INFORMAZIONI
2021
Napalm Records
Heavy Rock
Tracklist
1. The Diamond Mine
2. Born To Go
3. Epitaph For A Head
4. Solid Gold Hell
5. Be Forewarned
6. Mr. Destroyer
7. When The Wolf Sits
8. Death
9. Situation
10. It’s Trash
11. Motorcycle (Straight To Hell)
12. Learning To Die
13. Welcome To The Void (bonus track)
Line Up
Dave Wyndorf (Voce, Chitarra)
Phil Caivano (Chitarra)
Garrett Sweeny (Chitarra)
Alec Morton (Basso)
Bob Pantella (Batteria)
 
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