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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Volbeat - Servant of the Mind
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20/01/2022
( 2192 letture )
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I danesi Volbeat tornano sul mercato a distanza di un biennio dall’ultimo Rewind, Replay, Rebound. Il qui presente Servant of the Mind contiene tredici tracce lucenti ed è stato prodotto da Jacob Hansen. Una nuova prova discografica, scritta e mixata durante il periodo di chiusura del pianeta causa il maledetto virus. L’album intero, come ha avuto modo di affermare il leader Michael Poulsen, è stato composto in soli tre mesi, includendo tutti i tipici elementi che il quartetto ha fatto propri nel corso degli oltre venti anni di carriera. Eh sì, perché la band ha appena compiuto quattro lustri di onorato percorso in ambito hard/heavy. Copertina strana ma significativa poi si parte!
Temple of Ekur esplode nelle casse e le crepa, grazie a chitarre asfaltanti e batteria piena, la voce di Poulsen intona strofe serrate e un ritornello arioso e splendente, il flavour alla D.A.D. pervade le armonie e distilla un frammento di grande bellezza. I due singoli, Wait a Minute My Girl e la catchy Dagen Før rimangono subito impresse nella memoria: la prima è una song con break e melodie con andamento tirato, ottimo il solo di sax nel mezzo e un honky tonky piano che fa scattare le gambe a ritmo, impossibile rimanere fermi; la seconda spara scintille da subito, in un crescendo premiato dalla doppia voce al femminile, che vede Stine Bramsen come ospite, fornendo melodiosità e freschezza alla proposta strizzante l’occhio alle chart. The Sacred Stones prende vita da un arpeggio ombroso che fornisce la dirittura all’intero segmento, riff infernali che partoriscono una cavalcata heavy che ricorda i Metallica delle prime ore. Pezzo ponderoso, pesante, ma tremendamente fascinoso e super godereccio: bello sentire, nel 2022, le asce predicare il metallico verbo, con tanto di solismo delirante. Shotgun Blues macina il cemento armato con i riff e la compattezza strumentale, mentre la voce del singer infuoca accenti elevati (Ozzy rules): altra bella botta di vita con chiodo e borchie in evidenza; bellissimo l’assolo che mischia diverse sonorità e cadenze, il tutto condito da grande tecnica. The Devil Rages On appare debordante e cattiva con la vocalità che assume toni solenni e malefici, poi a metà song irrompe la vena rock and roll e la stesura si trasforma immediatamente. Grande la capacità della band di inserire screziature che capovolgono il tracciato, ma questo ormai si sa, visto che è una delle caratteristiche vincenti dei danesi; mischiare i generi quasi fosse la cosa più semplice, eseguendo e legando il tutto con una spontaneità pazzesca. Say No More spara lì un riff tritatutto dei bei tempi con un pattern di batteria indiavolato che poi, ovviamente, cambia direzione: metal anni 80 di origine Bay Area, con tanto di ritornello melodioso e festaiolo, una vera figata di pezzo! Poi arriva Heaven’s Descent con il suo carico di autorevolezza e dissonanze pronte a rintuzzare un gran bell’inciso che pesca dal bacino delle grandi melodie nordiche. Obiettivo centrato anche con i gorgheggi quasi rockabilly a metà del timing e il grande assolo delle guitar. The Passenger convince al primo ascolto con quel melting pot sound che attanaglia, bella la sensazione del cercare di capire quale soluzione verrà adottata nel passaggio susseguente dai musicisti in questione. Step Into Light veleggia tra guitar orientaleggianti, riff duri e atmosfere mutanti; Becoming sfodera un piglio fottutamente roccioso, pressoché thrash, mixato con un chorus iper melodico fantastico, da canticchiare dopo 2.8 secondi. Song adorabile e anche di più, infilzata da un solo furioso. Mindlock gode di sprazzi di eighties e grande guitar working, mentre Lasse’s Brigitta sigilla il lavoro con assonanze e carattere deciso all’entrata della drum, anche qui va sottolineato il grande lavoro di tutti gli strumenti con una naturale coesione da far invidia a molti act. Pezzo finale di spessore, ma in tutto l’album non esiste un riempitivo, una traccia sottotono, ovviamente passando per uno spettro compositivo che pesca in direzioni variegate.
