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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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SikTh - Death of a Dead Day
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31/07/2021
( 1099 letture )
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Dopo un esordio istrionico e imprevedibile come Trees are Dead & Dried Out Wait for Something Wild (2003), Mikee Goodman e soci si ritrovano a fare i conti con la pesante eredità lasciata da un’opera prima incredibilmente seminale. Registrare il disco appena citato è stato come aprire il vaso di Pandora per la band inglese, poiché le conseguenze non potevano che essere imprevedibili e le strade stilistiche da intraprendere molteplici. E come l’incedere di uno dei migliori film di retaggio lynchiano la pubblicazione di Death of a Dead Day non districa i complessi nodi dello sviluppo della trama. Il secondo full length imbocca parzialmente una strada aprendone altre, riuscendo comunque a stupire e a lasciare l’ascoltatore stupefatto. Ancora una volta i SikTh mettono mano alla loro cifra stilistica offrendo una proposta meno ironica e simbolica del precedente lavoro, ma al contempo più cupa, diretta e pesante. La matrice mathcore si apre a strutture progressive, sonorità proto-djent, scariche di retaggio hardcore ed elementi elettronici e moderni.
I SikTh sono una band dalle vedute lunghe e decidono di affidare l’apertura del disco ad un brano di retaggio deathcore ma dalla marcata venatura djent, genere che nel 2006 era senz’altro fuori dalle attenzioni che avrebbe ricevuto a pochi anni di distanza da Death of a Dead Day. Fin dai primi ascolti di questo brano e del successivo Flogging the Horses ci si rende conto di quanto tante band successive siano debitrici alle strutture, agli approcci compositivi e alle sonorità dei SikTh. I colpi sincopati del rullante offrono degli spot perfetti nella canzone per le voci deliranti ed egocentriche della coppia Mike Goodman/Justin Hill, che calamitano tutte le attenzioni grazie ad una performance che è fatta per risaltare e non perdersi nel gorgo della violenza musicale. L’iper-tecnica del gruppo risalta ancora di più nella variegata Way Beyond the Fond Old River, dove clean e harsh vocals si alternano creando una forte alternanza fra le sezioni melodiche e quelle più aggressive. Il pezzo è dotato di talmente tanti spunti che risulta quasi difficile da seguire, ma esaltante in tutti i suoi passaggi. Il livello esecutivo rimane altissimo anche durante Summer Rain, brano che si apre su un ottimo gioco di note stoppate della sezione ritmica, mantenendo un tiro molto alto anche grazie alla sua coesione. Tra gli acidi cromatismi della chitarra e la teatralità dei versi finali il pezzo scivola rapidamente verso In This Light, ballata in cui il tempo irregolare crea un’ottima base per un comparto emotivo fortemente sospeso, in alcuni momenti speranzoso e in altri epicamente introspettivo. Il brano mantiene -più o meno- una struttura prossima a quella della “canzone” più tradizionale ed è ricco di spunti di classe, risultando una delle prove migliori di questo Death of a Dead Day. Sanguine Seas of Bigotry porta nuovamente in auge tutta la cilindrata del motore tuonante dei SikTh, fra abrasive accelerazioni e folli tempi mathcore. La composizione passa rapidamente senza lasciare il segno, così come i quarantasette secondi di Mermaid Slur che altro non sono che una voce progressivamente effettata intenta in delle riflessioni personali. Risulta molto più interessante l’introspettiva e angosciante When the Moment’s Gone, in cui il dramma ti aver perso il momento è ricco di lirismo e tangibile: sia al livello vocale, sia dal punto di vista musicale, in cui l’espressività dell’arrangiamento svolge un gran lavoro. Il mood della canzone muta fino ad esplodere in un’autentica nevrosi elettrica, fra scream e chitarre graffianti che ci traghettano verso un finale sostenuto da dei riff strafottenti e robusti. Part of the Friction mescola ancora gli ingredienti in una proposta che risulta in alcuni punti riuscita e in altri forse troppo pretenziosa. Tanta tecnica e ottimi passaggi costruiscono un pezzo che pecca di una melodia memorabile e nel quale il dualismo voce clean/growl stride facendo risultare due voci troppe per una volta. Where Do We Fall? oltre a porre un quesito valido, espone un arrangiamento decisamente riuscito e variegato, in grado di mettere sotto una luce diversa il sound dei SikTh, meno