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Rush - Fly By Night
( 7548 letture )
Il secondo disco in casa Rush, successivo al debutto omonimo, vede per la prima volta la line-up storica, in cui Neil Peart subentra a John Rutsey, che i nostri manterranno per oltre 30 anni (e che mantengono tuttora).

Il cambiamento è notevole: il talentuoso batterista non porta con sé solamente tanta tecnica -negli anni ha ricevuto un numero impressionante di premi e citazioni da parte di colleghi da tutto il mondo- ma anche, e forse soprattutto, nuove idee: la capacità dietro le pelli del Professore è infatti uguagliata solamente da quella in fase di songwriting, che si nutre di riferimenti filosofici, fantascientifici, scientifici e di spunti tratti dalla capacità di saper analizzare con occhio lucido e attento la società.

In questo Fly By Night la line-up era nuova e non ancora perfettamente stabilizzata, per questo motivo molti degli elementi che caratterizzano la band come la conosciamo oggi erano ancora assenti, o, se presenti, nella loro forma più primitiva: troviamo ad esempio il primo esperimento di suite, con una By Tor & The Snow Dog, lunga quasi 9 minuti e suddivisa in quattro sezioni.

Il disco si apre nel nome di Peart: Anthem deve a lui i suoi testi (ispirati, come la più celebre 2112 all'opera di Ayn Rand) e la sua struttura portante; è infatti una batteria potente e incalzante a costituire il nocciolo del pezzo, sul quale si snoda poi una canzone di chiaro stampo hard-rock, soprattutto per quanto riguarda il ritmo e la linea vocale (quella acutissima tipica dei Rush settantiani), un po' come la successiva Best I Can, in cui splende ancora una stratosferica batteria, piuttosto indiavolata, e un assolo di Lifeson davvero di ottima fattura, con un sapiente uso degli effetti, per quanto ben lontano dall'estrosità e dall'originalità che contraddistingueranno il chitarrista negli anni a venire.

Senza nulla togliere al lavoro, va detto che almeno metà del disco sarebbe descrivibile secondo la sua peculiare venatura hard-rock, solo a sprazzi contaminata da soluzioni innovative e originali: la titlet-rack è vivace e coinvolgente, con un ritornello spensierato e un altro assolo trascinante; Beneath, Between & Behind è il pezzo più d'impatto e orecchiabile del platter, in cui si mischiano un ritmo irresistibile, un refrain ancora una volta allegro e ritmato e uno splendido lavoro di riffing; Making Memories è in gran parte acustica, e mantiene un tono più dolce delle precedenti, rimanendo però in una sorta di limbo tra rock e ballad.

Sono invece Rivendell e In The End a sconfinare nel territorio delle ballate; la prima lo è interamente, e il risultato è buono: linea vocale dolce e melodica e suoni delicati; peccato solo che verso metà il tutto assuma un tono decisamente stucchevole e troppo “di maniera”; la canzone che chiude il disco mantiene certe tonalità solo nella parte iniziale, mentre il seguito è ancora una volta legato alla tradizione hard-rock, ma escludendo l'assolo l'andamento è monotono e poco coinvolgente.

Rimane ancora (stravolgendo ovviamente l'ordine di comparsa sulla tracklist) la già citata By Tor & The Snow Dog: è prog? Non lo è? É solo un pezzo hard-rock molto lungo?
La risposta non è immediata, soprattutto nella prima parte: la linea vocale non è prog, come non lo sono molti degli schemi presenti; ma non lo sono forse i cambi di tempo ed i passaggi tecnicamente perfetti della sezione ritmica, i momenti più atmosferici -splendido il lavoro congiunto di basso e chitarra- ed i continui piccoli virtuosismi che Geddy Lee si concede a più riprese?
Quando poi si giunge alla lunghissima sezione strumentale, la risposta si palesa: è progressive. Certo, ancora acerbo e perfettibile, ma lo è e la classe già si sente, nelle atmosfere, negli assoli, nell'accostamento di schemi e stili diversi e quasi stridenti tra di loro.
Ben lontano dall'essere un capolavoro, By Tor & The Snow Dog è comunque il primo vero esempio dei Rush che saranno nel futuro prossimo.

Ancora una volta, la valutazione finale su un disco di questa stratosferica band si rivela difficilissima: l'importanza storica di Fly By Night è fuori discussione, e in virtù di essa e del riconoscimento in questo di soluzioni -per quanto ancora abbozzate- che caratterizzeranno i lavori successivi, si può essere naturalmente portati ad alzare un po' il tiro.
Cercando di mantenersi più aderenti al singolo episodio, al platter in sé, il voto va ridimensionato, tenendo conto di alcuni momenti ancora poco personali ed originali e di una certa omogeneità che pervade metà disco.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
62.48 su 50 voti [ VOTA]
Philosopher3185
Martedì 8 Marzo 2022, 22.21.47
5
La title track e l'ultimo pezzo,sopratutto,sono ottimi pezzi.Un album valido.
Rob Fleming
Sabato 6 Febbraio 2016, 21.00.41
4
All'epoca i Rush erano più che altro dediti - pur con la loro originalità innata - ad un HR (Anthem) di matrice zeppeliniana (la title track). E di questo corso, sicuramente By Tor..., divisa in tre parti, con tanto di uso dell'archetto e assolo ispiratissimo ne è il vertice. Rivendell è di una dolcezza estrema e grandiosa è anche In the end con la sua alternanza elettro-acustica. E poi c'è Neil e si sente soprattutto in Best I can. 75
LMA
Sabato 9 Gennaio 2016, 11.31.30
3
Bello, bello. 80
Dirk
Martedì 16 Aprile 2013, 22.47.05
2
I primi 5 pezzi eccezionali,poi perde abbastanza.Però la perizia strumentale è già notevolissima.Che batteria ragazzi!Geddy davvero uno stupendo bassista,linee di basso squisite che fondono gusto e tecnica insieme alla tessitura di Lifeson.In the end è molto più emozionate nel live All world's a stage.
Alex Metalheart
Domenica 27 Marzo 2011, 19.41.13
1
è ridicolo che un flop commerciale come Caress of Steel abbia anche solo un 1 punto più di Fly By Night che è nettamente superiore per testi e composizioni
INFORMAZIONI
1975
Mercury Records
Hard Rock
Tracklist
1. Anthem
2. Best I Can
3. Beneath, Between & Behind
4. By-Tor and the Snow Dog
5. Fly by Night
6. Making Memories
7. Rivendell
8. In the End
Line Up
Alex Lifeson - Chitarra
Geddy Lee - Basso, Voce
Neil Peart - Batteria
 
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