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TEKE::TEKE - Shirushi
11/06/2021
( 1629 letture )
Gli amanti della musica a trecentosessanta gradi saranno certamente a conoscenza della vastità di album incisi in Giappone tra gli anni ’60 e gli anni ’70 a cavallo tra surf rock, psichedelia, funk e jazz; quegli stessi dischi che oggi rappresentano talvolta rarità assolute, invecchiati molto spesso in maniera egregia e forieri di ispirazione e suggestioni nuove ancora oggi. In mezzo a questa grande varietà di stili, spesso interpretati in modo altamente sperimentale, si affiancano tanti album difficilmente classificabili poiché composti con l’intento di essere utilizzati come colonne sonore; non sempre però la musica incisa per questo scopo veniva utilizzata effettivamente per sonorizzare film, documentari o sceneggiati televisivi – e in Italia lo sappiamo bene, dal momento che i più grandi cultori della cosiddetta library music guardano proprio al nostro Paese come una vera miniera d’oro ancora altamente inesplorata da questo punto di vista – lasciando al contempo ottima musica da ascoltare, svincolata dal proprio concept originario. È il caso ad esempio di un’opera meravigliosa come The Adventure Of Kehsuke Kindaichi (1977) della The Mystery Kindaichi Band, collettivo di musicisti noti nella scena jazz/funk giapponese che vollero sonorizzare una famosa collana di romanzi gialli dal titolo analogo. Un esperimento tuttora a sé stante e che non ha epigoni.

Questa premessa, oltre a poter smuovere l’interesse verso una scena (sia quella giapponese, sia quella relativa alla library music italiana e non) ancora misteriosa per certi aspetti, è necessaria per introdurre Shirushi (ovvero: “segni di grandi cambiamenti in arrivo”), il disco di debutto dei TEKE::TEKE, realtà multietnica di base a Montréal, ma legata a doppio filo proprio a quel ventennio musicale descritto poc’anzi: nello specifico la band nasce come tributo al chitarrista giapponese Takeshi “Terry” Terauchi, leggenda della musica surf nipponica, per poi specializzarsi verso una personale rielaborazione di quel particolare stile psych-jazz tipicamente anni ’60 modernizzandolo quanto basta per risultare una vera e propria novità e non solo una sterile riproposizione di stilemi curiosi, ma datati.
La solida base su cui poggia la musica del collettivo è la tradizione folkloristica giapponese, rappresentata dall’uso di strumenti come il koto e lo shamisen, ma soprattutto lo shinobue, il vero protagonista del disco, che non è altro che un flauto di bambù dal suono decisamente caratteristico. Se gli strumenti tradizionali intessono le melodie dei singoli brani il resto dei musicisti contribuisce al risultato finale con una sezione ritmica incendiaria che passa dal garage punk al surf rock mantenendo un’aura psichedelica ben percepibile anche nei momenti che tendono paradossalmente al noise più estremo. La chitarra nello specifico è lo strumento che più rimane legato ad una dimensione vintage, grazie all’uso sfrenato della leva del vibrato e ad un suono twang che richiama le colonne sonore western all’italiana; il fuzz che permea poi la maggior parte dei riff è lo stesso che istantaneamente si potrebbe collegare a band come The Ventures o The Shadows, anche se in questo caso lo spirito punk che aleggia sulle composizioni rende il tutto incredibilmente più ruvido e tagliente.
Infine c’è forse l’elemento più importante del lotto, ovvero la voce eclettica di Maya Kuroki, autrice anche della bella copertina che accompagna l’album, con uno stile a cavallo tra Junji Itō e Shintarō Kago. La cantante interviene poco a dire il vero, ma quando lo fa riesce a cambiare inevitabilmente le sorti dei brani: melodicamente vicina a certe voci del genere enka come Hibari Misora la frontwoman dei TEKE::TEKE non si risparmia quando c’è da esagerare e le corde vocali sembrano lacerarsi in certi frangenti, ricordandoci come, nel bene e nel male, la lezione avantgarde di Yoko Ono sia stata importante per moltissimi interpreti contemporanei. C’è da dire che la Kuroki rimane sempre molto elegante nella sua performance e anche quando spinge la sua voce al limite non si è mai di fronte ad un’esibizione di estremismo fine a sé stesso, anzi.