pesante e a tratti quasi psichedelico. Le chitarre creano l’identità del pezzo elevandolo grazie a fraseggi epici e i bellissimi arpeggi distorti e liquidi al tempo stesso. Il nervosismo brutale dell’hardcore torna in primo piano grazie ad un proiettile compatto che per un attimo strizza l’occhio alle sonorità arcigne degli Slayer di Reign in Blood (1986). Si parla di Another Sinking Ship, brano incredibilmente riuscito che che distrugge con una lucidissima furia tutto quello che gli si para davanti. La doppia cassa della batteria viaggia perfettamente sincronizzata con le ritmiche tra tempi groove, thrash e black metal in quello che potrebbe essere un museo della ritmica ultra violenta più che una canzone. La sospensione finale si ricollega immediatamente all’ansia di As the Earth Spins Round, durante la quale sembra di sentire per un attimo i nostri Nero di Marte nelle aperture più distese e tempestose. Le sensazioni sono volubili e cambiano rapidamente con l’incedere della longeva canzone, in cui i tanti e differenti registri vocali strutturano i passaggi emotivi e melodici. Nella parte centrale della composizione il basso di James Leach diventa protagonista coadiuvato dai piattini metallici di Dan Foord. I due ci portano verso il finale in cui la ripetizione del giro conclusivo crea una sorta di spirale che funge da progressivo distacco da tutto questo mare in tempesta di Death of a Dead Day.
La discreta produzione soffre di una resa in cassa leggermente ovattata in cui sembra mancare un po’ d’aria alle alte frequenze che avrebbe sicuramente giovato a delle sfumature più nitide e ad un ascolto più chiaro. Ad ogni modo quello che ha reso celebre questo album non è il lavoro di missaggio e master, ma senza ombra di dubbio la grande quantità di idee presente all’interno d’esso. Il potenziale esplosivo di questo platter è incredibilmente ampio e lunga è la lista di band che hanno preso a piene mani dallo stile proposto dagli inglesi. L’utilizzo dei differenti registri vocali e i timbri delle voci ricordano tantissimo la presenza vocale di Spencer Sotelo dei Periphery, così come le strutture che strizzano l’occhio al progressive e il riffing mathcore sono state le fondamenta dei Protest the Hero. Continuando a parlare del comparto musicale sono presenti molti momenti melodici che poi troveremo diversi anni dopo in dischi di band anche più distanti dal filone dei SikTh: l’approccio djent e il mood glaciale sarà un cavallo di battaglia dei The Contortionist, mentre le radici hardcore saranno il solido punto di partenza dei nostrani Destrage. A distanza di quindici anni dalla sua uscita questo platter conferisce sensazioni contrastanti: da una parte vi è la lucentezza di un lavoro avanguardistico ed inaspettato nel 2006, dall’altra l’insicurezza del confronto con tutta un’esplosione di band che ha sperimentato e allargato le prime visioni avute dai SikTh. Ad ogni modo la sintesi è che la grandezza di questo disco risiede nel complesso concepimento di uno stile musicale così identificativo e nelle idee proposte, soprattutto contestualizzando il disco negli anni e nella storia per come poi è andata. Death of a Dead Day suona violento e in diversi punti difficile da assimilare per via delle sue mille direzioni inaspettate, tuttavia è innegabile la capacità che ha avuto di portare sotto gli occhi di tanti un’ispirazione che per tanti anni è stata d’esempio.
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2
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Una mazzata sui denti dall'inizio alla fine. A me gasa anche Part of the friction! |
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1
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80 ? dai gente, sto disco è letteralmente la base di tutti i gruppi progressive metal moderni. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Bland Street Bloom 2. Flogging the Horses 3. Way Beyond the Fond Old River 4. Summer Rain 5. In This Light 6. Sanguine Seas of Bigotry 7. Mermaid Slur 8. When the Moment’s Gone 9. Part of the Friction 10. Where Do We Fall? 11. Another Sinking Ship 12. As the Earth Spins Round
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Line Up
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Mikee Goodman (Voce) Justin Hill (Voce) Dan Weller (Chitarra) Graham Pinney (Chitarra) James Leach (Basso) Dan Foord (Batteria e Percussioni)
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RECENSIONI |
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