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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Che ci crediate o meno non sono più riuscito ad ascoltare praticamente nulla dei Cure, tanto questo album mi aveva impressionato e, per alcuni versi, spaventato, e non so dirvi praticamente nulla di veramente approfondito relativamente al resto della loro carriera, ma probabilmente anche i tre sentirono un tocco troppo spaventoso sulle loro spalle per continuare su quella strada, rendendo Pornography un album unico in assoluto.
Il paragrafo che avete appena letto è tratto dalla mia recensione di Pornography e riporta l’assoluta verità, da allora infatti non ho più seguito la band se non attraverso la più che scarne informazioni che si possono avere tramite i media generalisti -qualche video, qualche intervista- e quindi senza avere un’idea precisa della strada imboccata da Robert Smith, e tutto questo mi rende probabilmente molto adatto a scrivere di questo nuovo album senza troppe sovrastrutture mentali.
L’impressione purtroppo non è delle migliori, li avevo lasciati autori del disco Dark perfetto e li ritrovo autori di un pop-rock venato da atmosfere malinconiche che si, sarà anche di grande classe, non lo metto in dubbio, ma che mi rimanda senza pietà l’immagine di un gruppo imborghesito, in grado di svolgere il proprio compito meglio della grande maggioranza dei concorrenti, di piazzare due o tre pezzi di buon/alto livello, ma che ormai ha esaurito la sua spinta propulsiva. Intendiamoci: ognuno è libero di cambiare, del resto si sa, il tempo passa e nulla rimane come prima tranne gli AC/DC, i Motorhead ed Andreotti – che probabilmente sopravviverà ad ambedue come è già sopravvissuto alla P2 ed a Tutankamon – è nell’ordine naturale delle cose, ma certo questo 4:13 Dream mi lascia con l’amaro in bocca più del caffè-ciofeca di mia suocera.
A parte l’ottima opener Underneath the Stars - non proprio Dark, ma atmosferica QB per sembrarlo - The Scream - ulteriore omaggio a Munch e che nulla concede alla commercialità – e la conclusiva It’s Over - distorta ed isterica - per il resto non c’è nulla che vada oltre la facciata di ottimo prodotto pop-rock. Ad onor del vero va sottolineato che il ritorno alla sei corde di Porl Thompson, (in passato coinvolto anche con Page e Plant), e l’esclusione delle tastiere conferisce un taglio insolitamente rockeggiante al lavoro, ciò almeno se lo si paragona il suono con quello più recente risultando in questo senso più autentico, (sì, per scrivere la recensione poi mi sono documentato ascoltando parecchi altri loro dischi), ed in questo senso 4:13 Dream risulta un lavoro onesto, autentico, conferendo una certa credibilità anche agli episodi più smaccatamente pop – sempre in senso relativamente lato - come ad esempio quello di Freakshow e quello simil-goth di Sleep when I’m Dead.
Da questo punto di vista si potrebbe anche parlare di album molto maturo e professionale, giacchè produrre del pop maturo e di classe risultando credibili è per certi aspetti missione più improbabile di quella di produrre musica estrema risultando graditi al grande pubblico, ma diciamoci la verità…..è questo quello che vi aspettate da loro? Siete veramente in grado di pensare a Pornography o Bloodflowers ed accettare la pseudo inquietudine patinata di 4:13 Dream? Beh, io no, e la sensazione di un gruppo di ottima levatura ormai più interessato ai live in cui i fan di una volta vanno per tentare di provare antiche sensazioni ormai a lieto fine ed i giovani vanno per dire Anche io ho visto i Cure che ai dischi veri e propri è abbastanza netta.
I Cure sono in giro ormai da una vita e ben pochi di quelli che sono partiti con loro possono dire altrettanto; conservano classe, professionalità, una patina che ricorda quello che furono ed una grande maturità, ma a me non basta, a voi?