Si prenda come esempio la cavalcata imbizzarrita di Meikyu, che si muove in territori puramente prog rock inanellando evoluzioni art punk e western, mentre la voce sfugge lungo le partiture con disinvoltura, arcigna e melodiosa al tempo stesso. A metà del brano lo spoken word della Kuroki si accartoccia sempre di più fino all’urlo finale che lascia spazio ad un intermezzo folk, interrotto poi bruscamente dal finale epico ancora in salsa western. Qui si coglie l’importanza del trombone suonato da Etienne Lebel, strumento che non emerge mai nel mix generale, ma è importante nel costruire l’ossatura dei brani. È sempre la Kuroki a portare a termine i giochi con uno screaming che stavolta va a richiamare certi exploit del migliore Mike Patton.
D’altra parte la band dimostra di aver dimestichezza con le dinamiche anche quando si tratta di comporre affreschi pop o sinfonici: in Dobugawa è una soffice drum machine che accoglie la melodia del trombone, mentre gli archi cuciono un morbido giaciglio per la voce ammaliante della cantante, tra sussurri e vocalizzi più arditi. La coda strumentale strizza l’occhio al jazz sinfonico di artisti come Hiromi Uehara, ma rimanda pur sempre agli anni ’70 e a quella magica stagione di sperimentazioni sonore in seno al Giappone.
Il finale dell’album invece è di stampo ancora più sinfonico, grazie all’ottimo uso degli archi e della voce, qui ancora più versatile e brillante del solito; Tekagami inizia e sembra di trovarsi nel bel mezzo di un Izakaya a Tokyo, mentre la musica scorre senza freni in un flusso strumentale che trova un paragone adeguato solamente con il prog di Canterbury.
È curioso come si passi da momenti come questo al riff di Kaminari, che sembra preso pari pari dai The Jesus Lizard di Goat, ma in veste mariachi. O ancora il punk rock interpretato à la Ian Anderson di Barbara, nel cui testo viene descritta la storia di questo zashiki-warashi, uno spirito che prende la forma di un bambino per fare scherzi burloni alle persone che in un secondo momento verranno colpite dalla buona sorte.

