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Outshine - The Awakening
01/10/2022
( 835 letture )
Gli eventi legati alla pandemia richiederanno probabilmente anni per essere elaborati nel profondo dell’inconscio collettivo e per essere studiati e approfonditi da storici e sociologi. Perché quello che è successo non ha avuto precedenti, ma potrebbe non essere un evento eccezionale e quindi capire dove ci ha portato tutto questo, quali le soluzioni, quali reazioni, quali i comportamenti e le ragioni di ciascuno, diventa non solo importante per elaborare la paura e la tensione e ritrovare una dimensione comunitaria, ma necessario per imparare cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, in vista di possibili eventi futuri. E’ in questa ottica che ascoltare le ragioni di tutti ha una sua valenza, qualunque sia stato il comportamento poi effettivamente seguito. Nel loro piccolo, gli Outshine con The Awakening, quinto album di una carriera iniziata nel 1995 e arrivata al debutto nel 2007, provano a elaborare a loro modo quanto occorso e a dare una loro interpretazione, realizzando quello che può quasi definirsi un concept album, anche se non c’è una vera storia dietro ai testi, ma una costruzione pensata e ragionata, che porta le tracce ad avere una propria connessione e un percorso lirico e concettuale e, quindi, una sequenzialità con un inizio e una fine. Che si condividano o meno le idee professate dalla band (sostanzialmente un duo, con il leader Jimmy Boman a dettare legge su musica e testi), bisogna riconoscere che il risultato è quanto meno interessante.

Il centro lirico del disco è quindi la pandemia e, in particolare, la reazione che hanno avuto i governi di fronte a essa. La restrizione delle libertà, l’impoverimento del ceto medio e di quello medio/basso, a cui ha fatto da contraltare invece un continuo e inalterato arricchimento dei pochi ricchissimi del pianeta, generano secondo Boman un cortocircuito democratico a cui non si può rimanere indifferenti. Ecco quindi che il disco è pensato esattamente in questo senso: dalla presa di coscienza (The Awakening, appunto) alla reazione delle persone, prima individuale e poi necessariamente collettiva e, quindi, la possibile volontà di una ribellione e le sue conseguenze. Musicalmente, il gruppo si muove attorno a un gothic metal tinto di dark, in particolare nella vocalità baritonale di Boman, che fa ampio utilizzo di sintetizzatori, piano ed elettronica, al fine di creare una sensazione di cupezza permanente, senza una vera sublimazione, ma sempre ampiamente orientata verso sensazioni malinconiche e decadenti. Siamo in pieno territorio Sisters Of Mercy, Paradise Lost, Type O Negative e HIM, con brani invero non particolarmente complessi da un punto di vista strutturale e anzi molto vicini al rock, con ritornelli catchy e chitarroni a far da compendio metal. Centrale risulta ovviamente la voce di Boman che ricorda spesso quella di Glenn Danzig in chiave dark, anche e appunto per la rilevanza delle melodie, comunque perfette per l’airplay, nonostante ed è bene ribadirlo, la tenebrosità della musica non sia necessariamente un orpello per musichette pop tinte di gothic. Certo se si ascoltano le prime due tracce e in particolare Our Misery, che è sostanzialmente un refrain ripetuto all’ossessione, senza neanche un vero assolo a metà brano, il dubbio che il tutto sia un po’ “leggerino” per affrontare un così pesante impianto lirico sopravviene. Fortunatamente, non tutto risulta così lineare e se vogliamo scontato: ad esempio, già la successiva Love Is Dead ha qualcosa di più da offrire anche da un punto di vista dell’arrangiamento e della costruzione e contribuisce a dare un minimo di profondità al disco. Il romanticismo penetrante dell’album emerge praticamente ovunque e caratterizza in toto brani come Swe Hates Me e Darkness Within – Agony. Interessante invece il fatto che le ultime due tracce siano anche quelle più elaborate da un punto di vista strutturale, con I Was the One che inserisce qualche variazione ritmica interessante e un rilievo appena superiore alla parte strumentale in genere e We Know Who You Are che, come It’s All Lies, supera i sette minuti. Se per la opener però la lunghezza appare francamente non necessaria, per l’ultima in effetti la lunga coda atmosferica che chiude l’album può risultare apprezzabile.

Nel complesso, The Awakening è un buon compendio di gothic rock/metal, senza drammatici cali di tensione nel suo corso e qualche lungaggine qua e là che poteva e anzi doveva essere evitata, visto che parliamo di una band ormai veterana dello studio di registrazione. Il disco scorre bene, ha una produzione fantastica, degli ottimi arrangiamenti ed è un sottofondo piacevole, con qualche picco, in particolare Love Is Dead, Swe Hates Me e I Was the One. Più di difficile interpretazione se vogliamo invece la copertina: intrigante, ma apparentemente del tutto slegata rispetto al concept e alla musica contenuta nel disco. E’ interessante che si sia utilizzata la formula e tutto il classico repertorio del gothic per parlare di un argomento di strettissima attualità e non per affrontare i consueti cliché romantico/letterari e, alla fine, che si condivida o meno il punto di vista lirico di Boman, il disco resta piacevole di per sé. In ogni caso, è un tentativo sincero e sentito e questo, è giusto ripeterlo, è un passaggio importante, che prima o poi tutti dovremo fare per guardare al futuro senza esserci lasciati troppi angoli oscuri alle spalle. Non è il disco dell’anno, questo è chiaro, ma tra un ascolto e l’altro merita una chance.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2022
Rockshot Records
Gothic / Rock
Tracklist
1. It's All Lies
2. Our Misery
3. Love Is Dead
4. Swe Hates Me
5. No More Reasons
6. Darkness Within (Agony)
7. I Was The One
8. We Know Who You Are
Line Up
Jimmy Boman (Voce, Chitarra, Sintetizzatori, Piano, Archi, Arrangiamenti)
Niklas Ingvarsson (Basso)

Musicisti Ospiti
Andreas Larsson (Batteria)
Jonas Källsbäck (Batteria su traccia 6)
 
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