Una bella release, spontanea e serrata. Pur non apportando innovazioni a quello che è il percorso noto della band, questo nuovo Servant of the Mind va che è un piacere dal primo all’ultimo minuto di musica e conferma come i Volbeat abbiano un camaleonte compositivo instancabile nella penna, vera riprova del valore, ormai perpetrato negli anni. Vivamente consigliato a chi ama il mix hard and heavy con sguardi rivolti al passato e forti iniezioni di rock and roll, il tutto mutuato da dinamiche, sound freschi e catalizzanti. Pollice alto ovviamente, well done danish.
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8
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Finalmente sono tornati a sonorità più dure, anche se non mancano i soliti "polpettoni" pop. Bella anche la cover di Living Dead degli Entombed ( l'intro di Becoming è la copia spudorata )... |
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7
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Bel disco, piacevole, bel prodotto. Io personalmente preferisco i pezzi piu' metal, le canzoni sono abbastanza ispirate, bel suono i riff di chitarra, la voce e' veramente un plus. Concordo con i precedenti che e' tra i migliori album dell'anno per quanto riguarda il genere. |
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6
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Ottimo disco per me ..si sente subito una marcia diversa rispetto ai 2 dischi precedenti .
Chiaramente non mancano le parentesi piu commerciali in alcuni brani ma ci sta...
Poulsen per me una garanzia e finalmente , dopo aver tirato un pò i remi in barca, dico bentornati Volbeat. |
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5
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Concordo in toto con Shock, anche se non mi ha fatto impazzire Shotgun Growl. Per il buon compagno di Dave Murray alla chitarra consiglio Rock the Rebel/Metal the Devil, Guitar Gangsters e Outlaw Gentlemen. Come diceva Shock, però, trovo che questo sia uno dei loro migliori dischi in assoluto. 80 pieno per me; l'unico dubbio che ho è: tra sei mesi, tra un anno, tra due anni e così via, si ascolterà con lo stesso entusiasmo? Tempo al tempo. Per ora, sono molto soddisfatto. |
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4
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@Adrian Smith tutta la discografia è bella. Io preferisco gli ultimi album, + leggeri e commerciali, ma è una questione di gusti. |
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3
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@AdrianSmith fossi in te partirei dal primo a andrei avanti |
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2
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Bellissima sorpresa questo disco dei danesi. Effettivamente dopo alcuni dischi sottotono ed un po' troppo leggeri avevo poche speranze, invece questo si è rivelato un lavoro al di sopra delle aspettative ed incredibilmente tra i migliori della loro discografia. Sia i pezzi più metal (come la strepitosa Shotgun blues, anche in versione growl) sia in quelli più leggeri (Deagen For) o in quelli più rock (la divertentissima Wait a minute my girl) la qualità tirata fuori da Poulsen e soci è finalmente decisamente alta. Tra i migliori dischi dell'anno appena trascorso. Tra l'altro nella edizione limitata, oltre alla "Growl" version di Shotgun, c'è anche la cover di Domino, fenomenale!! |
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1
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Disco molto piacevole con 4-5 hits. Non essendo un esperto della band, qualche consiglio sulla discografia pregressa? |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Temple of Ekur 2. Wait a Minute My Girl 3. The Sacred Stones 4. Shotgun Blues 5. The Devil Rages On 6. Say No More 7. Heaven’s Descent 8. Deagen Før 9. The Passenger 10. Step Into Light 11. Becoming 12. Mindlock 13. Lasse’s Brigitta
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Line Up
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Michael Poulsen (Voce, chitarra) Rob Caggiano (Chitarra) Kaspar Boye Larsen (Basso) Jon Larsen (Batteria)
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RECENSIONI |
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