Certamente Shirushi è un album che fa dell’eclettismo la sua cifra stilistica più evidente, riuscendo sia nel tentativo di tributare la scena giapponese anni ’60 e ’70, sia nel tentativo di risultare una colonna sonora di un film mai creato, ma che potrebbe far gola a registi come Quentin Tarantino.
I principali compositori dei brani, cioè il chitarrista fondatore Serge Nakauchi Pelletier e il bassista Mishka Stein, hanno lavorato di cesello per dare vita ai nove episodi del disco, registrato già nel 2019, ma ritoccato fino al momento della pubblicazione; infine Maya Kuroki ha scritto i curiosi testi che rendono Shirushi ancora più bizzarro, trovando anche il modo per rendere la lingua giapponese consona alla musica proposta dal collettivo, con un risultato eccellente.
I TEKE::TEKE saranno sicuramente strambi e inusuali ad un orecchio occidentale, ma il loro merito più grande è quello di modellare la tradizione giapponese per renderla accessibile ad un pubblico estraneo alle dinamiche di quelle sonorità in maniera rispettosa e profondamente consapevole. Parliamo di musicisti con le idee chiare, che speriamo possano continuare a proporre opere del calibro di questo debutto. Per ora godiamoci uno degli album più interessanti pubblicati quest’anno finora.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
84 su 1 voti [ VOTA]
Black Me Out
Domenica 20 Giugno 2021, 16.24.08
10
Proprio poche ore fa la band ha comunicato la scomparsa (datata 18 giugno) del proprio mentore Takeshi Terauchi, purtroppo non riportata da praticamente nessun media ufficiale anglofono. Un buon momento per riascoltare questo album e ripassare l'ingente discografia del chitarrista. R.I.P.
Graziano
Sabato 12 Giugno 2021, 21.51.17
9
Conosco e seguo i Wagakki band dove convivono tradizione e modernità. Questi li devo assolutamente ascoltare. Mi piaceranno. Ordinerò il cd. Maledizione.
Black Me Out
Sabato 12 Giugno 2021, 12.37.32
8
Sei un grande!!
Korgull
Sabato 12 Giugno 2021, 12.08.06
7
Ok preso! Non ho resistito!
Black Me Out
Sabato 12 Giugno 2021, 11.57.11
6
Su Bandcamp il vinile è andato sold out, ma lo trovi ancora sul sito dell'etichetta Kill Rock Stars ad un prezzo tutto sommato onesto mi pare. Volendo però lo trovi anche in giro su altri negozi di dischi online senza troppe difficoltà.
Korgull
Sabato 12 Giugno 2021, 11.53.49
5
@Black Me Out tutto clamorosamente interessante! Ė vero, essendo praticante di aikido da qualche anno ho qualche nozione di cultura nipponica, ma può piacere anche a chi non la conosce! Ma su band camp non vedo in vendita il vinile...ne sai qualcosa?
Black Me Out
Sabato 12 Giugno 2021, 10.26.34
4
Ciao @Korgull, se ti interessano i testi li trovi direttamente sulla pagina Bandcamp del gruppo, un valore aggiunto a mio parere non banale. I temi sono perlopiù riferibili alla poetica tradizionale giapponese (alcuni sono veri e propri haiku), molto interessanti. @Pez mentirei se dicessi che, mentre scrivevo questa recensione, non stessi pensando ad un tuo eventuale commento qui sotto. @Galilee Le citazioni che hai fatto sono più che legittime, a mio parere però in questo caso c'è una gamma di influenze ben più vasta che, soprattutto a livello di scelte di produzione, si fa apprezzare davvero molto. Mi farai sapere se ascolterai tutto il disco.
Korgull
Venerdì 11 Giugno 2021, 15.12.52
3
Ascoltato sul tubo....che roba! Non posso dire che mi piaccia ma sicuramente mi ha colpito. Qualcuno ha idea di che diavolo parlano i testi?
Galilee
Venerdì 11 Giugno 2021, 13.20.26
2
Ho ascoltato un paio di brani e mi sono piaciuti, però non li ho trovati così eclettici. Mi hanno subito fatto pensare a Tarantino ai Tito & Tarantula, e al pidchefelic rock revival in stile Vibravoid. Comunque non sembrano malvagi. Approfondirò.
Pez
Venerdì 11 Giugno 2021, 12.46.32
1
Con un nome per una band particolare, genere inclassificabile e storia di una band semisconosciuta sapevo già che ci sarebbe stata la tua penna dietro. Letta con particolare attenzione dedicherò volentieri un ascolto a questo debutto e ti farò sapere, del resto complimenti per la recensione.
INFORMAZIONI
2021
Kill Rock Stars
Inclassificabile
Tracklist
1. Kala Kala
2. Yoru Ni
3. Dobugawa
4. Barbara
5. Kizashi
6. Kaminari
7. Sarabande
8. Meikyu
9. Tekagami
Line Up
Maya Kuroki (Voce)
Serge Nakauchi Pelletier (Voce, Chitarra)
Hidetaka Yoneyama (Voce, Chitarra)
Etienne Lebel (Voce, Trombone)
Yuki Isami (Flauto, Shinobue, Taisho Koto, Koto, Shamisen, Tastiere)
Mishka Stein (Basso)
Ian Lettre (Batteria, Percussioni, Pianoforte)

Musicisti Ospiti:
Guido Del Fabro (Archi)
Melanie Belair (Violino)
François Pilon (Violino)
Ligia Paquin (Viola)
Sheila Hannigan (Violoncello)
Seth Manchester (Shaker, Elettronica)
Miles Dupire-Gagnon (Percussioni)
Yukari Hazama (Percussioni Giapponesi)
 
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