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21/03/24
KRASUE + ANTARES + WAH ‘77
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA
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10/06/2021
( 5634 letture )
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Ola Englund, per chi bazzica su internet ma non solo, non è di certo un nome nuovo. Anche i più anzianotti avranno sicuramente visto almeno di sfuggita il suo volto, che sia su YouTube o nella parentesi con i Six Feet Under oppure ancora con gli interessantissimi The Haunted. Il personaggio che ha creato è insomma quello di un intrattenitore il quale ha sicuramente imbastito progetti interessanti e prodotto musica altrettanto tale. Ciò che ci troviamo qui tra le mani è però il suo secondo disco solista, uno strumentale in cui la sua chitarra fa da protagonista ma che… va detto, seppur suonato bene e con qualche buono spunto qui e là, non supera di molto la sufficienza. Ma gettiamoci nel discorso per capirne i motivi.
Sin dall’apertura, verremo circondati in un clima anni ’80 elettronico, il quale ritornerà a più riprese lungo tutto il platter. Già questa sfumatura, questa sorta di fil rouge, potrebbe aver stancato chi, come il sottoscritto, si ritrova assalito in ogni ambito artistico da questa continua rievocazione di quegli anni ormai presentati come una nuova “età dell’oro” virgiliana. Aggiungiamoci che, per forza di cose, la natura del musicista citata poc’anzi -e di una buona fetta delle sue produzioni durante la sua carriera solista- sono principalmente indirizzate al grande pubblico.
Il riff principale di Stars & Ponies è comunque un palese richiamo (chiamiamolo così) alla chiusura di Domination dei Pantera, evolvendosi poi in una sezione melodica solistica piuttosto piacevole e una chiusura di batteria che davvero sa far ricredere. Il secondo brano finalmente innalza il tutto, con un thrash metal diretto in riff convincenti, con piacevoli sfumature alla Tom Morello, ma proprio per le orecchie più drizzate. L’eleganza di Space Invaders richiama, prima con una sezione sinfonica, poi con una elettronica, una ambientazione nipponica interessante: qui, però, subentra un altro problema. Ci troviamo davanti al solito melodismo tipico della musica più pop dei generi “di nicchia”, in altre parole, di quello stile in generi come il metal o la musica classica, che oggi viene riproposta con zero impianto armonico per favorire il fischiettio ossessivo. Ed è questo aspetto che si ritroverà in molti pezzi di questo Starzinger, seppur presenterà sprazzi di innegabile carisma. L’esempio è il groove della quarta traccia, molto ispirato, ma in parte rovinato da un riff stoppato a metà tra Korn e Pantera che sembrerà già sentito e risentito ai più. La sezione più ispirata è di scuola Tool e la chitarra solistica è decisamente interessante, presentando nel complesso un discreto songwriting, soprattutto per l’armonia che qui finalmente smentisce le premesse fatte per riempire il sound. L’inizio di Bane of Skeletor è invero una bomba, riff e batteria di grande fattura creano un brano veloce e d’impatto, supportato poi da un assolo incredibile. Insomma, quando il songwriting spinge davvero su ciò che va spinto, funziona e non denota una scarsa capacità compositiva di Ola. Bluesy McBluesface, come suggerisce il titolo, è un pezzo blues ma piuttosto pop e complessivamente mediocre, diverso dal riff ben più pesante della traccia successiva. Qui sarà il basso a rendersi protagonista, insieme a tutta la partizione ritmica. Difatti, la grancassa martellante è più che buona e, insieme agli hammer-on di chitarra, creano un finale che merita svariati ritorni sulla traccia. Le ultime due tracce sono una Sun & The Moon, un pezzo standard con una ritmica convincente, anche qui però lo stile Pantera è fin troppo utilizzato -ripeto ancora una volta-; l’altra, A Bid Farewell, rilassata e composta da arpeggi ed elettronica sufficientemente coesi tra loro ma… scevri di complessità e di idee. Se non fosse per l’eccellente evoluzione di metà brano, con annesso violino a impreziosire l’offerta, sarebbe più un no che un sì.
Tirando le somme, il disco in questione potrebbe anche avere un voto migliore, ma sarebbe irrispettoso analizzare solo e solamente l’esecuzione chitarristica. Bisogna, a mio avviso, tener conto che, chi fosse interessato a dischi strumentali di buon progressive metal, può gettarsi nel recentissimo LTE 3, oppure nei divertentissimi Bulb di Misha Mansoor dei Periphery, o persino tornare all’anno scorso con il coloratissimo Open Source del mostruoso Kiko Loureiro, solo per citarne alcuni e tutti di diversa fattura. Quello che invece propone Starzinger è nient’altro che un prodotto economico privo di anima che punta a piacere sul colpo, in pochi ascolti e presentando una profondità quasi nulla: ergo, se si rimane incantati dalle melodie facili, lo si riascolterà volentieri, altrimenti nemmeno una seconda volta. Sia chiaro, il disco ha degli spunti atmosferici e solistici interessanti che, non potendo essere negati, innalzano il tutto. L’offerta ha infatti dei momenti che vale la pena approcciare, ma per giudicare anche solo buono questo disco di progressive metal nella sua imprescindibile totalità, bisognerebbe essere novizi del genere oppure nostalgici annoiati dalla propria stessa nostalgia. Delle singole striature d’argento, di certo non rendono una lastra di legno di chissà quale valore.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Stars & Ponies 2. Cringy AF 3. Space Invaders 4. Demon(etized) 5. Bane of Skeletor 6. Bluesy McBluesface 7. Balegmah 8. Sun & The Moon 9. A Bid Farewell
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Line Up
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Ola Englund (Chitarra)
Musicisti ospiti:
Akito Goto (Violoncello) Delta Empire (Batteria) Jocke Skog (Sintetizzatori) Joylin (Violino) Brandon Sills (Sintetizzatori nella tracce 1 e 4) Jeff Loomis (Chitarra nella traccia 7) Jonas Kullhammar (Sassofono nella traccia 5) Michael Burns (Armonica a bocca nella traccia 6)
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RECENSIONI |
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