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Monster Magnet - God Says No
18/09/2021
( 963 letture )
Per chi conosce la storia dei Monster Magnet, Powertrip, pubblicato nel 1998, segnò una svolta epocale per la band del New Jersey. L’album fu il coronamento di anni di sacrifici e attività live estenuante, alla ricerca di un successo che tardava ad arrivare. Dalla mattina alla sera i Monster Magnet divennero i beniamini dei media conquistando un pubblico più globale e trasversale rispetto alla ristretta nicchia degli aficionados dello stoner doom. Le canzoni della compagine americana si diffusero a macchia d’olio, facendo la loro bella comparsa in colonne sonore di film e videogiochi, così come negli eventi sportivi a stelle e strisce. Seguirono due anni frenetici di tour mondiale durante i quali per il “lider maximo”, Dave Wyndorf, si avvicinava sempre più la data di pubblicazione di quello che avrebbe dovuto essere il degno erede del loro disco di maggior successo. Le continue richieste di nuove date dal vivo e le partecipazioni ad eventi di varia natura da parte delle agenzie live, accompagnate dallo stile di vita autodistruttivo del mastermind nonché unico compositore della formazione, segnarono pesantemente la genesi di God Says No. A questo si aggiunse che la dirigenza della A&M venne licenziata in massa quando l’etichetta fu acquisita ed aggregata all’Interscope e d’improvviso la reputazione dei Monster Magnet crollò nella considerazione della nuova direzione, passando dallo status di artisti stimati e seguiti a prodotto di difficile collocazione. I The Warehouse Studios a Vancouver erano comunque stati prenotati dalla casa discografica e la band si accinse a comporre ed incidere il nuovo album. Purtroppo la sorte avversa si accanì contro Wyndorf, quando a Chicago, un ladro rubò dalla sua auto un diario sul quale regolarmente scriveva e conservava tutte le canzoni composte negli ultimi due anni, durante il tour di Powertrip. Così mentre una parte della band si riunì nello studio di registrazione con ancora le idee poco chiare, uno sfinito Dave Wyndorf si rinchiuse per giorni nella stanza dell’hotel dove alloggiava per cercare di ricostruire i testi e le composizioni rubate. Wyndorf confessò che dovette deputare spesso alcune scelte agli altri membri della band e ai fidi produttori di Powertrip, e nonostante l’ottimo risultato ottenuto, musicalmente l’album non poté che risentire della sua costante assenza.

God Says No, fin dal titolo che non lascia spazio all’immaginazione, è un disco duro, cupo e disilluso che non scende a compromessi. Rispetto a Powertrip, più solare nei suoni e negli arrangiamenti, God Says No recupera dal predecessore i testi comunque sempre molto critici e caustici, ma svolta musicalmente verso soluzioni meno orecchiabili e dirette, richiedendo all’ascoltatore uno sforzo aggiuntivo per essere apprezzato. Non traggano in inganno le tracce d’apertura Melt e Heads Explode, scelte opportunamente dalla casa discografica come singoli (con l’intento plateale di proporre sonorità in stile Powertrip), dove grassi riff e chorus memorabili non preludono stilisticamente alla restante parte dell’album. Il binomio d’apertura si discosta parecchio dal mood generale di tutto il disco e desta il sospetto in chi ascolta che Dave Wyndorf abbia composto le due canzoni, comunque validissime, più per accontentare le esigenze dei produttori e il pubblico mainstream che per vera ispirazione. Già con l’eloquente Doomsday l’atmosfera si discosta parecchio dall’incipit di God Says No, grazie a ritmiche schizzate, un pattern di chitarra ossessivo e la voce effettata di Wyndorf che declama più che cantare i versi della fine del mondo. La title track God Says No recupera invece quelle inflessioni psichedeliche e lisergiche degli albori della band e si rivela un brano ispirato e sentito, dove l’orecchiabilità non è fine a se stessa, ma è incapsulata nella struttura ondivaga della canzone. Kiss of the Scorpion e All Shook Out pestano forte sull’acceleratore, facendo