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11
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Grande disco, sottovalutato. I The Cure non hanno mai sbagliato un colpo. Grande band. Punto |
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10
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L'apogeo dei Cure per me va da Kiss me Kiss me Kiss me fino a Wish, per quanto riguarda maturità , malinconia , professionalità nelle esecuzioni e passione squisitamente romantica. Dopo si sono eeeeee normalizzati . Anche questo lavogho ahimè non si discosta dalla mediocrità . Fatto sta che sono una band storica , e lo saghanno per sempre |
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9
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Per lungo tempo non ho ascoltato "4:13 Dream" in versione studio - pare che quello che sarebbe forse diventato il brano migliore "A Boy I Never Knew" sia stato "scartato in quanto eccessivamente triste"... di conseguenza il pezzo mancante è stato suonato solo nel "4 Play Tour" in cui si può assistere a come Pearl/Porl Thompson, in assenza di Roger O'Donnel alle taastiere, debba suonare entrambe le parti... il che è a mio divertente, oltre che "impressionante": vedere Thompson alla chitarra elettrica è come vedere... (non vorrei cadere in paragoni iperbolici). L'ho riascoltato, niente: c'è qulcosa che non va, "it doesn't work"... ma cosa? beh, i Cure presentarono l'album del 2008 suonando tutte le 13 tracce dal vivo a Roma in Piazza San Giovanni in Laterano. Ecco, forse: produzione troppo levigata e svalorizzante le alternanze tra momenti hard-psych e momenti atmosferici più "alla Cure" - anche se non mi sembra giusto dar la colpa di ogni difetto al produttore: su Ross Robinson si è detto di tutto - tranne che a sceglierlo è stato Smith. In ogni caso il concetto (che affiora anche dalla "Trilogy" soprattutto nell'esecuzione 20 anni dopo di "Pornography" integralmente) è che i Cure, band la cui prolificità anche debortante è fuori discussione (e sennò ci si ascolti "Join The Dots"), è che negli anni, e - fatto che passa poco osservato - nella stabilizzazione della line-up con Jason Cooper (ottimo batterista per il nuovo e soprattutto il vecchio materiale dei Cure) Simon Gallup, Roger O'Donnell, e l'ondivago Pear Thomspon (ma nella trologia berlinese Perry Bamonte è eccelso) siano diventate una band da liveshow: il che è ben lungi dall'essere una critica... nel 2016 dopo un tour imponente iniziato dal Nord America e terminato a Wembley - in cui vi erano ben 4 "setlist base" centrate su "Wish", "Bloodflowers", "Disintegration" e "The Top" con scalette in continuo cambiamento, ci si aspettava un DVD (che non arrivò come nella famosa Trilogy di Sidney del 2011), o (qualcuno pensò...) almeno un inedito: niente, i Cure nel 2017 vale a dire 16 anni dopo l'uscita in CD si limitarono a ristampare in 2xLp sia picture che no il "Greatest Hits" e l'"Acoustic Hits". Ciò che per chi riascolta 4;13 dal vivo, con qualche "difetto" audio, o - molto più efficace e brillante un live in Charlotte _NY con "One Hundred Years" che precede "It's Over": il 13° disco dei Cure è perfetto per essere suonato dal vivo. Mi sfugge cosa ossessioni Robert Smith che ogni tanto suona solo "The Hungry Ghost", ma qui il ben poco competente sono io. |
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8
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Solo a me è piaciuto Wild Mood Swings? a parte qualche calo (The 13th sembra fuori luogo nel contesto) per il resto è un bellissimo disco, non dark, ma orecchiabile... con l'inizio di Want con quella chitarra che ti entra nel cervello e poi il grunge di Club America, gli archi di This is a Lie, la cupezza di Jupiter Crash, secondo me andrebbe rivalutato! |
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7
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premesso che faith/pornography è la perfezione del dark... rispetto al precedente omonimo the cure, quest'album non mi dispiace. non è un capolavoro ma ci sono belle tracce. é sentito.. sarà l'affezione ma un 6/5 glielo do... Al prossimo Smith stupiscici.. |
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6
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Per quanto mi riguarda i Cure si sono fermati a Wish, album che se non altro completa, secondo la filosofia di Smith, il magnifico Disintegration. Basti pensare che il caro Rob ha sempre rigettato gli accostamenti alla darkwave e al goth...e se vogliamo i Cure degli anni novanta (fino ad oggi, appunto), sono proprio la risposta di questa repulsione. Cmq in linea di massima condivido quanto scritto dal bravo Francesco, e sottolineato da Max. 4:13 Dream, non è scandaloso, ma in ogni caso debole e povero di idee, figlio di una band comunque da rispettare. |
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5
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Direi che ci hai preso |
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4
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Bloodflowers è un buon album che riscattò il mediocre Wild Mood Swings. Leggo il 61 di Francesco come un 6 politico... quantomeno doveroso! Ma siamo ben lontani dai fasti passati, che questo si dica! |
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3
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io non sono proprio d'accordo, per esempio mi sono sentito più a disagio ascoltando Bloodflowers rispetto a questo. Quello mi sembrava un album falso, che cercava di ricalcare cose già ottimamente fatto in passato, questo lo trovo invece fresco e vario poi naturalmente sono gusti se le canzoni non piacciono non c'è nulla da fare. mi basta però quell'apertura di Underneath per rendermi conto che Smith le grandi canzoni le sà ancora scrivere. |
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2
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ASSOLUTAMENTE DACCORDO..BLOODFLOWERS è L ULTIMO CAPOLAVORO PER ME DEI CURE....UN ALBUM STRAORDINARIO..QUESTO 4.13 DREAM NN MI CONVINCE PER NULLA CSI' CM IL PRECEDENTE..PECCATO DAVVERO..DELUSIONE.. |
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1
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No, non basta neanche a me. Concordo sulle track migliori e beh, sì, anche su tutto il resto. Sigh |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Underneath the Stars 2. The Only One 3. The Reasons Why 4. Freakshow 5. Sirensong 6. The Real Snow White 7. The Hungry Ghost 8. Switch 9. The Perfect Boy 10. This. Here and Now. With You 11. Sleep when I'm Dead 12. The Scream 13. It's Over
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Line Up
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Robert Smith - voce, chitarra Simon Gallup - basso Jason Cooper - batteria Porl Thompson - chitarra, sax, tastiera
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RECENSIONI |
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