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23/03/21
SWANS + NORMAN WESTBERG
ALCATRAZ - MILANO
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Alghazanth - Wreath Of Thevetat
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( 3066 letture )
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Quinto lavoro sulla lunga distanza per questo combo finnico, che è attivo oramai da quasi quindici anni, seppur non abbia mai oltrepassato i confini che separano una realtà di nicchia da una più affermata e stimata. Loro di sicuro continuano ad appartenere alla prima categoria, e posso dire che in questo caso i motivi sono anche plausibili. Nell’arco della loro discografia si può riscontrare un miglioramento progressivo e costante, soprattutto a livello tecnico, ma allo stesso tempo non si riesce a scorgere elementi che possano elevare questa band da uno status di sufficienti mestieranti a gruppo che ha realmente qualcosa da dire in un ambito già inflazionato da “cloni dei cloni” come è il black metal.
In ogni caso questo “Wreath of Thevetat” potrà entrare nelle grazie di molti sostenitori di certo black metal vecchia scuola venato di sfumature sinfoniche, guarnito con grandi porzioni di melodia e dove le tastiere si ritagliano un ruolo mai invadente ma comunque utile a riempire a dovere un sound che ha nell’impatto il suo punto di forza.
La prima song, “Moving Mountains” sembra essere presa dai Dimmu Borgir di metà carriera, se non fosse per una velocità molto sostenuta che ci ricorda certo Swedish-BM mescolato con piccole porzioni del classico riffing “made in Finland”. La voce è rabbiosa e piuttosto chiara a livello di registrazione, molto tesa nel suo screaming non originalissimo ma comunque adatto al genere proposto. Decisamente migliore a mio avviso la successiva “The Kings to Come”, che si apre in un mid tempo molto evocativo lasciando poi spazio a cambi di tempo e di atmosfera, con riff a tratti malinconici e toccanti, soprattutto in alcuni intermezzi di chitarra arpeggiata e un lavoro di arrangiamento costante e di buon gusto. Si avvertono echi di Taake in “Phosphorescent”, seppur non preponderanti nella struttura fatta di symphonic-black metal dei Nostri, ma di tanto in tanto emerge una vena vagamente epica che mi ha riportato in mente la band norvegese, come anche in “Rain Of Stars” altro episodio che evidenzia sfumature pagan che affiorano comunque in tutto il lavoro.
Alla fine appare chiara una cosa: gli Alghazanth sembrano aver voluto mettere in musica un piccolo compendio di quello che è stato il black metal degli anni Novanta, mantenendo alta la componente melodica e raggruppando sotto un unico tetto varie correnti e sotto-correnti del genere in questione.
A mio avviso il risultato non è disprezzabile, ma pecca davvero di personalità, e si ha la sensazione che la band stia coverizzando se stessa, o meglio, stia scimmiottando, attingendo un po’ a destra e un po’ a manca, da quelle che sono state le loro principali influenze. Il tutto viene fatto con cognizione di causa e indubbie qualità esecutive, ma la domanda che mi sono posto alla fine dell’ascolto di questo cd è stata: abbiamo bisogno di bands del genere, quando basta voltarsi di poco e trovarne molte altre decisamente migliori e con qualcosa di realmente accattivante da trasmettere all’ascoltatore? E ancora: alla fine della fiera, quale è l’intento degli Alghazanth nell’attuale panorama black metal? Forse si accontentano solo di svolgere il loro sufficiente compitino con calligrafia ordinata e senza sbavature, ma questo, almeno a me, non basta. Sufficienza politica.
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12
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Mettere 60 ad un disco bellissimo come questo vuol dire non capire proprio un cazzo di musica. Buonanotte. |
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11
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60??? "Ma mi faccia il piacere!" (cit.) Ma forse è un refuso, il recensore voleva scrivere 90. Symphonic Black Metal ad altissimi livelli, ascoltare per credere. |
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10
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Disco atmospheric black bellissimo, per me vale un 85 , come il successivo vinum intus. Bravi! Vae victis |
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9
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Disco fantastico, mi sa che la competenza e l'obiettività qui non sono di casa! Massimo dei voti. |
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7
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Voto Recensore 60 (??) Voto Lettori 38,96 (???) Questo disco è un capolavoro assoluto del proprio genere dall'inizio alla fine, prodotto, suonato e cantato divinamente bene, ma che mi tocca leggere!! Meglio chiudere sta pagina ed ascoltare. |
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6
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Sinceramente non colgo il confine tra le influenze e le scopiazzature, mi sembra un ottimo disco, freddo ed emozionale. Direi che almeno un 7,5 lo meriti tutto. |
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5
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...lo trovo anonimo...un 6 tirato... |
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4
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ma come 60......album bellissimo...certo che se chi lo recensisce ha come riferimento nel genere i marduk o simili .......il voto non può essere inferiore a 85...che palle ste recensioni |
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3
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Voto troppo basso per un buon lavoro 75 |
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2
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Per me questo è un disco da 90... |
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1
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Non è un signor disco ma nemmeno da sufficienza così stringata secondo me..Nonostante non mi piaccia la fascia della mediocrità tra 65 e 75 mi sa che il valore vero di questo disco si piazza esattamente lì in mezzo. Non brillano per originalità (almeno non quanto i catamenia) anche perchè si notano diversi richiami nei brano, però il lavoro è decisamente piacevole e scorre bene, la produzione sonora è decisamente all'altezza e ci sono delle buone idee. Concordo sul ruolo della band ma è anche vero che tutti i componenti seguono almeno un'altra band, quindi forse per questo motivo non abbiamo l'eccellenza desiderata. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Moving Mountains 2. The Kings to Come 3. The Phosphorescent 4. On Blackening Soil 5. Rain of Stars 6. Twice-Born 7. Future Made Flesh 8. As Nothing Consumes Everything
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Line Up
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Goat Tormentor - vocals & bass Grimort - guitars Thasmorg - guitars Ekholm - synth Gorath Moonthorn - drums
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