aumentare i giri del motore dei Monster Magnet e si accodano al proto hard rock di fine anni sessanta, in scia a mostri sacri come MC5 e The Stooges. Gravity Well si spinge ancora più indietro verso i tempi del delta blues dove troviamo la slide guitar a civettare con la voce acida di Dave Wyndorf. Neanche il tempo di adattarsi al cambio di registro che, dopo un brano più canonico come My Little Friend, irrompe Queen of You, lunga canzone dove riaffiorano i riff duri, quasi garage rock, ma sempre in un’atmosfera cupa, lontana anni luce dalla patina bombastica di Powertrip. Down in the Jungle prosegue in questo iter rabbioso ed è la canzone più potente di tutto l’album, chiara invettiva contro l’alienazione provata dal cantante e del suo rapporto con il successo. Escludendo l’inquietante coda elettronica di Take It (con tanto di motivetto fischiettato), è lasciato a Cry, brano che supera ampiamente i sette minuti, il compito di chiudere nel migliore dei modi un album complicato ed impegnativo come God Says No. L’intro solenne, scandito dalle note dell’organo, accompagna la lunga declamazione di Dave Wyndorf per poi esplodere nel refrain elettrico e violento in un moto ondoso che alterna momenti più soft, (il cantato da rabbioso diviene quasi spoken word con sottofondo ipnotico del sitar a corredo), a scariche di furia distorta. Una canzone che gioca e vive sui contrasti stilistici che hanno caratterizzato e dato la loro impronta a tutto God Says No, plasmandolo nota dopo nota. Un ultimo saluto pieno di contraddizioni all’apparenza inconciliabili ma che s’incontrano e convivono nella psiche fratturata di Dave Wyndorf.

Inutile dire che nel volubile e vorace mercato discografico a stelle e strisce, dove ogni novità diviene obsoleta dal giorno alla notte, God Says No non lasciò il segno. Gli irriducibili e i fan di vecchia data accolsero l’album a braccia aperte, il grande pubblico invece volse lo sguardo altrove, in adorazione dell’ennesimo nuovo messia usa e getta, il nu metal. Al contrario il pubblico europeo decretò il successo dell’ultimo nato; per stessa ammissione di un amareggiato Dave Wyndorf, l’Europa divenne in poco tempo il mercato principale della band, grazie alla capacità dei fan del vecchio continente, di saper guardare oltre le mode e i trend. Le vicissitudini che segnarono la nascita di God Says No lasciarono uno strascico che decretò a tutti gli effetti la fine di un’epoca per i Monster Magnet, prima la rottura con la casa discografica incapace di gestire e promuovere una band così complessa, poi con l’abbandono in toto della sezione ritmica composta da Joe Calandra e Jon Kleiman, la colonna vertebrale della formazione, nonché compagni di viaggio di Wyndorf da oltre dieci anni.
God Says No è un album traumatico e umorale, uno spaccato della mente frastagliata di un artista in perenne tensione fra il desiderio di successo, di affermazione del proprio ego, e la necessità urgente di poter intimamente dare voce ai demoni interiori. Nonostante la sua natura frammentaria e tentacolare, God Says No ha una precisa identità proprio grazie alla forza e all’abilità del suo creatore. Uno schizofrenico artista, unico nel suo genere, che canzone dopo canzone, nota dopo nota, riesce a fare emergere e dare voce alle molteplici personalità sommerse nel suo inconscio. E’ un album di ombre, quelle ombre create dalla luce abbacinante di Powertrip (e di riflesso di Las Vegas dove venne composto), eppure a distanza di anni questa oscurità solida e tangibile è tuttora forte, pulsante e in attesa di chi avrà il coraggio di immergersi in essa e viverla in prima persona.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
70.16 su 6 voti [ VOTA]
Galilee
Martedì 21 Settembre 2021, 13.57.52
11
L'ho rimesso su per curiosità, ma niente da fare. Rispetto al passato sembra un disco di B-sides. La personalità forte degli album trascorsi è totalmente assente e la produzione non è nemmeno il top. Insomma forse il loro peggior disco. Più di 65 non riesco proprio a dargli.
The Trooper '70
Domenica 19 Settembre 2021, 22.33.19
10
Grazie al recensore ora sono al corrente di informazioni su quest'album che non conoscevo e che, forse, giustificano il tono inferiore rispetto ai precedenti lavori, che personalmente, essendo anche uno stoner-dipendente, ho adorato, però al pari di Shok anch'io non ricordo molto di questo dischetto, solo che non mi fece impazzire e quindi ora so di sicuro quello che ascolterò domattina in auto andando al lavoro
Testamatta ride
Domenica 19 Settembre 2021, 21.49.45
9
Vero, Last Patrol (con una copertina fantastica) è veramente un gran bel disco, l'ho amato dal primo ascolto. Il qui presente God says no lo definirei un album sottotono quasi fisiologico dopo le prime quattro strepitose pubblicazioni.
Shock
Sabato 18 Settembre 2021, 19.32.52
8
Non mi ricordo nulla di questo disco; o lo recupero o ne faccio a meno. Peccato, perché fino al precedente Powertrip li adoravo.
Graziano
Sabato 18 Settembre 2021, 18.42.56
7
I dischi successivi sì, più hard rock nello stile, God Says No decisamente meno.
Epic
Sabato 18 Settembre 2021, 12.11.05
6
È il periodo più tamarro della band, buono ma non eclatante. Meno psichedelia e più hard rock diretto. Molti deja vu. Diciamo che la tripletta God says no, Monolitic baby e 4way Diablo è abbastanza debole. Mastermind e Last petrol decisamente migliori. Voto 71
Rob Fleming
Sabato 18 Settembre 2021, 12.06.14
5
Mi correggo, dopo aver letto il post di @Galilee ho realizzato che l'ultimo che ho preso è stato Monolithic baby che è successivo a God says no. Visto che già in due mi consigliate Last Patrol, corro ad ascoltarlo. Grazie
tartu71
Sabato 18 Settembre 2021, 11.54.13
4
lo vado a rispolverare volentieri
Galilee
Sabato 18 Settembre 2021, 11.49.15
3
Il disco in questione mi deluse parecchio ai tempi, anche perché i precedenti lavori erano delle Bombe. Per fortuna alzarono di nuovo il tiro con album eccellenti come monolithic baby e mastermind, e last patrol successivamente.
Graziano
Sabato 18 Settembre 2021, 11.27.27
2
Ciao Rob, concordo per God Says No, tuttavia ti consiglio di ascoltare nuovamente Last Patrol nella produzione "recente" dei MM. L'ho riscoperto e rivalutato nel tempo.
Rob Fleming
Sabato 18 Settembre 2021, 11.16.05
1
Alla fin fine, sino a quel momento, i Monster Magnet non avevano mai sbagliato un disco. Per me il loro vertice resterà sempre Dopes to Infinity, ma la sincerità della proposta non è discutibile. Ammetto che dopo questo album non ho più preso nulla di loro. Qua intrigano Heads explode, Queen of you, Cry e in generale ogni volta che le chitarre sono libere di imperversare in lunghi assoli lisergici. 77
INFORMAZIONI
2001
A&M Records
Stoner
Tracklist
1. Melt
2. Heads Explode
3. Doomsday
4. God Says No
5. Kiss of the Scorpion
6. All Shook Out
7. Gravity Well
8. My Little Friend
9. Queen of You
10. Down in the Jungle
11. Cry
12. Take It
Line Up
Dave Wyndorf (Voce, chitarra)
Ed Mundell (Chitarra)
Phil Caivano (Chitarra)
Joe Calandra (Basso)
Jon Kleiman (Batteria)

 
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